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Dare la “paghetta” ai figli è educativo? Parola alla psicologa

Consegnare una somma di denaro a giovani e giovanissimi aiuta a far comprendere il valore dei soldi e può aiutare nell'educazione, a patto che genitori e figli seguano alcune regole

È bene dare una paghetta ai figli? Come comportarsi se non sanno gestirla? È una buona idea togliere la paghetta come punizione se si comportano male? Nei miei incontri con i genitori di bambini e adolescenti, ricorre di frequente il tema del denaro: denaro come causa di conflitto per richieste eccessive dei figli, come mezzo per premiare o punire, come incentivo per indurre a collaborare in casa o a studiare. Alcuni genitori preferiscono dare denaro o effettuare di persona l’acquisto richiesto dai figli di volta in volta, in occasione della richiesta, mentre altri optano per la cosiddetta “paghetta” fissa. La paghetta può essere un utile strumento educativo, a patto che abbia certe caratteristiche e ne venga fatto un preciso uso.

Innanzitutto, lo stesso termine “paghetta” è improprio e lo sto utilizzando solo perché è il termine più usato comunemente e di immediata comprensione. La paga, infatti, è una somma di denaro che viene corrisposta in cambio di un lavoro svolto. Al contrario, la paghetta non dovrebbe avere questo senso, ovvero non andrebbe corrisposta in cambio di qualcosa, ad esempio lavori domestici o buoni voti.
La paghetta deve essere sganciata dalla collaborazione in famiglia e dal rendimento scolastico, il suo unico obiettivo dovrebbe essere imparare a gestire autonomamente il denaro, e quindi ad autogestirsi. La paghetta ha un valore educativo perché permette di sperimentare un rapporto diretto col denaro e quindi di rendersi conto del valore delle cose, di capire che ci sono limiti alle spese e che i soldi finiscono, di imparare a stabilire priorità e fare scelte, di imparare ad attendere un tempo per accumulare la somma necessaria per un acquisto più costoso.

A che età è opportuno dare la paghetta? Dopo gli 8 anni, e preferibilmente dai 10 in poi, può essere il momento giusto, perché prima di questa età la maggior parte dei bambini non saprebbe gestire autonomamente il denaro, inoltre occorre padroneggiare concetti e abilità di calcolo come addizioni e sottrazioni, per comprendere l’uso del denaro. L’indicazione è di massima e va ricalibrata in base alle caratteristiche del singolo bambino. L’ideale sarebbe introdurre la paghetta quando è il bambino e chiederla, ma anche in assenza di una esplicita richiesta, può essere una buona idea che sia il genitore a proporre di istituire una paghetta fissa.

La psicoterapeuta Lucia Montesi

Quanti soldi dare? La cifra dipende dalla disponibilità economica della famiglia, dalle esigenze dei bambini e ragazzi e dalle spese che si decide debbano essere coperte dalla paghetta. In alcune famiglie la paghetta è destinata agli extra e i genitori coprono le spese per le necessità, in altre famiglie si decide che la paghetta serva anche per attività o beni necessari. Qualunque sia la scelta, deve essere stabilito in modo molto chiaro e condiviso cosa è compreso in quella somma e cosa no. In Italia, in media i ragazzi delle medie ricevono 10 euro a settimana, quelli delle superiori il doppio, ma la cifra va definita in base alla situazione specifica. Dare troppo denaro non aiuta a responsabilizzarsi, darne troppo poco può essere frustrante. Adeguare la cifra a quella che ricevono i compagni, se ragionevole, può essere un criterio valido, tuttavia i bambini devono comunque confrontarsi con la realtà che non tutte le famiglie hanno la stessa disponibilità economica. Anche nel caso la disponibilità sia molto limitata e la somma da poter destinare alla paghetta sia minima, simbolica, è comunque utile che i bambini possano avere il potere e la responsabilità di amministrarla da soli.

E se poi il bambino non sa gestire la paghetta? Se la spende tutta e subito in cose futili? Se ogni volta sfora il budget e chiede un’aggiunta perché il denaro non basta? È probabile che all’inizio ci siano difficoltà nella gestione, è da mettere in conto qualche spesa eccessiva o inutile perché ancora non ha imparato come regolarsi. Piuttosto che togliere la paghetta, è più utile aiutarlo a riflettere su come gestire meglio quel denaro, lasciando anche che compia errori e ne viva le conseguenze, evitando di intervenire decidendo al posto suo su come spenderli, a meno che non si tratti di circostanze gravi ed eccezionali.

Dare sistematicamente altro denaro o anticipare la paghetta della settimana successiva perché ogni volta il bambino “brucia” la somma a disposizione, fa perdere ogni valenza educativa allo strumento della paghetta e anzi, induce ulteriormente a un comportamento poco attento e responsabile. Bisogna poi resistere alla tentazione di togliere la paghetta o diminuirla come punizione per comportamenti sbagliati, e allo stesso modo, di aumentarla come forma di premio. I soldi della paghetta non devono diventare merce di scambio, né l’obiettivo dei propri comportamenti, né oggetto di possibili ricatti. Associare la paghetta allo studio e ai voti o allo svolgimento di mansioni domestiche è pericoloso perché induce a un ragionamento del tipo “Studio per avere i soldi”/ “Se non mi dai i soldi, non studio”,  “Rifaccio il letto per avere i soldi”/ “Se non mi dai i soldi, non rifaccio il letto”. Deve essere chiaro che si va a scuola e si studia per imparare, e che si svolge la propria parte in casa perché la famiglia è una squadra in cui ognuno ha il suo ruolo e si collabora e ci si supporta.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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