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Paura di parlare in pubblico: cos’è e come gestirla

Il timore di prendere la parola davanti ad altre persone deriva da un rigido giudizio interiore su sé stessi e da convinzioni distorte su come si dovrebbe essere

La paura di parlare in pubblico è così diffusa da riguardare, nei suoi diversi gradi, la maggior parte della popolazione. Se per alcuni si tratta di una leggera esitazione, per altri diventa un vero disturbo inquadrabile tra i disturbi d’ansia, con una serie di sintomi che si presentano qualora si dovesse prendere la parola davanti ad altre persone: tachicardia, sudorazione, rossore, disturbi gastro-intestinali, vertigini, nausea, voce tremula, respiro affannoso.

Questo tipo di paura non riguarda solo occasioni particolari in cui ci si trova a parlare di fronte a un numeroso pubblico, come presentare una relazione o porre domande a conferenze o convegni, ma anche situazioni più comuni che potrebbero presentarsi nella vita di ciascuno: esporre la propria opinione in una riunione di lavoro, intervenire in una discussione tra amici, essere interrogati in classe. Sono numerose le situazioni quotidiane in cui ci troviamo in presenza di altre persone, perciò questo tipo di paura può avere ripercussioni significative e comportare una compromissione notevole della qualità di vita. La strategia adottata più frequentemente, infatti, consiste nell’evitare più possibile di esporsi a queste situazioni, con il rischio di ridurre le interazioni sociali e di privarsi di opportunità. Evitare permette di non provare ansia al momento, ma a lungo andare ingigantisce sempre di più il problema. Al contrario, affrontare e ripetere più volte l’esperienza può aiutare a costruire gradualmente fiducia in sé stessi.

Da dove nasce la paura di parlare in pubblico? Aver vissuto situazioni di umiliazione in cui si è stati criticati e giudicati negativamente può favorirne l’insorgere, ma anche in assenza di esperienze specifiche traumatiche, una personalità caratterizzata da una tendenza al perfezionismo può essere terreno fertile per questa difficoltà. Infine, anche la pressione culturale e sociale ad essere sempre efficienti e  sicuri di sé contribuisce a rendere molte persone timorose di non essere all’altezza.

L’aspetto centrale di questa paura è il timore di essere giudicati negativamente per la propria performance inadeguata:  paura di essere giudicati sciocchi, noiosi, non piacevoli, oppure di essere derisi per i sintomi fisici come l’arrossire, l’avere una voce tremante o il balbettare. E’ la persona stessa che dà un giudizio  negativo del proprio modo di essere e nel tentativo di essere diversa da ciò che è, entra nel circolo vizioso dell’ansia.

La maggior parte dei vari corsi che si propongono di risolvere subito e per sempre la paura di parlare in pubblico sono quasi sempre completamente inutili per chi ha un’ansia di una certa intensità, perché non affrontano la radice del problema. Anzi, il modo in cui approcciano il problema insistendo sulla necessità di apparire oratori brillanti e sicuri per avere successo nella vita, finisce per essere controproducente, in quanto rinforza proprio alcune convinzioni rigide e distorte che generano e alimentano la paura di parlare in pubblico, facendo sentire la persona sbagliata e inducendola  a credere di doversi “rafforzare”.

Ciò che sostiene la paura sono infatti delle convinzioni rigide che si attivano in automatico, regole rigide su come ci si deve comportare e su come si deve apparire, come “Se mi blocco, penseranno che sono un incapace”, “Se si accorgono che arrossisco, farò una figuraccia”, “Se mi tremerà la voce, penseranno che sono una stupida”, “Se commetto errori sono un incapace”, “Tutti sono tranquilli, solo io mi agito così tanto”, “Non posso sopportare di fare una brutta figura”, “Commettere errori è sbagliato”. Queste convinzioni portano a formulare pensieri catastrofici sulla propria prestazione, immaginando di perdere il controllo, alimentando aspettative negative su quello che accadrà a producendo quindi ansia. Il timore di come si appare agli altri porta ad auto-osservarsi, cosicché l’attenzione non è più su quello che si voleva dire, ma sul come lo si fa, scrutando se compaiono quei segnali tanto temuti, tentando di non arrossire o di tenere a bada la voce e perdendo di vista l’intento originario per cui ci si trova a parlare. Questo automonitoraggio, però, produce proprio l’effetto contrario, togliendo energie al compito originario e aumentando in effetti la probabilità di compiere errori. Inoltre l’attenzione  concentrata sui segnali di disagio che il proprio corpo manifesta, porta a  pensare  che si sta dando agli altri un’immagine di persona in ansia, e questo pensiero genera ulteriore ansia, in un circolo vizioso.

Per uscire dalla paura, la strategia è riportare l’attenzione sul momento attuale e sul compito da eseguire, nel momento della prestazione. Piuttosto che vedere il pubblico come un giudice pronto a criticare, è importante concentrarsi sull’obiettivo di esprimere e trasmettere le proprie idee agli altri. A più ampio raggio, è utile cominciare a  soffermarsi anche sui propri punti di forza, oltre che sulle debolezze, coltivando un’immagine di sé più realistica e flessibile.

L’altro punto su cui lavorare, è attenuare la severità del proprio giudice interiore e ridimensionare la percezione della posta in gioco. Provare una certa ansia nel parlare in pubblico è normale, accettarlo e essere disposti a sperimentarla, ne attenua già l’intensità. Osservare accuratamente gli altri, permette di abbandonare la convinzione distorta di essere i soli a provare ansia e a commettere errori. Non a caso, uno dei suggerimenti per chi deve parlare a un pubblico ed è in ansia, è proprio ammettere di essere emozionati. Questo non solo elimina alla radice il problema di evitare che gli altri si accorgano dello stato emotivo, ammettendolo spontaneamente, ma crea immediatamente un clima di simpatia, proprio perché riguarda un timore molto comune che anche gran parte del pubblico condivide.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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