Cronaca

Licenziato, entra nella casella di posta della ex ditta e cancella tutte le mail. Corridoniano a processo

L'uomo, un 60enne, era stato assunto da un'azienda di autolinee di fuori provincia come impiegato commerciale, gestiva i rapporti e curava la corrispondenza

Il tribunale di Macerata

CORRIDONIA – Il giorno in cui gli era stato comunicato il licenziamento sarebbe entrato nella casella di posta elettronica della ditta e avrebbe cancellato tutte le email creando il caos organizzativo. È accusato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza, un corridoniano di 60 anni per il quale oggi si sarebbe dovuto discutere il procedimento dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Macerata Andrea Belli e al pubblico ministero Raffaela Zuccarini, ma l’udienza è stata rinviata a luglio.

La vicenda risale al 20 gennaio del 2015, quel giorno, secondo l’accusa, l’uomo si sarebbe introdotto abusivamente nella casella postale della ditta di autolinee utilizzando la password che era ancora in suo possesso e una volta dentro avrebbe cancellato tutta la corrispondenza eliminandola definitivamente. L’uomo era stato assunto qualche mese prima, ad ottobre, con un contratto a tempo determinato e con la mansione di impiegato commerciale, in altre parole gestiva i rapporti commerciali e la corrispondenza sia cartacea sia elettronica ed era l’unico ad avere le chiavi di accesso alla casella di posta e ad altri portali collegati all’azienda. Il 20 gennaio al corridoniano fu comunicato il licenziamento, quando l’imprenditore riuscì ad accedere con una password provvisoria alla casella di posta aveva trovato tutte le email cancellate, con loro erano stati cancellati preventivi, prenotazioni, variazioni di tragitto ed altro ancora. A luglio, dunque, la discussione. L’imputato, che rigetta gli addebiti, è difeso dall’avvocato Renato Coltorti, l’imprenditore è invece parte civile con l’avvocato Arjol Kondi.

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Per la Procura avrebbe percepito, senza averne diritto, 11.367 euro di indennità. I fatti sarebbero avvenuti tra il 2018 e il 2019. L’indagine scaturì da una segnalazione alla Guardia di finanza