Cronaca

Macerata, truffe sulle carte d’identità: il Riesame nega il dissequestro

Respinto il ricorso presentato dalla dipendente dell'Ufficio anagrafe. La difesa: «Seguiremo il suggerimento dei giudici, chiederemo una riduzione del sequestro al pm con restituzione del denaro alle persone offese individuate»

Al centro il comandante Danilo Doria, con gli assessori Renna e Caldarelli e il segretario comunale Massi

MACERATA – I giudici del Tribunale del Riesame di Macerata hanno respinto la richiesta di dissequestro, i 6.000 euro bloccati sul conto corrente della dipendente 59enne indagata per truffa aggravata, non saranno restituiti alla donna.

La vicenda è quella venuta alla luce nelle scorse settimane dopo che gli agenti della polizia locale (era il 10 settembre scorso) avevano effettuato una perquisizione nell’Ufficio anagrafe sequestrando delle agendine a una dipendente comunale. Su di lei gli agenti stavano indagando da tempo, dopo la segnalazione fatta da una cittadina che lamentava di aver dovuto pagare di più del dovuto per rinnovare la carta di identità elettronica. Da quanto accertato successivamente dagli agenti guidati dal comandante Danilo Doria, la dipendente in numerose occasioni avrebbe richiesto 3 o 5 euro in più. Il modus operandi era sempre lo stesso: chiedeva la cifra maggiorata mostrando un foglio (non faceva le richieste a voce per non farsi sentire dai colleghi), poi per evitare che restasse traccia del surplus dei pagamenti, invitava i cittadini a pagare cash motivando la circostanza con il malfunzionamento del pos (cosa, questa, non vera). Per gli inquirenti dal 2016 ad oggi, con questo escamotage, la donna si sarebbe appropriata indebitamente di 47.000 euro, una cifra ricavata anche dalle agendine sequestrate sulle quali la 59enne avrebbe segnato volta per volta i guadagni illeciti della giornata.

Il legale della difesa, Lorenzo Gnocchini, ha sin dall’inizio contestato la quantificazione fatta dalla Procura: la dipendente, infatti, avrebbe sì ammesso di aver fatto la cresta su alcuni rinnovi, ma molti meno di quelli che le vengono contestati, mentre avrebbe spiegato che le cifre contenute nelle agendine in realtà erano “appunti personali” che nulla avevano a che fare col lavoro.

Per questo, quando gli agenti hanno proceduto al sequestro delle somme ritenute provento dell’illecito (sul conto corrente della donna sono stati trovati soltanto 6.000 euro), l’avvocato ha impugnato l’ordinanza dinanzi al Tribunale del Riesame. Lunedì scorso si è celebrata l’udienza nel corso della quale la difesa ha chiesto l’annullamento del sequestro evidenziando, appunto, una sproporzione tra l’importo sequestrato e la condotta accertata e ha chiesto il dissequestro delle somme per risarcire i truffati. Il collegio, presieduto dal giudice Andrea Belli, si era riservato di decidere e ieri, 30 aprile, ha sciolto la riserva rigettando il ricorso.

«C’è un’indicazione del Riesame – ha spiegato il legale Gnocchini – di chiedere una riduzione del sequestro al pm nella misura che riterrà provata, con contestuale restituzione del denaro alle persone offese. Seguiremo il suggerimento e faremo questa richiesta di riduzione anche in ragione della volontà di restituire il denaro alle persone offese che risulteranno dalle indagini. Ci dev’essere comunque una prova del danno». Bisognerà anche quantificare il risarcimento per danno d’immagine al Comune di Macerata. La dipendente, al momento, è stata sospesa, il provvedimento è stato preso dal gip che ha emesso la misura interdittiva della sospensione dal lavoro per sei mesi.

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