Benessere

Sindrome del Burnout: quando il lavoro “ti brucia”

È una forma di stress lavorativo che comporta uno stato di esaurimento fisico ed emotivo. Cosa fare, allora, quando si arriva al limite? A spiegarlo è la psicoterapeuta Lucia Montesi

“Bruciato”, “Scoppiato”, “Esaurito”: così viene tradotto in italiano il termine “burnout”.  Il burnout è definito come “la sindrome da esaurimento emotivo, da spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali, che si manifesta nel lavoro, e in particolare in quelle professioni in cui è implicata la relazione con l’altro, come in quelle di assistenza e cura (gli operatori sanitari, in primis)  ma in generale in tutte quelle che richiedono un contatto frequente con un pubblico. Si tratta quindi di uno stato di esaurimento fisico ed emozionale in risposta alla tensione emotiva cronica del contatto continuo con gli esseri umani, soprattutto se in condizioni di sofferenza.

La sindrome del burnout non si instaura improvvisamente ma è un processo lento, di cui la persona può non rendersi pienamente conto. Tipicamente avviene in tre fasi:

  1. In un primo momento, il lavoratore comincia ad avvertire uno squilibrio tra le sue energie e i suoi mezzi, da un lato, e i compiti che gli vengono richiesti, dall’altro
  2. In prima battuta, reagisce a tale sovraccarico con tensione e ansia, fino all’esaurimento psico-fisico
  3. Una volta esaurita la capacità di risposta, subentra uno stato di disimpegno verso il lavoro, di distacco e indifferenza.

Tre sono gli aspetti principali del burnout:

  • l’ Esaurimento emozionale: sentire di aver oltrepassato il limite, sentirsi prosciugati, privi di energie sia a livello fisico che emotivo
  • la Depersonalizzazione: assumere comportamenti freddi e sgarbati, trattare gli utenti come oggetti, essere ostili e aggressivi
  • la Ridotta realizzazione personale: la sensazione che la propria competenza venga meno, il senso di fallimento
Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

I sintomi psicologici del burnout comprendono vissuti di rabbia, ansia e depressione; il cinismo, il distacco emotivo e l’indifferenza verso gli utenti; la perdita di fiducia in sé e nelle proprie capacità, la frustrazione e il senso di fallimento; tensione, irritabilità, apatia, demoralizzazione; difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno.

Le manifestazione fisiche della sindrome comprendono stanchezza, irritabilità, cefalea, mal di schiena, disturbi intestinali, vertigini, dolori al petto, difficoltà sessuali.

A livello comportamentale, si evidenziano assenteismo, minore produttività, perdita dell’autocontrollo, isolamento e ritiro. È frequente il ricorso ad alcol e psicofarmaci.

I fattori che portano al burnout sono molteplici, non sono solo individuali ma anche organizzativi, sociali, economici, politici. A livello organizzativo, sono fattori di rischio il sovraccarico di lavoro, disparità e iniquità di trattamento, la mancanza di gratificazione, una remunerazione inadeguata, l’ insufficiente chiarezza dei ruoli professionali, processi decisionali e di potere che comportano ridotta autonomia del lavoratore, la turnazione.

Alcune caratteristiche di personalità aumentano il rischio di burnout: introversione, incapacità a lavorare in equipe, abnegazione al lavoro, motivazioni e aspettative troppo elevate, porsi traguardi irrealistici (come  voler salvare gli altri), la personalità di tipo A caratterizzata da competizione, aggressività  e impazienza.

Altri fattori di rischio sono: l’ essere donna (per il doppio carico professionale e familiare); trovarsi all’inizio della vita lavorativa; essere single e senza figli.

Cosa fare per prevenire il burnout o per uscirne? Gli interventi sono diversi, a seconda del livello a cui si trovano le cause: organizzativo, sociale, economico, individuale. Il singolo individuo può non avere potere sugli aspetti organizzativi, ma può lavorare su di sé su diversi aspetti: conoscere e accettare i propri limiti, ridimensionare le proprie aspettative rendendole più realistiche, ridimensionare il proprio bisogno di onnipotenza, imparare a dire di no quando necessario tenendo a bada il senso di colpa o la paura di apparire meno efficiente, curare la propria salute fisica, migliorare la comunicazione con i colleghi, curare la propria formazione, preservare spazi per lo svago e il recupero delle energie.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Per appuntamento tel. 339.5428950
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