Benessere

Quali sono i diritti dei bambini che gli adulti rispettano meno

Malgrado universalmente ai bambini sia riconosciuta una serie di diritti, nella realtà quotidiana molti adulti non sono in grado di rispettarli

I diritti dei bambini e degli adolescenti sono oggi affermati da più parti e celebrati anche con ricorrenze annuali a livello mondiale, come quella che cade oggi 20 novembre, la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. I diritti elencati nei documenti ufficiali sono universalmente riconosciuti come inalienabili e persino ovvi, eppure vengono  costantemente disattesi, non solo nelle zone dove bambini e ragazzi sono tuttora oggetto di violenza e abuso e in cui i loro diritti più elementari vengono calpestati, ma anche nelle case di gran parte delle famiglie e nella quotidianità di molti di noi, dove non sempre c’è una piena consapevolezza dei bisogni dei bambini. Vediamo alcuni dei diritti dei bambini che più frequentemente gli adulti rischiano di non rispettare o di non riconoscere.  

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

 – Diritto al proprio tempo e ritmo. Lo sviluppo del bambino segue delle fasi e ha dei tempi che occorre attendere. Di più, ogni bambino rappresenta un caso unico in cui i tempi possono non corrispondere a quelli più comuni. Moltissimi genitori ignorano quali siano i tempi di sviluppo delle caratteristiche del bambino, ad esempio delle sue capacità, e molti di quelli che definiscono “capricci” dei figli sono in realtà una conseguenza del mancato rispetto dei tempi e ritmi dei bisogni del bambino. Ad esempio, c’è un tempo in cui i bambini hanno necessità di sperimentare la capacità di  movimento e pertanto devono camminare, correre, arrampicarsi, saltare, così come c’è un tempo in cui devono sperimentare la manipolazione di oggetti ed hanno perciò necessità di prendere, spostare, travasare, rovesciare, percuotere, lanciare. Conoscere i tempi di sviluppo permette di assecondarli attraverso le attività quotidiane e il gioco e di appagare bisogni che il bambino non può reprimere, prevenendo gran parte dei cosiddetti “capricci”.

– Diritto al gioco. Il gioco è il lavoro del bambino e attraverso il gioco il bambino costruisce sé stesso. Il gioco permette di sviluppare il linguaggio e la socialità, di esercitare le capacità di immaginazione, finzione e identificazione, è una valvola di sfogo che permette di esprimere bisogni profondi e conflitti interiori, è il mezzo con cui il bambino conosce la realtà, trasformandola e adattandola. Nella società del benessere, può sembrare che i bambini abbiano infinite possibilità di gioco. In realtà le numerose attività scolastiche ed extrascolastiche che gli adulti fanno praticare ai bambini riducono notevolmente questo spazio, inoltre spesso i bambini sono precocemente adultizzati per aderire alle aspettative e alle richieste degli adulti. Diritto al gioco significa anche avere la possibilità di sperimentarsi, muoversi, correre, sporcarsi, gridare, la possibilità di avere un ambiente esterno e un ambiente naturale, la possibilità di essere creativi e anche di annoiarsi.

Diritto all’identità. L’identità è l’insieme delle caratteristiche della persona, delle sue attitudini, inclinazioni, preferenze. Anche i bambini piccoli hanno una propria identità che va rispettata. Troppo spesso accade che gli adulti soppiantino l’identità del bambino sovrapponendo le proprie scelte e preferenze, per inconsapevolezza, per comodità o perché convinti che sia nel bene del bambino. Un esempio banale è la scelta dell’attività sportiva: moltissimi genitori impongono lo sport che ritengono migliore per il figlio, ignorando di proposito le sue preferenze e i suoi desideri, scoraggiandoli, criticandoli come inopportuni. Lo stesso accade in innumerevoli altre occasioni quotidiane, in cui i bambini dovrebbero invece avere la possibilità di scegliere secondo i propri gusti, laddove le loro scelte non rappresentino un pericolo o un danno per sé o per gli altri. In generale, i bambini non devono essere investiti dei progetti degli adulti, soprattutto dei loro progetti irrealizzati e dei sogni mancati. Ogni bambino e ragazzo dovrebbe sentirsi libero di essere ciò che sente di essere.

Diritto a vivere le emozioni. Troppo spesso i bambini vengono invalidati nelle emozioni che provano. Invalidare significa sminuire, non dare importanza, negare. Quante volte, ad esempio, i bambini si sentono dire “Non devi essere arrabbiato”, “Non devi essere triste”, “Dici così ma in realtà non è vero”, “Dici così ma in realtà non lo pensi sul serio”. I bambini, come gli adulti, hanno bisogno che loro emozioni vengano accettate, riconosciute e legittimate. Tutte le emozioni, anche quelle negative, sono necessarie alla vita psichica e non possono e non devono essere represse. Se un bambino arrabbiato compie un gesto inopportuno come picchiare un altro bambino, è giusto e sano che venga ripreso per l’azione scorretta, ma l’emozione da cui ha avuto origine il comportamento non è controllabile e deve essere accolta, compresa e legittimata: solo in questo modo diventa possibile imparare a gestirla e trovare uno sbocco più adeguato (“Hai ragione ad essere arrabbiato, ma vediamo cosa poter fare di diverso la prossima volta”).

Diritto all’autonomia. “Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo”, affermava Maria Montessori. L’esperienza di ottenere successo in un compito facendo da solo ha un grande potere per l’apprendimento e permette di costruire il senso di autoefficacia, è fonte di soddisfazione e autostima. Succede frequentemente che gli adulti interferiscano, facendo al posto del bambino o offrendo aiuto non richiesto, per comodità, per fretta, per la frustrazione di vedere che il bambino compie errori o il risultato è imperfetto, ma intervenire costantemente scoraggia la motivazione del bambino e alimenta una percezione di sé come persona incapace, sbagliata, inadeguata, che avrà sempre bisogno di un altro per funzionare.

Diritto alla relazione. I bambini hanno il diritto di sviluppare e mantenere le relazioni con le figure per loro significative, come genitori, fratelli e sorelle, nonni o altre figure per loro importanti. A meno che tali relazioni non costituiscano un pericolo o un danno per loro, deve essere loro garantita la possibilità di mantenerle. Quando gli adulti, a causa dei conflitti e della rabbia tra loro, negano e impediscono ai bambini il contatto e la relazione con qualcuno che fino a quel momento ha avuto un ruolo significativo per loro (come accade purtroppo spesso nelle separazioni conflittuali), si assumono la responsabilità di privare i bambini delle proprie radici e di sbarrare l’accesso a interi rami della famiglia da cui possono invece ricevere nutrimento affettivo.

Diritto all’informazione e alla verità. Anche i bambini piccoli hanno diritto di sapere cosa accade a loro e intorno a loro, anche nel caso di informazioni che possono provocare emozioni negative, come una separazione dei genitori o una malattia grave che riguarda una persona cara o loro stessi. La maggior parte delle persone ritiene che sia preferibile tenere più a lungo possibile i bambini all’oscuro di notizie negative che potrebbero turbarli. In realtà, nascondere ai bambini informazioni importanti non ha mai un effetto benefico, anzi è quasi sempre controproducente, perché anche quando i contenuti non vengono esplicitamente comunicati, i bambini, anche quelli piccolissimi, percepiscono sempre dal comportamento non verbale degli adulti che qualcosa non va e restano soli senza la possibilità di avere conforto. Il rischio reale è che sperimentino un’angoscia molto maggiore di quella che comporterebbe sapere la verità, perché tendono a elaborare spiegazioni distorte, a pensare di avere delle colpe, a immaginare che gli adulti vogliano abbandonarli perché sono stati cattivi. Perciò, dare loro le informazioni adeguate alla loro età e al loro livello di comprensione è necessario perché possano sentirsi liberi e fiduciosi di chiedere, avere chiarezza e conforto.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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