Benessere

Quando non riusciamo a fare a meno dell’altro: il circolo vizioso della dipendenza affettiva

Nella relazione di coppia, la dipendenza affettiva porta ad annullare i propri bisogni nel tentativo di scongiurare la perdita e l'abbandono. L'analisi della psicoterapeuta Lucia Montesi

«Non posso esistere senza di te»: potrebbe riassumersi così, l’essenza della dipendenza affettiva. Può riguardare qualunque tipo di legame, ma è soprattutto nel rapporto di coppia che si manifesta, dando luogo ad amori “tossici” che hanno molte caratteristiche in comune con le dipendenze da sostanze. La dipendenza affettiva fa parte delle cosiddette “nuove dipendenze di tipo comportamentale”, come il gioco d’azzardo o lo shopping compulsivo, in cui l’oggetto da cui si dipende non è una sostanza ma un comportamento o una relazione.

Si tratta infatti  di un disturbo relazionale, un modello disadattivo di relazione caratterizzato da un bisogno compulsivo dell’altro, dal restringimento di tutti gli altri campi vitali per concentrare tutte le emozioni  e i pensieri sul rapporto. Tutto ruota intorno alla persona amata: vengono abbandonate amicizie, interessi, progetti personali. Tutte le energie sono dedicate alla relazione, alla soddisfazione dei bisogni del partner, al controllo della sua vicinanza e allo scongiurare il rischio della perdita e dell’abbandono.

Un certo grado di dipendenza dall’altro è normale in una relazione d’amore, soprattutto nella fase iniziale dell’innamoramento, quando è massimo per poi gradatamente diminuire. La fusione totalizzante iniziale deve infatti poi fare posto alla capacità dei partner di percepirsi come individui separati e di rispettarsi l’un l’altro nella propria diversità. Se la dipendenza permane non porta alla crescita dei membri della coppia ma a dinamiche di controllo e possesso, a continue tensioni in un rapporto sbilanciato in cui non c’è reciprocità, ma uno dà amore a senso unico.

Gli elementi in comune con la dipendenza da sostanze sono il desiderio compulsivo, spasmodico e irrefrenabile dell’altro, il piacere e il benessere derivanti dalla sua presenza, la perseveranza nei comportamenti problematici e la perdita di controllo su di essi, le emozioni negative molto forti in assenza del partner e intollerabili alla prospettiva della fine della relazione. Come chi si droga sa che si fa del male ma non riesce a smettere, la persona con dipendenza affettiva sa che la relazione è tossica e disfunzionale, ma non riesce a farne a meno: l’eventualità della separazione la getta nel terrore. Si instaura un circolo vizioso perché più annulla sé stessa dedicandosi al partner, più si sente vuota e ha bisogno dell’altro perché la propria vita abbia senso. Stare con la persona amata serve sempre di più a colmare un vuoto, a sedare l’ansia di non riuscire a vivere autonomamente.

Chi è affettivamente dipendente ha difficoltà a esprimere emozioni e pensieri propri, a prendere decisioni, a sentire ed esprimere la propria rabbia. La sua autostima deriva dall’approvazione del partner, vive nella continua ansia di perderlo e ha bisogno di costanti rassicurazioni. La relazione è vissuta come condizione essenziale per la propria esistenza perciò la rottura deve essere scongiurata in ogni modo e ad ogni costo, piegandosi ai bisogni dell’altro e annullando i propri, accettando anche infedeltà o maltrattamenti, che vengono giustificati attribuendoli a proprie mancanze.

Alcuni disturbi di personalità espongono maggiormente al rischio della dipendenza affettiva. Si tratta del disturbo dipendente, in cui si ha sempre bisogno di consigli e di una guida; del disturbo borderline, in cui idealizzazione dell’altro e terrore dell’abbandono si alternano alla paura di perdere la propria autonomia; del disturbo istrionico, in cui si ha costante bisogno di approvazione; del disturbo narcisistico, in cui la propria autostima dipende dall’ammirazione dell’altro.

Il nucleo della dipendenza affettiva è un’immagine di sé come persona non meritevole di amore e che non vale nulla. Alla base di tale visione di sé si trovano le esperienze infantili e in particolare esperienze negative di accudimento genitoriale: traumi, negligenza emotiva, genitori iperprotettivi oppure assenti, genitori di cui ci si è dovuti prendere cura, confusione dei ruoli familiari, e in generale un clima dove i propri bisogni non erano visti.

Il problema è che la persona dipendente tende a legarsi a chi ha il bisogno complementare di dominare e manipolare, quindi il partner si comporterà in modo da accentuare ulteriormente la sua insicurezza e dipendenza. L’immagine negativa di sé come persona non meritevole di amore porta infatti a scegliere inconsciamente partner problematici, anaffettivi, narcisisti, sfuggenti, rifiutanti che confermano questa convinzione: “«Ecco, non mi ama perché io non sono amabile/perché sono inadeguato/ perché non vado bene».

La terapia aiuta la persona a uscire dalla dipendenza attraverso diversi passaggi: diventare consapevole del proprio funzionamento; rivedere le esperienze del passato da cui ha tratto le convinzioni su di sé; imparare a riconoscere emozioni, pensieri e bisogni propri e ad esprimerli; riconoscere la manipolazione di cui è vittima; individuare i pensieri disfunzionali e modificare le aspettative irrealistiche e idealizzate sui rapporti d’amore; stabilire confini personali; imparare a stabilire una reciprocità nelle relazioni; sviluppare un senso di valore personale a prescindere dalle relazioni in cui è coinvolta; imparare ad essere attiva e a portare avanti progetti personali anche in assenza di relazioni, traendo da sé stessa forza, senso e motivazione.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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