Cronaca

Sette lavoratori edili non pagati, Regione condannata a versare circa 56.000 euro

Il giudice ha anche condannato il Consorzio Stabile Arcale a manlevare la Regione Marche delle somme che dovrà corrispondere agli operai

MACERATA – «A distanza di sei anni e mezzo oggi possiamo dire che c’è stata ulteriore giustizia perché il Tribunale di Ancona, Sezione lavoro, per gli ultimi sette lavoratori che dovevano veder riconosciute le proprie spettanze ha emesso una sentenza che condanna al pagamento delle somme dovute la Regione Marche e il Consorzio Stabile Arcale, che aveva vinto l’appalto della realizzazione delle casette Sae nelle zone terremotate». Così oggi il segretario provinciale Cgil, Daniele Principi, è intervenuto commentando la sentenza depositata lo scorso 12 febbraio a seguito della controversia tra sette lavoratori, tutti stranieri, e Regione Marche e Consorzio Stabile Arcale. Nello specifico i lavoratori, dipendenti della Europa srl, avevano prestato la loro attività nell’ambito dell’appalto pubblico per la costruzione delle Soluzioni abitative di emergenza (Sae) a Pieve Torina conferito al Consorzio Stabile Arcale che aveva subappaltato la fornitura al Consorzio Costruzioni a Secco Gips che a sua volta aveva subappaltato l’esecuzione delle opere richieste dalla Regione a Europa srl e Gesti One srl.

Daniele Principi, segretario provinciale Cgil Macerata

«Queste persone – ha spiegato oggi Principi – avevano lavorato sette giorni su sette, per dieci ore al giorno, senza riposi in condizioni di sfruttamento totale e avevano maturato spettanze e differenze retributive nel periodo agosto-dicembre 2017, accertate dall’Ispettorato del lavoro nel 2021».
Il 12 febbraio, il giudice del lavoro del Tribunale di Ancona ha condannato la Regione Marche al pagamento di oltre 56.000 euro nei confronti dei sette operai romeni, condannando il Consorzio Stabile Arcale a manlevare la Regione Marche delle somme che dovrà corrispondere agli operai. «Riteniamo questa sentenza importante – prosegue Principi – anche dal punto di vista dell’opinione pubblica perché chiude un cerchio. Tutti i lavoratori assistiti dalla Cgil e dalla Fillea Cgil nel corso di questi anni hanno visto giuridicamente riconosciute le loro posizioni».
In totale sono stati 138 i lavoratori seguiti dalla Fillea Cgil e che hanno portato all’ottenimento di 650mila euro complessivi di spettanze dovute ma non versate. «Per altri lavoratori – ha aggiunto Principi – si era arrivati ad una conciliazione mentre per gli ultimi sette la trattativa si è interrotta per intervento diretto del consorzio Arcale. La Fillea si è subito attivata nel 2018 chiedendo l’intervento come responsabile in solido la Regione che si è resa dapprima disponibile a patto che l’Ispettorato del lavoro quantificasse le somme dovute. Nel 2021 sono state certificate le somme dovute ma nel frattempo Regione e Arcale, senza comunicare nulla a nessuno, hanno sottoscritto un accordo transattivo con il quale il Consorzio manlevava la Regione dal riconoscere le somme ai lavoratori. A quel punto abbiamo aperto un contenzioso, in quanto la Regione ci aveva detto che non era più di sua competenza e Arcale non pagava i lavoratori, quindi siamo stati costretti a chiamare in causa sia la Regione Marche sia Arcale. È inaccettabile che questi lavoratori stanno aspettando di essere pagati da sette anni e mezzo, dopo che nel 2021 l’Ispettorato del lavoro aveva certificato che avevano diritto a queste somme».

L’avvocato Bruno Pettinari

Per i lavoratori il contenzioso è stato seguito dall’avvocato Bruno Pettinari: «C’è una forte carenza istituzionale in tutto questo. Quando abbiamo a che fare con i lavori edili, abbiamo appalti, subappalti o finti consorzi che servono a nascondere altri rapporti. Ci è capitato di imbatterci in decine e decine di lavoratori in nero che non sapevano neppure dove si trovavano perché reclutati in Romania o a Milano tramite amici degli amici e spesso non sapevano neppure per quale azienda svolgessero il lavoro. Il lavoro nero crea gravissimi danni ai lavoratori ma anche allo Stato, all’Inps, all’Inail, alla fiscalità, al servizio sanitario. Nel momento in cui questo denaro viene sottratto allo Stato credo che bisogna impedire che si creino determinate situazioni. Abbiamo avuto situazioni di aziende con capitale sociale di 75 euro che assumevano sino a 30 dipendenti, con prestanomi persone anziane di cui una irreperibile. Nel momento in cui si costituisce una società come questa deve scattare la verifica, non può avvenire alla fine del percorso».

Matteo Ferretti, Fillea Cgil

Matteo Ferretti della Fillea Cgil ha invece parlato di una «parcellizzazione dei cantieri della ricostruzione con tante piccole aziende che rende ancor più difficile avere un confronto con i lavoratori, molti dei quali non parlano neanche l’italiano. Stiamo seguendo da un anno – ha aggiunto – un paio di aziende. Una di queste con una 40ina di dipendenti che opera tra Ascoli e Macerata, mette in busta la metà delle ore effettivamente fatte, 4 ore a fronte di 8 e stiamo arrivando a degli accordi con l’azienda ma è un percorso che è iniziato il 27 dicembre 2022. Abbiamo incrociato dei lavoratori di nazionalità pachistana che prima erano assunti con contratti di agricoltura e ora sono passati all’edilizia. Un’altra azienda mette in busta paga la metà delle ore di lavoro ma che in Cassa Edile comunica l’orario pieno. Per evitare tutto questo è necessario dare attuazione al protocollo di legalità siglato quasi due anni fa e che non vede alcun seguito».

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