Cronaca

Jesi, addio Mustafa: è morto a 56 anni il titolare del ristorante “Colle Paradiso”

Da tre anni combatteva con una malattia che non gli ha lasciato scampo. Sabato 28 novembre la preghiera musulmana all'obitorio dell'ospedale

JESI – Quando a settembre si sono spente definitivamente le luci del ristorante-pizzeria “Colle Paradiso” di Jesi, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa, i più hanno sperato che si trattasse di una decisione presa da Mustafa Ali, il titolare, per via dei problemi dovuti al Covid e alle limitazioni del servizio di ristorazione. Invece no. Purtroppo era la malattia, gravissima, scoperta tre anni fa, che stava aggredendo ferocemente Mustafa, tanto da impedirgli di andare a lavorare e di guardare con ottimismo al futuro. Ha deciso di chiudere, per continuare a curarsi. Ma è stato tutto vano, purtroppo.
Oggi Mustafa Ali, 56 anni, ha smesso di lottare all’ospedale “Carlo Urbani” di Jesi dove era ricoverato da tre giorni.

Mustafa Ali alle prese con i fornelli nel suo ristorante “Colle Paradiso” di Jesi.

La notizia ha gettato nello sconforto i suoi familiari, la moglie Nadia con cui condivideva anche il lavoro, e i figli Sofia (che studia medicina all’università di Perugia) e i piccoli Zed e Qussi. Disperato anche il fratello Ibrahim, anch’egli nel settore della ristorazione, con il suo locale “Dejavu” in via XXIV Maggio.

Arrivato in Italia 34 anni fa dalla Giordania, sua terra d’origine dove vivono ancora oggi gli altri fratelli e alcuni familiari, Mustafa Ali aveva studiato in una scuola di lingue a Perugia per integrarsi in quel Paese, l’Italia, che amava e in cui voleva crescere i suoi figli.
Aveva frequentato anche dei corsi per diventare cuoco in una scuola professionale di Senigallia. La sua prima esperienza ai fornelli era stata proprio al ristorante “Colle Paradiso” negli anni ‘90, come dipendente. Poi è stata la volta dell’ex “Quasar” (discoteca e ristorante) a Ponte Magno, tra Jesi e Monte Roberto, e “La Locanda dei Medici” di Morro d’Alba.

Nel 2013, il ritorno al “Colle Paradiso”, ma come titolare. Ha sempre lavorato duro Mustafa, che nel frattempo ha anche ottenuto la cittadinanza italiana. Qui sono nati i suoi tre figli.
Era diventato jesino d’adozione ormai, accolto e ben voluto in una città che aveva apprezzato il profilo di onesto lavoratore e di padre di famiglia.

Una vicenda choc lo aveva visto vittima l’estate scorsa: il suo locale, storica realtà in città, era stato preso di mira da ignoti con scritte razziste condannate dalla collettività e dalla sua rappresentanza. Il sindaco Massimo Bacci e l’assessore Maria Luisa Quaglieri avevano portato solidarietà a Mustafa, esprimendo indignazione per quel gesto sconsiderato che certamente non era espressione della città di Jesi, ma solo di un singolo.

La visita di solidarietà del sindaco Massimo Bacci dopo le scritte razziste al ristorante

Tre anni fa, la scoperta terribile della malattia. Per Mustafa sono iniziati i percorsi di cura, i tentativi, le terapie. Il calvario. Ma negli ultimi mesi il male lo stava aggredendo in maniera sempre più feroce, fino a lunedì 23 novembre quando è stato ricoverato in ospedale dove si è spento. Scongiurato il contagio da Covid.

Venerdì 27 novembre sarà aperta la camera ardente all’obitorio dell’ospedale “Carlo Urbani”. Quanti vorranno porgere l’ultimo saluto prima della sepoltura, potranno farlo fino al tardo pomeriggio, nel rispetto comunque delle disposizioni sanitarie in materia di Covid-19 (muniti di mascherina, distanziamento sociale ed evitando assembramenti).
Sabato 28 novembre all’obitorio sarà recitata una preghiera secondo il rito musulmano, poi la sepoltura a terra, rivolto verso la Mecca, nel cimitero di Tavernelle ad Ancona.

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