Più timidi, meno intelligenti, più brutti, meno disinvolti, più solitari, meno abili, più sensibili, meno ricchi: sono infiniti i modi in cui ci si può sentire diversi dagli altri. C’è però una costante: chi si sente diverso percepisce la sua condizione in negativo come un deficit, una colpa, un’inferiorità o comunque qualcosa di peggiorativo. È raro che chi si sente diverso dagli altri consideri questa differenza come una qualità, una risorsa, un motivo di orgoglio, o se arriva a questa valutazione positiva di solito vi approda solo dopo un percorso più o meno lungo di accettazione di sé.
Sentirsi diversi spesso si accompagna a un senso di solitudine e alla paura di essere rifiutati dagli altri e di essere esclusi.
Perché è così forte il bisogno di essere uguali agli altri e perché invece essere diversi fa paura? Essere come gli altri ci fa sentire adeguati, al sicuro, dalla parte giusta, ci fa sentire accettati e capiti. Il diverso ha per la nostra mente una connotazione negativa: ciò che è diverso, ignoto e non comprensibile attiva in automatico una reazione di allarme in quanto può nascondere un potenziale pericolo.
Era così per i nostri progenitori primitivi e continua ad essere così anche oggi: la prima reazione verso ciò che è diverso è di diffidenza, sospetto, paura. Fin dall’infanzia percepiamo che essere nel gruppo, essere uguale agli altri è qualcosa di positivo mentre trovarsi fuori dal gruppo è negativo. La pressione sociale affinché l’individuo si conformi alla “norma” è molto forte ed è attualmente intensificata anche dall’uso dei social media, che propongono insistentemente un unico modello attraverso dinamiche di cui è importante essere consapevoli, per evitare di aderire acriticamente agli standard imposti.

Sentirsi in difetto perché diversi dalla maggioranza porta spesso a tentare di cambiare adeguandosi a ciò che appare come la norma e reprimendo alcune parti di sé. Il risultato più probabile è che si finge di essere diversi da ciò che si è, pensando di ottenere in questo modo l’approvazione degli altri. Un reale cambiamento per omologarsi agli altri non è in realtà fattibile perché va contro la propria essenza e la propria autenticità e qualcosa si oppone al tentativo di metterle a tacere. “Non riesco ad essere come gli altri”, lamenta chi vorrebbe annullare la propria diversità, ma non si tratta di non riuscire ad adeguarsi, si tratta di non poter tradire sé stessi: una parte di sé reclama giustamente diritto di esistere e di manifestarsi.
Accanto al bisogno di essere uguale agli altri esiste infatti nell’essere umano anche il bisogno di differenziarsi, di distinguersi dagli altri, di essere unico, irripetibile e insostituibile. Chi tenta di sopprimere la propria diversità si fa quindi doppiamente del male: vive nel costante sforzo di essere altro da ciò che è e soffoca quelle qualità preziose che ne permettono la differenziazione.
In ogni caso autoimporsi un cambiamento è sempre una strategia fallimentare. Anche imponendosi di essere e comportarsi come gli altri, difficilmente questa strada porterà al benessere personale e all’approvazione degli altri, perché comunque gli altri percepiscono qualcosa di finto e non autentico e perché anche nel caso che adeguarsi portasse finalmente ad avere l’accettazione e l’amore altrui, resterebbero il senso di disagio o di ansia nel fare qualcosa di estraneo a sè stessi e un profondo senso di frustrazione e di amarezza nel doversi costringere a soffocare i propri aspetti più veri. L’unica strada sana è quella dell’autoaccettazione. Solo nel momento in cui ci accettiamo come siamo possiamo vivere bene, e paradossalmente solo una volta che siamo capaci di accettarci diventa possibile anche un eventuale cambiamento. Quando ci accettiamo siamo in pace con noi stessi e siamo sereni, non sprechiamo inutilmente energie per essere diversi e non siamo perennemente tristi e arrabbiati (cosa che gli altri percepiscono e che li induce ad allontanarsi); invece di maledire ciò che non ci piace di noi e restare concentrati su quello, siamo intenti a vivere e mentre viviamo ci espandiamo, ci arricchiamo e in definitiva possiamo cambiare in meglio.
Se ci accettiamo e mostriamo le nostre peculiarità, i nostri gusti e le nostre preferenze diventiamo più interessanti ed è anche più probabile che incontriamo e attiriamo persone più simili a noi con cui relazionarci con più facilità e con piacere reciproco, scoprendo che in realtà non siamo così diversi e soli. Difendere il proprio modo di essere può anche suscitare ammirazione negli altri, essere considerato un atto originale e creativo oltreché coraggioso, tanto da poter diventare persino un’ ispirazione per gli altri. Il punto su cui lavorare non è quindi adeguarsi agli altri ma rendere meno rigida e critica la valutazione di sé, imparare a pensare che diverso non corrisponde necessariamente né a migliore né a peggiore, imparare a riconoscere il valore e la preziosità di ciò che caratterizza ciascuno.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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