Benessere

Famiglie separate: come tutelare il benessere psicologico dei figli

Alcuni comportamenti dei genitori possono attenuare lo stress della separazione nei figli e favorire il loro benessere psicologico

Uso di proposito i termini “famiglia separata” (o “famiglia divorziata”) piuttosto che “genitori separati” per due motivi: sottolineare quanto l’evento separazione sia un affare di famiglia per il suo impatto su tutti i membri, e sottolineare quanto, anche dopo una separazione o un divorzio, la famiglia resti tale in quanto la coppia genitoriale resterà per sempre, anche se quella coniugale si è sciolta. La capacità dei partner di continuare a collaborare come coppia di genitori è il fattore cruciale da cui dipende il benessere di tutti.

La separazione dei genitori comporta la necessità di riorganizzare e ricostruire nuovi equilibri. Si tratta di un processo complesso, ma la grande maggioranza dei figli dopo un anno risulta ben adattata e non presenta problemi psicologici. Come comportarsi per garantire al massimo il benessere psicologico di bambini e ragazzi in questo delicato passaggio? Ho sintetizzato dieci punti importanti che possono servire da guida per i genitori:

1)Informare i figli della decisione di separarsi. Spesso i genitori sono tentati di eludere il problema o di rimandarlo, nella convinzione che i figli siano troppo piccoli per capire o che possano soffrire troppo. Certamente la notizia della separazione dei genitori provoca un profondo dispiacere e dolore nei bambini e ragazzi, tuttavia è necessaria ed è comunque preferibile al non sapere: essere tenuti all’oscuro e non avere spiegazioni chiare su ciò che sta succedendo, quando comunque percepiscono tensione e preoccupazione nell’aria, è ancora più angosciante che sapere la verità. I bambini più piccoli, soprattutto, hanno un’estrema sensibilità che li rende capaci di cogliere la sofferenza dei genitori, ma non hanno strumenti per mettere in parole quanto sentono; hanno inoltre la tendenza a considerarsi responsabili del malessere dei genitori e a fantasticare sul modo in cui poterli aiutare, caricandosi di un peso che non gli spetta e che non possono sobbarcarsi.

2)Dire la verità, ma evitando  dettagli inutili e penosi.  Si può dire semplicemente che si è deciso di separarsi perché non si riesce più ad andare d’accordo, e questo può essere compreso anche da un bambino piccolo. A un adolescente si possono dare spiegazioni più approfondite in termini relazionali, tuttavia  è importante, a qualunque età, evitare dettagli inutili e penosi e soprattutto  colpe e accuse.

3)Non coinvolgerli in dubbi e ripensamenti. É importante comunicare la decisione quando essa è ormai definitiva e irrevocabile, per non coinvolgere i figli in un’angosciante altalena di dubbi e ripensamenti ed evitare che essi pensino di poter fare qualcosa per convincere i genitori a restare insieme. Occorre essere fermi nello scoraggiare le fantasie di ricongiungimento e nel ribadire che la decisione riguarda i genitori.

4)Non usarli come confidenti. Sfogarsi con loro, mostrare una sofferenza fuori controllo, fare loro confidenze intime, lamentarsi con loro del partner: sono tutti comportamenti che portano il figlio su un piano che non gli appartiene, lo caricano di un compito che non può sostenere, lo costringono in pericolose alleanze e in conflitti di lealtà.

5)Non addossargli la responsabilità della decisione. Alcuni genitori chiedono ai figli se separarsi o no, chiedono la loro approvazione, oppure dicono loro che se si separano  (o non si separano) è per il loro bene. In questo modo la responsabilità della decisione è scaricata sulle spalle dei figli, gravandoli di un peso che può avere conseguenze psicologiche gravi. Si può ascoltare il loro parere come gesto di attenzione per il loro vissuto, per sapere come essi vivono la situazione, ma deve essere assolutamente chiaro che la decisione verrà presa dai genitori a prescindere dalla loro opinione.

6)Preparare e organizzare i cambiamenti. Occorre spiegare ai figli la vera ragione dei cambiamenti che vedono, e dire loro in anticipo cosa cambierà nella  vita quotidiana. Con chi abiterò? Quando vedrò papà? Quando vedrò mamma? Chi mi verrà a prendere a scuola? Potrò ancora andare dai nonni? Sono tante le domande che preoccupano i bambini ed è fondamentale chiarire la nuova organizzazione quotidiana. Per un adulto possono apparire dettagli secondari, ma per i bambini, soprattutto quelli in età prescolare, si tratta di punti di riferimento vitali da cui dipende il senso di sicurezza e di identità personale.

7)Rassicurarli sull’amore dei genitori. I figli devono essere rassicurati che, anche se l’unione è finita, avranno sempre due genitori che li amano e che continueranno ad occuparsi di loro, e che per loro collaboreranno. Il danno peggiore che si possa fare a un figlio, in questo caso, è negargli l’accesso all’altro genitore, nonché a nonni, zii, cugini dell’altro ramo familiare. Accade spesso che la rabbia per l’ex coniuge si traduca nel tentativo di sottrargli il figlio, ostacolando la frequentazione, o nel metterglielo contro; così al bambino si parla male dell’altro genitore, gli si chiede di schierarsi, o lo si utilizza come “spia”. Questi comportamenti, frequentissimi, pongono il figlio in una posizione intollerabile: lo privano della indispensabile vicinanza di un genitore e lo caricano di sensi di colpa per il costante conflitto di lealtà.

8)Incoraggiarli ad esprimere ciò che provano. Bambini e ragazzi possono provare smarrimento, paura, tristezza, rabbia, senso di colpa.  Più sono piccoli, più è  probabile che tutti questi sentimenti siano confusi e che sia difficile dar loro un nome, specialmente per i bambini sotto i 5 anni. É necessario allora che i genitori siano pronti ad accogliere e incoraggiare l’espressione di questi sentimenti, per aiutare i figli a identificarli e per poterli rassicurare. Ammettere in prima persona di essere tristi e arrabbiati è un buon modo per incoraggiare i bambini ad aprirsi, per legittimare le loro emozioni e per affrontare insieme un momento di sofferenza che può essere superato.

9)Limitare la conflittualità e collaborare come genitori. La conflittualità dei genitori è il fattore che più incide sul benessere dei figli indipendentemente dal fatto che i genitori siano separati o meno. Gli effetti psicologici negativi riscontrati nei figli di separati non dipendono dalla separazione o dal divorzio in sé, ma dal grado di conflittualità che permane tra i genitori e dalla perdita della vicinanza affettiva di un genitore. Purtroppo accade comunemente che la rabbia verso il partner che ha tradito, offeso, deluso, debordi dal campo coniugale, a  cui attiene, per colpirlo anche nella sua funzione di genitore. Non si può tollerare che il partner che  ha fatto soffrire, sia però allo stesso tempo un buon padre o una buona madre, e che i figli ne abbiano bisogno. I genitori parlano in buona fede, ma non si accorgono del grave danno che procurano ai figli quando, ad esempio, li assimilano a sé in contrapposizione all’altro genitore (“Tu sei come me, non sei come quel disgraziato di tuo padre”), spinti dalla rabbia per la fine del legame coniugale, che nulla deve avere a che fare con il legame genitoriale. Come un albero non può crescere bene se metà delle sue radici sono avvelenate, così un bambino ha bisogno, per il suo benessere emotivo e per costruire un’ identità salda e serena, di avere accesso a un’ immagine buona di entrambi i genitori, anche se il buono fosse solo una parte piccolissima.

10)Introdurre con gradualità nuovi partner nella vita dei figli. Anche in questo caso i figli non possono avere su di sé la responsabilità di decidere se, come e quando la mamma o il papà possano avere una nuova relazione. D’altra parte, occorre prudenza e sensibilità per accogliere e accettare i loro sentimenti ambivalenti, per lasciare il tempo di abituarsi, per evitare che i nuovi partner forzino i tempi nel tentativo di conquistarne la simpatia, che si mettano in competizione con l’altro genitore o cerchino di sostituirlo, ponendo di nuovo i figli in insostenibili conflitti di lealtà.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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