Benessere

Quando il cuore perde il ritmo

La frequenza del cuore è un indicatore da tenere sotto controllo: non sempre tachicardie e bradicardie sono innocue. Quali le conseguenze? E come affrontare il problema?

Il cuore inizia a battere in modo anomalo e la preoccupazione inizia a salire. Cosa succede? È solo un’emozione che sta prendendo il sopravvento con il classico batticuore o c’è qualcosa in più da verificare? Il tutto può essere sintetizzato nel disturbo chiamato aritmia cardiaca. Ci sono, a tal proposito, delle “pillole” da ricordare: l’accertamento e la risoluzione il prima possibile delle aritmie possono portare a migliorare e possono ridurre complicanze; rivolgersi sempre a personale medico qualificato; mettere in atto terapia farmacologica, terapia ablativa o cardioversione elettrica il prima possibile per aumentare la performance del cuore e ridurre le complicanze di una aritmia prolungata; attenzione a tutte le condizioni di stress emotivo; occhio allo stile di vita (controllare peso, quantità e qualità del cibo, attività fisica). Al fine di approfondire meglio le anomalie del battito cardiaco abbiamo incontrato il cardiologo dottor Cesare Boria, Dirigente medico U.O. di Cardiologia Asur Marche Area Vasta 2 Jesi.

Cos’è l’aritmia cardiaca?
«L’aritmia è un disturbo del ritmo cardiaco o della frequenza cardiaca (cioè del numero di battiti al minuto); il cuore può cioè battere troppo velocemente (tachicardia) o troppo lentamente (bradicardia) o con un ritmo completamente irregolare (ad es. fibrillazione atriale)».

Quali sono i sintomi?
«Nell’ambito delle aritmie la sintomatologia può essere estremamente variabile e spesso in relazione alla frequenza cardiaca. Possiamo avere dei riscontri occasionali del ritmo, oppure sintomi come un colpo forte dentro il petto o in gola o come una pausa momentanea del battito cardiaco (ad es. extrasistoli) ed anche sincopi (perdita di coscienza) da tachiaritmie (ad elevata frequenza cardiaca) e/o da riduzione del battito o del ritmo (blocchi atrio-ventricolari e/o blocco totale). Le aritmie sono sicuramente l’anomalia della funzionalità cardiaca più frequente in senso assoluto, anche se in molti soggetti non hanno alcuna conseguenza clinica e sono benigne e transitorie.

Dottor Cesare Boria

In certi pazienti possono provocare la comparsa o il peggioramento di malattie cardiache sottostanti ed essere alla base dei meccanismi elettrici della morte improvvisa.
Il sintomo più comune è sicuramente il Cardiopalmo (o palpitazione o batticuore) che rappresenta la sensazione soggettiva dell’attività cardiaca soprattutto quando irregolare. Spesso si verificano in momenti di quiete (sul divano, nel coricarsi a letto ecc.) o correlato ai pasti. Consiste in sensazione di battiti più forti, frequentemente irradiati al collo, di colpo quasi doloroso sul torace, frullo d’ali, perdita di battito. Il cardiopalmo può essere regolare o irregolare, bradicardico (sotto i 60 bpm) o tachicardico (sopra i 100 bpm). Le aritmie a volte si accompagnano a sintomi importanti quali astenia, dispnea, lipotimia (disturbo che precede la perdita di coscienza) e sincope (perdita di coscienza di breve durata a risoluzione spontanea accompagnata a riduzione del tono muscolare) ed in taluni casi ad arresto della circolazione. La fibrillazione atriale è la più comune aritmia prolungata fra tutti i disturbi del ritmo cardiaco e fra tutte le cause del cardiopalmo irregolare. Poco frequente o rara negli individui giovani si presenta con una frequenza maggiore nella popolazione sopra i 65 anni (5%) e sopra i 75 anni (10%)».

Su cosa bisogna porre attenzione prima di confrontarsi con uno specialista?
«La cosa migliore quando si avvertono sintomi strani di tipo cardiologico (cardiopalmo e/o palpitazioni, sensazione di perdita di coscienza ecc.) è quella di riferire i sintomi ad un medico che potrebbe essere in prima battuta il medico di base che potrà valutare ad esempio se il polso è a ritmo o irregolare, se ci possono essere correlazioni con patologie cardiache preesistenti o evidenziare successivamente patologie di altri organi e/o apparati. Qualora la sospetta aritmia potesse arrecare danni alla salute del paziente e/o condizionare la buona qualità della vita del paziente allora il medico potrà rivolgersi o farvi recare a visita da uno specialista (in primo luogo il Cardiologo) per fare una diagnosi di certezza e/o interrompere (curare) l’aritmia in atto. In altre parole evitare di fare diagnosi fai da te o tramite il consulto in internet in quanto l’aritmia potrebbe essere pericolosa e/o fatale se non ben valutata e curata».

Come monitorarsi?
«Quando un paziente presenta sintomi di sospetta origine aritmica o ha una aritmia presente, è necessario rispondere ad alcuni quesiti e porre in atto gli accertamenti necessari per giungere alla terapia più adatta per “quel” paziente. Innanzitutto Elettrocardiogramma di base, elettrocardiogramma dinamico secondo Holter, elettrocardiogramma sotto sforzo; ecocardiogramma, scintigrafia miocardia, risonanza magnetica cardiaca, coronarografia; ricercare malattie di altri organi che possono causare o facilitare le aritmie (tiroide, patologie polmonari croniche), alterazioni dei sali del sangue (potassio, magnesio); valutare le terapie già in corso per la cardiopatia o per altre patologie che possono avere un potenziale aritmogeno ed eventuale studio provocativo studio elettrofisiologico. Al termine di tale percorso si hanno tutti gli elementi per scegliere la terapia più adeguata alle condizioni del paziente».

Come si contano i battiti cardiaci?
«Il metodo più semplice è quello di ricercare il polso (radiale ma anche carotideo) e contare il numero degli impulsi avvertiti (se regolari contarli entro 15 sec. e moltiplicarli x 4, se polso aritmico contare impulsi in 30 sec. e moltiplicare x 2 in maniera molto empirica). Alcuni medici di base dispongono anche di misuratori della pressione (sfingomanometri elettronici) che rilevano anche l’aritmicità del battito».

Ci sono falsi miti da sfatare in merito?
«Le aritmie non sono sempre innocue o scevre da complicanze. Fare molta attenzione ai sintomi e soprattutto valutare l’aritmia il prima possibile in maniera seria e sicura e soprattutto in un ambiente cardiologico ed impostare poi la terapia più adeguata per il ripristino del ritmo sinusale e il miglioramento della funzionalità cardiaca. Non ricorrere al Pronto Soccorso al minimo sintomo senza aver contattato il medico di base».

Tenere i battiti sotto controllo cosa può prevenire?
«Controllarsi il battito in maniera autonoma è il primo modo per valutare se è ritmico o no. Qualora preesistessero patologie di fondo e/o recidive di aritmie (ad es. fibrillazioni atriali o tachicardie ventricolari o fibrillazione ventricolari) il tenere basso il ritmo cardiaco può sicuramente prevenire e proteggere il cuore da alterazioni del ritmo. Ad esempio controllare la frequenza cardiaca nelle forme di fibrillazione atriale permanente con antiaritmici e in associazione ad anticoagulanti può ridurre ed evitare complicanze di tipo ischemico ed emorragico cerebrale o sistemiche. Questo controllo avrebbe anche una ripercussione sul risparmio economico della patologia sulla spesa sanitaria in termini di riduzione dei giorni di degenza e soprattutto nella riduzione della percentuale del numero di ictus cerebrali e costo sociale correlato».

Quale età e tipologia di persona sono più soggette alla Fibrillazione Atriale?
«Sicuramente il rischio di aritmie è direttamente proporzionale all’età. L’1,85% di fibrillazione atriale stimato nella popolazione italiana è coerente con altre percentuali calcolate in alcuni paesi europei. Nel 55,5% dei casi si tratta di fibrillazione atriale permanente o cronica, nel 24,3% persistente e nel 20,2% parossistica. Oltre i 60 anni si trovano più casi, ma lo 0,16% dei casi occupa la fascia d’età tra i 16 e i 50 anni mentre il 4%/5 % dai 65 ai 75 anni, 9% dai 76 agli 85 anni e il 10,7% oltre gli 85 anni. I pazienti con fibrillazione atriale sono più a rischio di sviluppare eventi tromboembolici e di sviluppare deficit cognitivo e demenza. Per cui combattere la fibrillazione atriale significherebbe ridurre casi di ictus cerebrale ed emorragie cerebralim, casi di deficit cognitivo, i costi sociali e sanitari dell’ictus, investendo nella prevenzione primaria in maniera costante e coordinata».

La frenesia della vita quotidiana può influire?
«Da un lato l’Italia che invecchia, con un’aspettativa di vita in continua crescita sia per lei che per lui. Dall’altro il logorio della vita moderna, con sempre più “adepti” per fumo, alcool e dieta scorretta, e con agende appuntamenti che si allungano e notti che si accorciano riducendo ai minimi termini le ore di sonno. Il tutto peggiorato dallo stress da crisi economica. Risultato: il cuore degli italiani soffre e fra le emergenze che più preoccupano gli esperti c’è la fibrillazione atriale …che arriva a minacciare anche gli under 40. E se purtroppo il tempo che passa non si può certo fermare, sulle abitudini poco sane si può invece intervenire».

Cosa cambiare del proprio stile di vita?
«Noi specialisti mettiamo in guardia sulla carenza cronica di sonno. Se ne parla troppo poco, eppure oggi si tende a dormire sempre meno, rubando ore a Morfeo e pretendendo troppo da se stessi. Occorre ridurre stress, la quantità dei pasti, le pause caffè (e il numero di questi!), dell’alcool e dei troppi drink. Importante aumentare attività aerobica: siamo fatti per muoverci, per usare tutti i muscoli, invece siamo inchiodati alle scrivanie».

Agnese Testadiferro

 

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