Colpiscono quasi 7 milioni di persone nel mondo con gravi ripercussioni sulla qualità di vita, eppure chi ne è affetto si trova spesso a scontrarsi con l’ignoranza degli altri, o quantomeno una sottovalutazione di cosa comporti soffrire di queste patologie. Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI) sono caratterizzate da un’infiammazione del tratto intestinale che perdura nel tempo e che richiede trattamenti farmacologici e/o chirurgici, oltre a un monitoraggio costante per tenere sotto controllo l’infiammazione ed evitare complicanze.

Le MICI possono essere di due tipi: malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa. La malattia di Crohn può colpire tutto il tratto intestinale e tutto lo spessore della parete dell’intestino, mentre la rettocolite ulcerosa colpisce la mucosa soprattutto del retto, ma può estendersi anche a tutto il colon.
Queste patologie hanno alcune caratteristiche che le rendono particolarmente impattanti sulla qualità di vita e sul benessere psicologico:
– Diagnosi tardiva e difficoltosa: le MICI vengono spesso confuse con altre condizioni di minore gravità, ritardando la formulazione della diagnosi che può sopraggiungere quando lo stadio della malattia è già avanzato. La mancata identificazione della malattia comporta anche un vissuto di impotenza e incomprensione.
– Età giovane: l’età media di esordio delle malattie infiammatorie croniche intestinali presenta due picchi, uno tra i 18 e i 35 anni e uno tra i 50 e i 70, pertanto l’impatto sulla vita scolastica, lavorativa, relazionale e sociale è particolarmente marcato, interessando persone che sono pienamente attive.
– Cronicità: rispetto alle malattie acute, le malattie che perdurano nel tempo hanno un impatto più significativo e richiedono maggiormente di mettere in atto strategie cognitive e comportamentali per fronteggiarle. L’alternarsi di remissioni e riattivazioni e i continui controlli medici rappresentano un importante carico psicologico.
– Sintomi invalidanti. Il morbo di Crohn si manifesta con dolori addominali di tipo colico, scariche diarroiche, perdita di peso, formazione di fistole, ostruzioni e occlusioni. Le coliche possono presentarsi in qualunque momento della giornata. La rettocolite ulcerosa si manifesta con scariche di diarrea anche associata a sangue, dolori di tipo colico, calo di peso, astenia.
– Interventi chirurgici mutilanti: può essere necessario asportare segmenti di intestino fortemente infiammati con conseguente necessità di una stomia o del confezionamento di una pouch, ovvero una tasca che funge da serbatoio in assenza dell’intestino, interventi che a loro volta lasciano importanti sequele permanenti.
L’impatto psicologico di questo tipo di malattie si estende su più fronti:
– Impossibilità di programmare: non potendo controllare le funzioni intestinali e la comparsa dei sintomi, chi soffre di MICI è fortemente condizionato nel portare avanti le attività e gli impegni quotidiani, dovendo ad esempio annullare un programma a causa di un’improvvisa colica.
– Limitazione delle attività sociali: sono soprattutto le occasioni conviviali in cui si consuma cibo ad essere compromesse dalla malattia. Poiché i sintomi si manifestano soprattutto dopo i pasti, chi è affetto da MICI può essere riluttante a partecipare a pranzi e cene o comunque viverli con disagio e apprensione. Tutte le attività risentono della malattia, a causa delle evacuazione frequenti e urgenti che costringono a riadattare la vita quotidiana, anche per indisponibilità di servizi igienici nei paraggi.
– Senso di inadeguatezza e senso di colpa: dover rinunciare a eventi e attività, dover annullare impegni all’ultimo minuto a causa dei sintomi suscita frustrazione e disagio verso gli altri, anche per la pressione a dover fornire sempre giustificazioni e svelare la patologia.
– Vergogna e imbarazzo dovuti alle manifestazioni cliniche della malattia, legate alle funzioni escretorie che rappresentano un tabù sociale; paura di emettere rumori e odori sgradevoli e imbarazzanti, con la reticenza ad utilizzare bagni pubblici o comunque ad allontanarsi dal bagno della propria abitazione.
– Insoddisfazione per l’immagine corporea e difficoltà nella sfera sessuale come dolore durante i rapporti, paura di eventuali episodi di incontinenza nei momenti di intimità, paura di affrontare una gravidanza o di trasmettere la malattia a eventuali figli.
– Sentimenti di vulnerabilità e impotenza legati all’imprevedibilità della malattia.
– Paura di eventuali complicanze, della conseguente necessità di interventi chirurgici, del rischio di andare incontro a stomizzazione.
– Maggior rischio di ansia, depressione e disturbi cognitivi: gli studi rilevano ansia in circa un terzo e depressione in circa un quarto dei malati di malattie infiammatorie croniche intestinali, con un maggiore interessamento del sesso femminile, mentre un 37% riporta un sintomo cognitivo come difficoltà di memoria o di attenzione. Ansia, depressione e alterazioni cognitive possono essere il risultato del disagio psicologico, ma possono anche essere la manifestazione di un coinvolgimento diretto delle aree cerebrali nell’infiammazione. L’infiammazione intestinale sembra infatti avere la capacità di estendersi anche a livello neuronale e cerebrale provocando alterazioni strutturali e funzionali, interessando aree deputate al movimento, al linguaggio, all’elaborazione di stimoli cognitivi e emotivi.
Il supporto psicologico è pertanto considerato parte integrante del trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, con lo scopo di aiutare la persona ad adattarsi sviluppando delle strategie sane per affrontare i numerosi cambiamenti, senza cedere alla tentazione della rinuncia e dell’isolamento.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Consulenza, sostegno e psicoterapia online tramite videochiamata
Per appuntamento tel. 339.5428950