Benessere

Cooperazione, comprensione e gratitudine: ecco il potere della gentilezza

Compiere piccoli gesti di gentilezza non costa nulla ma apporta grandi benefici a noi e agli altri. L'approfondimento nella Giornata mondiale delle gentilezza

Da Pixabay, foto di Renee Bigelow

La gentilezza ha un ruolo centrale in psicologia, perché ha un grande impatto sulla nostra salute fisica e psichica e sulle nostre relazioni sociali. Cos’è la gentilezza? Comprende in sé diversi concetti, quali l’altruismo, la cooperazione, la sincerità, la gratitudine, la pazienza, la compassione, la comprensione, il rispetto e altri comportamenti prosociali. Può trattarsi di aiutare qualcuno in difficoltà, di sorridere, di tenera aperta una porta, di offrire qualcosa a un altro, di fare un complimento sincero, di ascoltare in modo empatico. Non parliamo di buone maniere, di cortesia fredda o calcolata, ma di una preoccupazione autentica  per gli altri. Molti credono che la gentilezza sia sospetta e non possa essere genuina, che l’essere umano sia essenzialmente egoista. In realtà,  già dai sei mesi di vita l’individuo mostra comportamenti affabili verso gli altri come l’offrire aiuto, condivisione e conforto.

Gli studiosi ipotizzano un gene della gentilezza, il gene AVPR1A, e Darwin già sosteneva che l’”istinto di simpatia” fosse uno dei più potenti nel far sopravvivere la specie. D’altra parte, l’ambiente di vita e i modelli comportamentali che apprendiamo nell’infanzia hanno un impatto essenziale sullo sviluppo o l’inibizione della gentilezza.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

“Io non conosco nessun altro segno di superiorità nell’uomo che quello di essere gentile.” (L. van Beethoven)
Essere gentili oggi è a volte scambiato per debolezza oppure per ipocrita ostentazione sentimentale, o considerato un atteggiamento da perdenti, soprattutto in una società come la nostra in cui dominano competizione, arrivismo, opportunismo, individualismo, egocentrismo, cinismo, maleducazione, spersonalizzazione e ritmi frenetici. In realtà, la gentilezza richiede numerose qualità, come equilibrio, sicurezza in sé, sensibilità, consapevolezza delle emozioni proprie e altrui, intelligenza emotiva ben sviluppata. La gentilezza implica anche coraggio, perché agendo in modo gentile scegliamo di connetterci a un altro essere umano superando la percezione di potenziale minaccia che ogni relazione comporta e il rischio di identificarci con gli altri, sia con i loro piaceri che con le loro sofferenze. Del resto, tutti noi di solito restiamo piacevolmente colpiti quando ci accade di trovare una persona gentile e ne siamo magneticamente attratti, e allo stesso tempo, tutti ci lamentiamo di quanto la gentilezza manchi sempre di più.

“Una parola delicata, uno sguardo gentile, un sorriso bonario possono plasmare meraviglie e compiere miracoli.” (W. Hazlitt)


Compiere gesti gentili ha un’influenza positiva sia sul nostro umore che sul nostro fisico: stimola il rilascio di neurotrasmettitori legati al piacere e al benessere come serotonina e ossitocina, riduce il cortisolo associato allo stress, aumenta l’autostima, favorisce calma e benessere, è associato a un profilo immunitario più sano. Essere gentili ridice l’ansia sociale: le persone con fobia sociale, se coinvolte nel compiere atti di gentilezza si trovano meno a disagio in presenza di sconosciuti o in contesti di gruppo. Agire in modo gentile attiva le aree cerebrali connesse alla gratificazione e al piacere e ci fa sentire più soddisfatti di noi stessi, realizzati e fiduciosi nelle nostre capacità. Si è osservato che fare qualcosa per gli altri ci regala un effetto positivo più duraturo (che si tratti di persone strette o di sconosciuti), rispetto a quando facciamo qualcosa per noi. D’altro canto, è importante che noi trattiamo con gentilezza anche noi stessi: spesso usiamo accortezze nello scegliere le parole da rivolgere agli altri, mentre a noi stessi ci rivolgiamo con durezza, criticandoci, colpevolizzandoci. Trattare anche noi stessi con gentilezza significa ammorbidire la nostra voce interiore, essere più comprensivi verso le nostre difficoltà e perdonarci i nostri errori, avere per noi stessi il tono affettuoso che avremmo con chi ci è molto caro.

“La gentilezza è la catena forte che tiene legati gli uomini.” (J.W. Goethe)
Essere gentili migliora le relazioni con gli altri, perché appaga i bisogni psicologici di appartenenza, favorisce un senso di armonia, crea un senso di solidarietà e comunità, promuove una maggior connessione tra le persone e riduce l’isolamento, alimenta fiducia reciproca e condivisione. Del resto, collaborazione e altruismo sono stati e sono indispensabili per la preservazione e l’evoluzione della specie umana e per il funzionamento delle comunità umane.

“Per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili.” (A. Hepburn)
Chi si comporta in modo gentile risulta più attraente e simpatico ed è avvantaggiato nel formare legami. Anche nel lavoro, le persone gentili creano un clima più positivo e collaborativo in cui gli altri si sentono più compresi e valorizzati e i conflitti possono essere affrontati in modo più costruttivo, perché solitamente la gentilezza genera altra gentilezza. Inoltre con la gentilezza è più facile ottenere qualcosa dagli altri e il rispetto delle regole.


La gentilezza si può sviluppare e coltivare, rappresenta una scelta consapevole che migliora il benessere nostro e degli altri. Ciascuno di noi può cercare il suo modo per portare gentilezza nella propria giornata, come dire qualcosa di generoso, essere utile, dire grazie, apprezzare: azioni piccolissime ma molto potenti che, come semi, mettono in circolo altra gentilezza. “Le parole gentili non costano nulla. Non irritano mai la lingua o le labbra. Rendono le altre persone di buon umore. Proiettano la loro stessa immagine sulle anime delle persone, ed è una bella immagine.” (B. Pascal)

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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