Cronaca

Porto Recanati, «Non ci fu resistenza»: barista 50enne assolta in Appello

Il fatto risale ad agosto del 2020, la donna fu condannata a due mesi e 20 giorni per aver opposto resistenza ai carabinieri, dopo il ricorso i giudici dorici hanno riformato la sentenza di primo grado

Corte di Appello delle Marche (Ancona)

PORTO RECANATI – Nessuna resistenza, barista 50enne assolta in Appello: «Il fatto non sussiste», revocate le statuizioni civili. La vicenda è quella che culminò la sera del 29 agosto del 2020 con l’arresto della donna per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale dopo un’accesa discussione scoppiata davanti alla caserma dei carabinieri di Porto Recanati.
La donna era uscita per andare in farmacia, ma aveva il telefono rotto e non era riuscita a chiamare nessuno per farsi riportare a casa. Alla fine aveva incontrato una vigilessa alla quale aveva chiesto di poter fare una telefonata, la vigilessa aveva chiamato dicendole che sarebbero andate a prenderla davanti alla caserma dei carabinieri e la barista era andata lì.

L’avvocatessa Caterina Francia

Nel frattempo però era arrivata una pattuglia dei carabinieri e sarebbe sorta un’accesa discussione all’esito della quale sia lei sia l’allora comandante della Stazione caddero a terra. Ad avere la peggio però fu il militare che riportò la frattura pluriframmentaria di radio e ulna con una prognosi di 40 giorni. La barista fu arrestata per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Per la difesa, però, la donna non si era opposta ai militari e la caduta non era stata causata da lei.
A riprova ci sarebbe stato un filmato che era stato prodotto dagli stessi militari al momento dell’arresto.

Nel conseguente processo per direttissima la donna fu assolta dal reato di lesioni ma condannata per resistenza a due mesi e venti giorni (il pubblico ministero chiese l’assoluzione per entrambi i reati). A quel punto la legale, l’avvocatessa Caterina Francia, ha impugnato la sentenza in appello riuscendo a dimostrare che la 50enne non aveva opposto resistenza. I giudici della Corte hanno condiviso la ricostruzione della difesa e hanno assolto la donna con la formula «perché il fatto non sussiste».

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