Amorevole, incoraggiante, orgogliosa, ogni gioia dei figli è anche la sua gioia: così immaginiamo la figura materna e così concepiamo il rapporto tra una madre e i suoi figli, come la forma di amore più alta, generosa e pura. Ci aspettiamo che una mamma provi solo sentimenti benevoli verso i propri figli, e quando questo non accade proviamo orrore e cerchiamo una causa in una patologia. La scienza psicologica, tuttavia, ci rivela una realtà molto più disincantata del legame tra madre e figlio, di cui mette in luce tutta la complessità. Il rapporto tra madre e figlio, e ancor di più tra madre e figlia (dove è più facile il rispecchiamento), è infatti caratterizzato da aspetti ambivalenti, dalla commistione di sentimenti positivi e negativi, così come accade in qualsiasi relazione tra esseri umani. Così anche un sentimento come l’invidia che consideriamo particolarmente deplorevole, può colorare il rapporto tra madre e figli. Questo avviene certamente anche tra padri e figli e figlie, ma in questo articolo ci limiteremo ad approfondire l’invidia materna, che è anche quella che ci appare come più incomprensibile e inconcepibile.
Come per molti altri sentimenti, emozioni e stati mentali, è la dose che determina la loro “normalità” e pericolosità. Una minima dose di invidia può essere presente nel rapporto tra madre e figlia femmina soprattutto in alcune fasi del ciclo vitale. Tipicamente, di fronte ad una figlia adolescente che fiorisce nella sua femminilità, che diventa donna, che vive i primi amori, può accadere che una mamma percepisca maggiormente il peso della propria età, del passare degli anni, la perdita di un tempo spensierato che non tornerà più. Questa leggera percezione di invidia è comune e non è distruttiva, non si traduce nel limitare o svalutare la figlia ma si limita a un vissuto interiore, ad un confronto con problematiche esistenziali e col proprio corpo che inducono un senso di tristezza e di perdita nel non possedere più qualcosa che un altro ha.
Esistono però altre situazioni in cui l’invidia materna diventa distruttiva e patologica e provoca conseguenze anche gravi sui figli. L’invidia distruttiva porta queste madri ad entrare in competizione con i figli, a percepire come un doloroso affronto la loro crescita, lo sviluppo delle loro qualità, i loro successi. Diventano perciò ipercritiche verso i figli, bloccano la loro espressione, li ostacolano nella realizzazione scolastica e lavorativa, nelle relazioni sentimentali. Possono tentare di far restare bambini i loro figli costringendoli a mantenere un abbigliamento infantile, impedendo loro di uscire con gli amici.
Quali sono le conseguenze sui figli? I figli si sentono criticati e denigrati, incompresi, confusi perché non comprendono come un genitore possa non gioire delle loro capacità e dei loro risultati. Si sentono in colpa se vivono una vita migliore del genitore, non riescono ad essere fieri di sé stessi, la loro autostima è minacciata. Sentono che non devono “rubare la scena” al genitore, che devono limitarsi, essere bravi ma non troppo, brillare ma non tanto da offuscare il genitore. Mettono in discussione sé stessi piuttosto che la madre, in cui fanno molta fatica a riconoscere il sentimento dell’invidia: al contrario, venendo costantemente sminuiti, sono convinti di non essere mai abbastanza e di avere fatto qualcosa di sbagliato. Possono andare incontro a disturbi psicopatologici come ansia, depressione, disturbi alimentari, disturbo ossessivo-compulsivo e a difficoltà nelle relazioni interpersonali.
Da cosa deriva un’invidia così distruttiva verso i propri stessi figli? Vediamo le possibili cause.
-La situazione in cui l’invidia genitoriale si manifesta nel modo più drammatico e pericoloso è quella dei genitori con personalità narcisista. Il disturbo narcisistico di personalità è caratterizzato da un senso grandioso di importanza e di essere speciali, la pretesa di avere ammirazione e privilegi, lo sfruttamento degli altri per i propri scopi, la mancanza di empatia (incapacità a riconoscere i sentimenti e i bisogni degli altri). La madre narcisista vede nel figlio e soprattutto nella figlia femmina una minaccia per sé e per il proprio valore, deve quindi denigrarla e sminuirla per valorizzare sé stessa e per continuare ad essere al centro dell’attenzione. La madre narcisista colpevolizza il figlio per ogni moto di autonomia e di affermazione della sua identità, non ne favorisce l’individuazione ma anzi cerca di trattenerlo in una condizione di dipendenza in cui può controllarlo.
-Anche nel disturbo borderline di personalità, in cui c’è una paura estrema dell’abbandono, la madre può essere invidiosa dei figli se questi ricevono più attenzione di lei, perché teme di essere sostituita o abbandonata.
-Una madre depressa può provare invidia per il figlio che può godere di una vita da cui lei si sente tagliata fuori.
–Una madre insoddisfatta, che non ha potuto realizzare le proprie aspirazioni e i propri desideri, può guardare con invidia i figli che invece raggiungono quegli obiettivi a cui lei ha dovuto rinunciare. Oppure se madre e figli condividono una stessa attività, uno stesso lavoro o una stessa passione, la madre può provare invidia se il figlio ottiene risultati migliori. I successi del figlio diventano perciò un riflettore che fa percepire con ancora maggiore acutezza la propria insoddisfazione.
-Quel rimpianto che una madre può sentire nel confrontarsi con il figlio che si trova nel pieno della sua vita e delle sue potenzialità e che, come detto prima, può essere normale, può però accentuarsi e diventare una profonda invidia per la giovinezza, le energie e le opportunità dei figli.
–Una madre che ha avuto una storia non facile, che ha dovuto affrontare difficoltà o mancanza di mezzi, che non ha ricevuto dalla famiglia aiuto materiale o emotivo, può invidiare i figli che sono invece avvantaggiati dall’avere maggiori risorse e opportunità a disposizione. Invece di gioire delle migliori opportunità di cui possono godere i propri figli, rinfaccia loro le mancanze che lei ha dovuto subire.
–Madri con una bassa autostima, insicure, che hanno poca fiducia nelle proprie qualità e capacità, che si sentono inferiore e inadeguate, svalutano e criticano i figli per proteggere la propria fragile autostima che sentono minacciata nel confronto.
-Anche i cambiamenti sociali contribuiscono all’invidia materna verso la figlia femmina, per la sempre maggiore sessualizzazione delle adolescenti e, di contro, la sempre più accentuata ricerca della giovinezza eterna da parte delle madri.
Le madri invidiose dei figli si sentono estremamente in colpa per ciò che provano, non lo ammettono di fronte agli altri, ma molto spesso neanche a sé stesse: l’invidia viene nascosta e repressa perché rappresenta un tabù, un sentimento innominabile con una forte connotazione negativa, soprattutto se vissuto all’interno della famiglia. Così accade spesso che le madri invidiose non siano consapevoli di provare invidia ma attribuiscono ad altro ciò che provano verso i figli ed esprimono l’invidia in un modo contorto che confonde i figli. Riconoscere e accettare l’invidia è invece il primo passo necessario per poterci lavorare e per limitarne la distruttività. L’invidia è un sentimento normale che può riguardare qualunque relazione, reprimerla non fa che alimentarla e renderla incontrollabile. Ogni relazione affettiva è ambivalente, ciò che conta è far sì che le spinte negative e distruttive vengano contenute e che predomini l’affettività positiva. I sentimenti sono difficili da controllare, non possiamo impedirci di provarli, ma possiamo fare attenzione perché non si traducano in comportamenti che danneggiano gli altri. Può essere necessario un lavoro psicoterapeutico su di sé e la propria storia. Un modo per uscire dall’invidia per i figli è riflettere sulle proprie aspettative, dare valore al proprio percorso di vita come unico piuttosto che confrontarsi con quello dei figli, guardare con più comprensione ai propri limiti e ai propri errori.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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