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Risparmiare, quando è una virtù e quando diventa patologia

L’atteggiamento nei confronti del denaro è la risultante di un insieme di variabili ed ha a che fare con aspetti come l’autostima, l’educazione ricevuta... L'approfondimento con la psicoterapeuta Lucia Montesi

Chi da piccolo non ha mai ricevuto in regalo un salvadanaio, magari di quelli con la classica forma a maialino? Un piccolo oggetto che fin da bambini ci incoraggia a riflettere sul senso e sull’uso del denaro e sull’impegno necessario per accumulare la cifra che occorre per avere ciò che desideriamo; uno strumento che allena a resistere alla tentazione di spendere subito il denaro posseduto e a posticipare una gratificazione, nonché a sperimentare il piacere di sapere di avere da parte un gruzzoletto per eventuali necessità. Risparmiare, nel senso di spendere il denaro in modo oculato o con moderazione, viene considerata una virtù ed ha generalmente una connotazione positiva in quanto capacità desiderabile ed utile: basta digitare “risparmio” su Google e compaiono centinaia di pagine che offrono suggerimenti e trucchi per imparare a risparmiare. Esiste anche una Giornata Mondiale del Risparmio, che cade appunto, il 31 ottobre.

Saper risparmiare permette senza dubbio di godere di alcuni vantaggi psicologici:
– in caso si presentino spese impreviste, non sperimentiamo l’ansia e l’affanno di dover reperire all’ultimo momento le risorse necessarie e proviamo la soddisfazione di poterle affrontare senza accusarne il colpo
– dosare le spese e fare delle scelte significa anche allenarsi a non lasciarsi trascinare acriticamente dalla pubblicità e fermarci a riflettere su cosa desideriamo davvero
– riuscire a non cedere ad acquisti impulsivi di beni che ci vengono proposti in modo allettante ma di cui non abbiamo bisogno (come i dolci furbamente collocati accanto alle casse al supermercato che ci stuzzicano mentre attendiamo, o altri beni superflui sapientemente disposti tra gli scaffali) ci fa provare la soddisfazione di non aver fatto spese inutili
– poter contare su delle somme accantonate per il futuro ci sa sentire più tranquilli.

Secondo una teoria, le persone vengono suddivise grossolanamente in quattro categorie in base al loro rapporto col denaro: il risparmiatore, che è attento alle spese, evita quelle superflue e investe sempre sul sicuro; lo spendaccione, che spende quando vuole senza curarsi del futuro; l’“avoider” che evita di occuparsi del proprio denaro o perché si ritiene incapace, o perché ha altro da fare; il monaco, che considera negativamente il denaro in termini etici e quindi preferisce non attribuirgli nessuna importanza.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Cosa fa sì che ci si avvicini a una tipologia o all’altra?
L’atteggiamento nei confronti del denaro è in realtà la risultante di un insieme di variabili ed ha a che fare con aspetti come l’identità, l’autostima, gli obiettivi di vita, l’educazione ricevuta, le credenze, le esperienze personali.  Riguardo alle caratteristiche di personalità, si ritiene ad esempio che le persone meno sicure di sé abbiano anche aspettative più negative sul proprio futuro e tendano quindi a risparmiare di più. Chi si trattiene dallo spendere e valuta oculatamente ogni spesa può presentare anche tendenza all’indecisione e al rimuginio.

Anche la tendenza a risparmiare, come altre caratteristiche della persona, può sconfinare dal terreno della virtù a quello della patologia, quando diventa una modalità rigida e pervasiva da mettere in atto in modo continuo e coatto, pena l’emergere di ansia e timori incontrollati sul proprio futuro.
Si parla di iperopia per indicare la “sindrome del risparmio”, in cui la persona, per paura di non avere denaro a sufficienza per il futuro, finisce per non vivere il presente costringendosi a rinunce e privazioni eccessive e non giustificate dalle condizioni oggettive. Chi soffre di iperopia cerca di spendere poco in previsione di eventuali problemi futuri, la preoccupazione di quanto spendere pervade ogni momento della giornata e procura stress, ansia, tristezza, depressione. Il pensiero delle spese può diventare così martellante da raggiungere l’entità di un disturbo ossessivo-compulsivo. Non solo le spese più superflue o quelle più consistenti vengono rimandate, ma anche quelle più necessarie e di impatto irrisorio, così che anche la prospettiva di concedersi un caffè al bar diventa ansiogena.  

Si rinuncia ad ogni svago e anche le relazioni sociali vengono pesantemente penalizzate. Se poi si cede all’acquisto, subito dopo compare il “rimorso del consumatore”, con dubbi, ruminazioni sull’effettiva necessità della spesa, frustrazione, tristezza, delusione per non aver resistito. L’iperopia è diversa dall’avarizia, in essa la necessità di risparmiare è dettata dall’insicurezza, dalla paura di un futuro incerto, mentre lo scopo dell’avaro è evitare più possibile di privarsi di ciò che è suo e di condividerlo con altri.

La sindrome del risparmio colpisce maggiormente dopo eventi altamente stressanti e traumatici ed è prevedibile che la sua diffusione aumenti anche in questo difficile periodo a causa della pandemia, per un mix di fattori quali la crisi economica, la crescente disoccupazione, la minore offerta di beni e servizi legata ai lockdown. Aver sperimentato che la nostra quotidianità può essere stravolta da un momento all’altro, che possono gravare su di noi incognite improvvise, può comportare un senso di sfiducia e pessimismo che si traduce in maggiore prudenza nelle spese e maggiore oculatezza.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Per appuntamento tel. 339.5428950
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