Cronaca

Mascherine ffp2 poco filtranti, sequestri in tutta Italia. L’indagine partita da Senigallia

I dispositivi di protezione individuali importanti dalla Cina, tramite una società del Fermano, avevano una capacità di filtraggio del 60% in meno a quanto previsto dalla normativa europea

La Guardia di finanza della Tenenza di Senigallia
La Guardia di finanza

SENIGALLIA – È partita dalla spiaggia di velluto l’indagine della Guardia di Finanza che ha permesso di sequestrare in tutta Italia oltre 1,1 milioni di mascherine Ffp2 irregolari e non conformi agli standard qualitativi. Mascherine prodotte in Cina e importate in Italia da un imprenditore di Fermo, poi distribuite in tutto il paese sfruttando anche le potenzialità del commercio sul web. Oltre duecento i militari delle Fiamme gialle impegnati nelle operazioni di perquisizione e sequestro in vari punti vendita.

L’operazione “Colorful Mask” della finanza è stata conclusa nelle scorse settimane. Si è trattata di una vasta indagine coordinata delle Procura della Repubblica di Ancona e Fermo per “smascherare” il traffico di dispositivi di protezione individuale, di tipo Ffp2, non conformi in base alla normativa europea ai requisiti essenziali di sicurezza. I controlli rientravano nell’ambito degli accertamenti disposti per verificare l’osservanza delle norme relative al contrasto alla pandemia e al commercio regolare. Attività eseguite in tutti i canali della distribuzione, dai supermercati alle stazioni di servizio su tutta la rete autostradale e sulle principali strade italiane, dai negozi di prossimità ai tabaccai. A insospettire i militari della tenenza di Senigallia è stata la provenienza dallo stesso importatore di mascherine trovate in più esercizi commerciali: sulla confezione mancava l’indicazione del sito internet da cui poter scaricare il certificato di conformità del previsto marchio “CE”, così da poterne accertare la regolarità.

La rispondenza alla normativa comunitaria dei prodotti immessi in commercio deve infatti essere certificata con una dichiarazione di conformità che, per i dispositivi medici, deve essere rilasciata da un ente di certificazione accreditato presso la Commissione europea. Ogni certificato di conformità deve obbligatoriamente indicare, tra l’altro, un numero identificativo che è valido esclusivamente per il singolo modello di dpi: conoscendo quel numero, il consumatore può autonomamente riscontrare sulla banca dati aperta dell’organismo notificato la data di decorrenza e di scadenza del certificato di conformità e se lo stesso è stato emesso per quel determinato modello. Una garanzia in più sulla sicurezza del dispositivo.

Da qui sono partiti gli accertamenti sulla ditta importatrice delle mascherine, una società con sede nel fermano: nei guai è finito il gestore, un 40enne di origini cinesi, da una decina di anni in Italia con un passato da imprenditore tessile e ora convertito al mercato delle mascherine. Le analisi di laboratorio disposte dall’Autorità Giudiziaria sui dpi sequestrati hanno evidenziato poi un’ulteriore criticità, quella di maggior rilevanza: erano di gran lunga meno filtranti delle mascherine di tipo Ffp2 che assicurano una capacità di filtraggio del 98%. Quelle sequestrate si attestavano al 30% circa, praticamente ancora meno delle chirurgiche.

Il sequestro ha riguardato tutto il territorio nazionale dove erano state distribuite sia sfruttando il commercio on line, sia – prevalentemente – le stazioni di servizio sulla rete stradale e autostradale italiana. Tra i centri in cui erano maggiormente presenti, c’erano Roma, Milano, Padova, Prato ma anche le grandi città del sud Italia. Oltre 1.110.000 i dispositivi tolti dal commercio, così come la documentazione contabile e tecnica fornita a corredo delle importazioni effettuate.

Al termine delle operazioni, l’uomo, rappresentante legale della società del fermano, è stato denunciato.

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