Benessere

Il mondo in una stanza: il ritiro sociale dei giovani hikikomori

I ragazzi con questa sindrome scelgono di isolarsi nella propria casa per sfuggire alla pressione delle relazioni sociali. Ecco perché e cosa fare

Solitudine

Il termine hikikomori è giapponese e significa stare in disparte, ritirarsi. Indica la condizione di quei ragazzi, ma anche giovani adulti, che scelgono di isolarsi in casa o nella propria stanza e di evitare qualunque tipo di rapporto diretto con il mondo esterno, rapportandosi solo con i familiari più stretti e a volte neanche con essi. Questa condizione psicologica è definita in lingua giapponese perché è stata osservata inizialmente in Giappone e perché lì la sua incidenza è molto elevata (nel 2016 la stima era di mezzo milione di casi), ma successivamente si è diffusa anche nel resto del mondo, e in particolare nel mondo occidentale. In Italia si stima riguardi circa 100.000 persone, con un’incidenza accresciuta durante e dopo la pandemia.

Identikit degli hikikomori

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Si tratta prevalentemente di maschi tra i 14 e i 30 anni e il disturbo si manifesta solitamente durante l’adolescenza, con una tendenza a diventare cronico. Si tratta spesso di ragazzi molto intelligenti, con un elevato quoziente intellettivo, con carattere introverso e sensibile. Possono avere un rapporto conflittuale con i genitori, da cui però sono anche dipendenti. Inizialmente il rifiuto della vita sociale si manifesta verso le attività extrascolastiche e con gli amici, per poi estendersi anche alla scuola o al lavoro. L’autoisolamento così progredisce, accompagnato da una visione sempre più negativa e cinica della società e da crescenti demotivazione e depressione, perdita di speranza, disinvestimento dal presente e dal futuro. Alcuni si sentono inadeguati e insicuri delle proprie competenze, in altri prevale il rifiuto di omologarsi a una società di cui respingono i valori.

Per porre diagnosi di hikikomori deve essere presente un ritiro completo dalla società per più di sei mesi, ma la condizione può durare anni. Subentra quindi l’ansia di star sprecando la propria vita e la percezione di non avere vie di uscita. Anche alimentazione, attività fisica e cura della propria persona vengono compromesse: è possibile che i ragazzi non lascino la propria stanza neanche per lavarsi. Anche le responsabilità e i compiti da assolvere in casa vengono rifiutati, possono essere presenti comportamenti rabbiosi e aggressivi. Il ritmo sonno-veglia è spesso invertito per cui gli hikikomori dormono di giorno e vivono di notte, quando raramente escono per fare provviste.  L’isolamento prolungato può comportare inoltre una perdita di contatto con la realtà e l’emergere di sintomi dissociativi. Questi ragazzi presentano anche alti livelli di impulsività, anedonia e alessitimia, ovvero incapacità di riconoscere le emozioni.

Le cause: sfuggire alla pressione delle dinamiche sociali

-Inizialmente il ritiro sociale degli hikikomori era stato considerato una conseguenza di una dipendenza da Internet che avrebbe indotto questi ragazzi a evitare di uscire per restare costantemente connessi al mondo virtuale, ma in seguito il rapporto causale è stato invertito: oggi si ritiene che alla base vi sia un intenso disagio adattivo sociale, un’ansia sociale con vergogna e paura di non essere all’altezza che rende estremamente difficile relazionarsi con i coetanei e adattarsi alla società e alle sue pressioni e che porta come conseguenza a rifugiarsi in uno spazio puramente virtuale, in cui ci si sente meglio. Internet e videogiochi diventano così un rifugio dal senso di solitudine e di vuoto, dalla mancanza di fiducia nelle relazioni, offrendo anche l’anonimato che permette di esprimersi più liberamente. Internet può diventare l’unico modo con cui gli hikikomori mantengono un contatto con il mondo esterno, compresi i professionisti sanitari da cui ricevere eventualmente aiuto.

La famiglia può essere una concausa del fenomeno sia quando è eccessivamente pretenziosa ed espone i ragazzi ad aspettative di performance troppo pressanti e stressanti, sia quando invece è eccessivamente protettiva. Nel caso degli hikikomori, spesso tra i membri della famiglia mancano comunicazione e empatia e c’è una forte dipendenza dei figli dai genitori. Possono essere presenti altri disturbi mentali nei familiari.

-Poiché l’isolamento sociale è un sintomo comune a vari disturbi mentali, è essenziale fare un’accurata diagnosi differenziale. Secondo alcuni studiosi, la sindrome degli hikikomori non è un disturbo a sé ma è una manifestazione secondaria di altri disturbi mentali, come depressione, ansia sociale, disturbo evitante e disturbo schizoide di personalità, schizofrenia, ritardo mentale. In caso sia presente un disturbo psichiatrico di maggiore gravità, non dovrebbe essere posta diagnosi di hikikomori. La presenza di altre patologie richiede anche di stabilire un adeguato trattamento psicofarmacologico.

-La cultura di appartenenza ha un peso cruciale: si ritiene che il fenomeno possa dipendere da fattori culturali tipici della società giapponese, quali l’educazione scolastica molto rigida e le elevate pressioni per la riuscita scolastica da cui dipendono il futuro dell’individuo, la sua immagine sociale, la possibilità di avere un posto nella società. Altri fattori culturali favorenti sono i cambiamenti nel mondo del lavoro che rendono oggi molto difficile trovare un impiego e che possono portare a demotivarsi e ripiegarsi su di sé, e una maggiore solitudine collettiva causata dalla diffusione dei social media.

-Eventi di vita stressanti: metà degli hikikomori riferisce di aver subito atti di bullismo nell’infanzia e nell’adolescenza, soprattutto nel contesto scolastico. Può essere presente una storia di maltrattamenti e abusi familiari.

Il trattamento: costruire la relazione

Gli hikikomori sono restii ad ammettere di avere bisogno di aiuto e ad accettarlo. Sono di solito i familiari allarmati a chiedere aiuto e consigli su come comportarsi. Un atteggiamento duro con divieti, punizioni, azioni coercitive come impedire di chiudersi a chiave in camera è controproducente, mentre è necessaria un’alleanza tra genitori e figli per poter arrivare a una forma di aiuto che inizialmente è in modalità domiciliare o online, dati la difficoltà e il rifiuto dei ragazzi di uscire. Quando non è possibile avvicinare il ragazzo, si lavora con i genitori per arrivare indirettamente al ragazzo. I genitori e gli operatori che tentano di agganciare il ragazzo devono evitare il giudizio, le aspettative, le pressioni sociali perché sono proprio ciò da cui gli hikikomori scappano, avvertendoli come intollerabili.
Il trattamento con la psicoterapia mira a trattare l’ansia sociale e  il senso di inadeguatezza attraverso l’esposizione graduale alle situazioni temute e mira a modificare le dinamiche familiari disfunzionali, migliorando la comunicazione e lavorando sulla dipendenza dai genitori. Può essere necessario l’utilizzo di psicofarmaci, ad esempio per il trattamento dell’umore depresso associato. L’ostacolo principale alla terapia è il fatto che i ragazzi hikikomori per proteggersi dalla sofferenza cercano di evitare la relazione, compresa la relazione con i familiari e con il curante, perciò è prima necessario un lungo lavoro per costruire una relazione di fiducia in cui il ragazzo si senta compreso, al sicuro e non esposto nuovamente a vergogna e dolore e in cui possano emergere ed essere valorizzate le sue qualità.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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