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Il distacco dalla famiglia d’origine: i consigli della psicologa

Separarsi emotivamente dalla famiglia di origine significa sentirsi liberi di seguire la propria strada e fare le proprie scelte. L'analisi della psicoterapeuta Lucia Montesi

madre e figlia
(Foto di Gisela Merkuur da Pixabay)

Ognuno di noi si trova, nel corso dell’esistenza, ad affrontare delle tappe fondamentali, dei passaggi evolutivi che hanno un’importanza cruciale. Uno di questi compiti evolutivi è realizzare il distacco dalla propria famiglia di origine. Non si tratta tanto di un allontanamento fisico, quanto di un distacco emotivo e interiore, o meglio di una indipendenza emotiva. Distacco emotivo non significa che non siamo più legati affettivamente ai nostri familiari, ma che abbiamo raggiunto l’individuazione, ovvero siamo diventati individui capaci di scegliere, decidere, vivere in base ai nostri desideri, gusti, progetti, inclinazioni, senza subire l’influenza della nostra famiglia di origine e senza dover necessariamente averne l’approvazione. Il processo che porta a questa posizione di libertà emotiva rispetto alla propria famiglia è detto in psicologia anche “svincolo” o “differenziazione”, per cui siamo in grado di vivere la nostra unicità, di pensare anche diversamente dai nostri genitori e di vederli come persone, come esseri umani con i loro limiti, di trattarli in una relazione matura da adulto ad adulto.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Questo distacco inizia nell’adolescenza e si completa nella prima età adulta, e generalmente coincide con l’uscita fisica dalla casa dei genitori, con un’indipendenza lavorativa ed economica e con l’avvio di relazioni affettive. Non sempre, tuttavia, il raggiungimento di un’indipendenza economica o l’andare a vivere altrove corrispondono a un distacco emotivo. Ci sono persone che si sposano, che hanno figli, che vivono a migliaia di km dai propri genitori, eppure sono ancora profondamente dipendenti da loro da un punto di vista emotivo.

Oggi il distacco è ostacolato da limitazioni oggettive, come la crisi economica e la disoccupazione, e ritardato dalla prolungata scolarizzazione. In questo articolo non ci occuperemo di questi aspetti, ma di quelli squisitamente psicologici che possono favorire o frenare il distacco emotivo dalla famiglia di origine.

I ragazzi e le ragazze che devono affrontare questo passaggio possono tendere a rimandarlo o evitarlo perché hanno paura di crescere o di assumersi delle responsabilità, oppure si trattengono dal fare scelte scolastiche o lavorative che temono possano deludere le aspettative dei genitori e restano bloccati in un limbo senza procedere. Possono anche sviluppare sintomi di disturbi psicologici di vario tipo che hanno la funzione di farli permanere nella famiglia d’origine e non consentono di allontanarsene. Una difficoltà nello svincolo si può manifestare con un disturbo d’ansia di separazione, caratterizzata da una paura eccessiva che accada qualcosa ai familiari, con il timore di perderli, con la difficoltà di staccarsi ad esempio per un viaggio, con sintomi somatici come mal di stomaco o palpitazioni nel momento della separazione.

Anche i genitori possono contribuire ad ostacolare lo svincolo trasmettendo al figlio il messaggio che deve restare lì, che loro ne hanno bisogno ad esempio come mediatore nei loro conflitti, oppure come sostituto del partner. Razionalmente incoraggiano il figlio a uscire dalla famiglia, ma a un livello più profondo lo richiamano indietro. Possono dipingere il mondo come pericoloso, passare al figlio il messaggio che non ce la farà, esibire i propri problemi per ricattarlo emotivamente affinché non si allontani.  Anche continuare a volere intervenire nelle decisioni e nelle scelte dei figli è un modo per ostacolare il distacco emotivo. Anche i figli possono fare altrettanto nei confronti di genitori o fratelli e sorelle.  Quando la famiglia è invischiata, ovvero i legami tra i membri sono così stretti che ognuno entra nei pensieri e nei sentimenti degli altri, il distacco emotivo dei figli è più difficile.

Uno svincolo non avvenuto, o avvenuto solo parzialmente, può creare difficoltà, ad esempio nella nuova coppia che andiamo a formare con un partner. Se non ci siamo svincolati emotivamente dai nostri genitori, è possibile che non rivolgiamo abbastanza energie  alla nostra nuova famiglia, che mettiamo il partner al secondo posto, che il nostro sguardo continui a volgersi indietro alla famiglia di origine. Può accadere che scegliamo un partner per soddisfare le aspettative dei nostri genitori, o al contrario per ribellarci ad esse, ma in ogni caso il partner non è visto, riconosciuto e amato per ciò che è.

I genitori possono aiutare i figli a realizzare questo necessario distacco, accettando i sentimenti che la separazione da essi comporta, e quindi tristezza, solitudine, vuoto, senso di abbandono, maggiore percezione del proprio invecchiamento, perdita della funzione genitoriale. Gli adolescenti iniziano a contrapporsi ai genitori, ad entrare in conflitto con loro per potersene distaccare. I genitori non devono spaventarsi di questa conflittualità ma riuscire a tollerarla, e allo stesso tempo trasmettere al figlio la fiducia nella sua capacità di diventare autonomo e la rassicurazione che loro potranno tollerare il dolore del distacco e sapranno riorganizzarsi. Questo fa sentire il figlio libero di andare per la sua strada senza sensi di colpa.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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