Cultura

“Ciao Pino”, i colleghi marchigiani salutano il grande inviato Rai

Morto a 74 anni a causa del covid-19, aveva iniziato la sua carriera al Corriere Adriatico e a Rai3 regione. L'ultimo saluto nei ricordi di Filosa, Varagona e Fabrizi

Ci sono altre date di nascita oltre quella dal grembo materno. Le nostre Marche hanno segnato la nascita professionale di Pino Scaccia, il grande inviato Rai morto nei giorni scorsi in una clinica romana, ucciso dal covid-19 contro il quale il suo fisico già debole non ha avuto difese.

Aveva Iniziato al Corriere Adriatico, poi a Rai 3 e quindi inviato di Rai1. Aveva 74 anni. I colleghi nostrani lo ricordano con un “Ciao Pino”. Perché i giornalisti della sua generazione non piangono, il dolore lo nascondono tutto dentro, tra una sigaretta e un bicchiere di vino. Scaccia era molto legato alle Marche, agli amici e colleghi.

IL GRAZIE DI GIOVANNI FILOSA
Giovanni Filosa non ha bisogno di essere presentato, lo conoscono e apprezzano tutti. «Ciao Pino. Un “inviato” non ci lascia come hai fatto tu, non se ne va. O forse sì, perché è il suo mestiere. Viaggiare», dice Filosa.

«Ti ringrazio per avermi accolto con amicizia e simpatia nella grande famiglia del Corriere Adriatico nei primi anni ’70. Arrivaste in diversi, dalla Capitale, ci fu l’invasione di … romani, nella direzione di Ancona. La fiducia che mi davi, insieme alla tua amicizia ed a quella del grande direttore Dario Beni credimi, mi hanno fatto crescere. E studiare. Ma anche ridere delle nostre battute» prosegue il giornalista e showman jesino.

«Ho amato la tua carriera, meritavi di diventare quello che il tuo istinto di giornalista ha sempre cercato: essere dove si svolge l’azione, in una guerra, in una crisi, in un Oriente o nei Balcani, dove avevi imparato a farti voler bene. Un grande inviato, ma lo sapevamo già da prima che ci lasciassi. Maledizione. Ti ricordo con la foto che ci fu scattata quando, per la Fondazione Federico II di Jesi, ti invitammo a raccontare le tue esperienze di “corrispondente ed inviato» in ogni scenario bellico del mondo, sempre a rischio di vita. Poi, insieme e da soli, ci facemmo quei cappelletti in brodo che ti piacevano tanto. Ricordando – perché ogni tanto ci vuole – quei vecchi amici che ti piangono, oggi, e che ancora ci vogliono bene. Altra scuola la tua, Pino, altri ideali di vita e di cultura sociale, altro profilo. Hai imparato, sul campo, l’importanza della vita degli altri. Ciao Pino! Adesso, insieme a tanti Maestri che ti ritrovi vicino, credo che un “servizio”, ovunque tu sia, ce lo puoi pure mandare…», conclude Filosa che ha raccontato da par suo Pino Scaccia.

VINCENZO VARAGONA
Potrebbe, ma non può bastare, perché Vincenzo Varagona, pilastro di Rai 3 Regione ha un ricordo particolare: «Polverigi, 25 luglio 2015. Entrambi ‘convocati’ da Benedetto Maria Luisa per una serata di ricordi e riconoscimenti. Ci eravamo conosciuti sul fronte della frana di Ancona, nel 1982. Per me, poco più che ventenne, la mia prima pagina su Avvenire; per lui, intabarrato in blu, uno dei tantissimi grandi eventi seguiti in carriera. Lui ‘era della Rai’ e come tanti colleghi della carta stampata, seguivamo ‘quelli della Rai’ davanti ai quali ogni porta si apriva. Mai avrei sospettato che mi sarei trovato anche io da quelle parti. Di lui» prosegue Varagona, «apprezzavo e ammiravo quel suo modo di essere ‘grande’ mantenendosi semplice, alla mano. Un giorno il caporedattore di allora, Ermete Grifoni mi
chiamò, mi disse che mi stava seguendo da un po’ di tempo e mi chiese se volevo entrare nella sua squadra. Se sì, avrei preso il posto di Pino, che stava volando verso il tg1. Rimasi senza fiato… lo prese per un sì» dice Varagona.

«Cominciai così da ‘dentro’ a vedere Pino girare il mondo, entrare in tutte le vicende di cronaca, le pagine che la storia ha scritto in ogni angolo del pianeta. Ogni tanto ci chiamava, aveva trovato ‘tracce marchigiane’ nel mondo e chiedeva se ci interessavano e noi prendevamo a piene mani.
Quando ci si incontrava era, però, sempre lui, non faceva pesare quel pezzo di mondo che si portava dentro, e che cercava di tradurre alla gente in modo da renderlo più comprensibile. Non nascondeva niente. Aveva diversi profili social, un blog, si raccontava con piacere, successi e amarezze. L’ultima, la scomparsa di Rosaria, sua moglie. A me sembra, che al di là delle disavventure cliniche, a consumarlo sia stato questo, la scomparsa di una colonna della sua vita. E adesso può raggiungerla. Un abbraccio, Pino».

STEFANO FABRIZI
Grande e umile, famoso e alla mano. Lo sostiene anche Stefano Fabrizi, giornalista del Corriere Adriatico che con Scaccia ha avuto coincidenze incredibili: «…Ci siamo visti a febbraio di quest’anno nella sede del Coni a Roma. E’ stato lui che mi ha avviato alla professione del giornalismo nel gennaio del 1976. E anche a non voler credere nelle coincidenze oggi, mercoledì 28 ottobre, Pino se ne è andato in punta di piedi e io oggi
lascio libera la scrivania di via Berti, 20». Tre testimoni, tre giornalisti che hanno vissuto Pino Scaccia, l’uomo, l’amico, il collega. La carriera, l’essere stato il responsabile dei servizi speciali di Rai 1 è stato sempre marginale. Non serve per stimarsi. Neanche per mio padre, coetaneo di Scaccia e suo amico: «E’ stato grande restando sempre se stesso, sempre in prima fila e mai leccaculo dei potenti» si è limitato a dirmi.

DALLA PRIMA GUERRA NEL GOLFO A FAROUK KASSAN
Allora mi faccio aiutare dal web che racconta Pino Scaccia: «…Nella sua lunga carriera aveva seguito in prima linea alcuni tra più importanti avvenimenti, dalla prima guerra del Golfo al conflitto serbo croato, dalla disgregazione dell’ex Unione Sovietica e della ex Jugoslavia, fino alla crisi in Afghanistan, oltre al difficile dopoguerra in Iraq e la rivolta in Libia. Autore di numerosi reportage legati in particolare a mafia, terrorismo, terremoti e catastrofi naturali, fu uno dei primi giornalisti occidentali ad entrare nella centrale di Černobyl’ dopo il disastro del 1986. Fu sempre lui a scoprire i resti di Che Guevara in Bolivia e a mostrare le immagini, fino a quel momento segrete, dell’Area 51 nel deserto del Nevada. Negli ultimi anni, terminato il suo impegno in Rai, si era dedicato a tempo pieno all’attività di scrittore e blogger. Ha vinto, fra gli altri, il premio cronista dell’anno per lo scoop legato al rapimento del piccolo Farouk Kassam, il Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi e il premio Paolo Borsellino. È stato inoltre docente del master di giornalismo radiotelevisivo all’Università Lumsa di Roma».

Anche noi di Centropagina, ci permettiamo di salutarlo come i suoi amici. Ciao Pino.

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