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La Befana è più giudicante di Babbo Natale, per questo più interessante: il suo significato educativo per i bambini

La tradizione della calza della Befana può essere un'occasione per aiutare i bambini a riflettere sul loro comportamento. Ecco le riflessioni della psicologa

Calze della befana (Adobe Stock)

È l’ultimo degli appuntamenti natalizi, l’ultima festa che chiude le vacanze e che di solito è vissuta un po’ in sordina rispetto al Natale e al Capodanno. La Befana non suscita le stessa trepidante attesa riservata a Babbo Natale: Babbo Natale è più generoso, porta in dono giocattoli e spesso ne porta più di uno, mentre la Befana si limita a portare dolciumi e, anzi, è previsto che possa pure decidere di portare solo carbone, in base a come ci si è comportati. Babbo Natale è più comprensivo, la Befana più giudicante. Babbo Natale è un paffuto signore dalle guance rosse e dall’aria rassicurante, la Befana è una vecchia stramba molto simile a una strega che vola su una misera scopa. Un personaggio quindi più complesso, quello della Befana, più ambiguo e ambivalente ma proprio per questo più interessante dal punto di vista psicologico ed educativo.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

L’aspetto giudicante della Befana è quello più disturbante sia per i bambini che per gli adulti, ma può avere una valenza positiva se usato come occasione per aiutare i bambini a riflettere sui comportamenti sbagliati, sui motivi che li hanno prodotti e su cosa fare per rimediare. Si usa dire “Se sei stato buono, la Befana ti porterà dei dolci”, o al contrario “Se sei stato cattivo…”, ma i termini “buono” e “cattivo” dovrebbero essere riferiti al comportamento sbagliato, e non al bambino, etichettandolo con un giudizio globale. Tutti possono commettere errori, non esistono né il “bambino buono” né “il bambino cattivo”, così come non esistono adulti solo buoni o solo cattivi. Lo scopo è piuttosto saper riconoscere i propri comportamenti sbagliati, imparare a chiedere scusa e fare qualcosa per rimediare.

L’opportunità di inserire il carbone, seppure dolce, nella calza, trova pareri discordanti anche tra gli esperti. Per alcuni si tratta di un gesto che demoralizza e avvilisce i bambini: seguendo il presupposto che se si comportano male è perché sono carenti di autostima, mettere un regalo poco gradito non farebbe che peggiorare la loro condizione psicologica, senza apportare alcun vantaggio. Secondo altri, se ben usata può invece essere una buona occasione educativa, tanto più in un periodo storico in cui si tende semmai ad essere troppo accondiscendenti verso i figli, a scusarli sempre a prescindere, a giustificarli e coprirli anche di fronte agli altri evitando che si assumano responsabilità proporzionali alla loro età.

Un tempo il carbone che si poteva trovare nella calza della Befana era vero carbone, oggi si tratta di carbone dolce, quindi alla fine si tratta di una “punizione” molto blanda o persino piacevole, ma può essere usato come strumento simbolico. Perché nella calza insieme ai dolci c’è anche del carbone? Ragionare insieme ai bambini con serenità sulle volte in cui si sono comportati male, su quali sentimenti li spingono a farlo, su come poter fare diversamente nelle prossime occasioni, rappresenta un utile esercizio, soprattutto perché fatto con calma e all’interno di una cornice, piuttosto che malamente e di fretta nel momento in cui il cattivo comportamento viene messo in atto e in cui frustrazione e rabbia possono portare a punizioni impulsive e dannose, come schiaffi e altre punizioni corporali. Ragionare con i bambini con calma sui loro comportamenti li aiuta a comprendere le conseguenze delle loro azioni sugli altri e a interiorizzare le regole.

Alcuni bambini possono essere spaventati dalla Befana e da altri personaggi. In particolare, la Befana può essere disturbante per il suo aspetto sgradevole e per il mistero che la circonda. Spiegare che si tratta di figure della tradizione che non esistono nella realtà può essere utile per rasserenarli. Ci sono pareri discordanti se sia un bene indurre i bambini a credere a figure irreali come come Babbo Natale, la Befana, la fatina del dentino, il classico lupo cattivo. Per alcuni esperti è bene assecondare il pensiero magico dei bambini, per altri è deleterio perché li confonde e mina la loro fiducia.

Occorre tenere presente che già a quattro anni un bambino ha una notevole capacità critica; vede che i regali si trovano nelle vetrine, o in TV, e intuisce che sono i genitori a portarli. Se l’adulto, in buona fede, porta avanti la favola dei regali della Befana, di Babbo Natale o di Gesù Bambino, pone in realtà il bambino di fronte a un conflitto: o resta della sua idea e va contro il genitore, o più probabilmente accetta la visione dell’adulto sacrificando la propria – corretta – percezione. Questo non aiuta l’intelligenza del bambino. Si potrebbe invece spiegare al bambino che la Befana o Babbo Natale sono figure mitiche come le fate o i giganti e che, anche se non esistono davvero, appartengono però al mondo dei nostri affetti e desideri. Si può portare avanti il rituale anche ammettendo che sono i genitori a portare i regali: ciò non toglie affatto eccitazione e gioia ai bambini. Allo stesso modo, le storie di fate, streghe e folletti, o il topolino che porta un soldino per il dente caduto, restano affascinanti e magnetiche per il bambino, anche quando sa che è “per finta”.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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