Benessere

Timidezza nei bambini, cosa fare per aiutarli a socializzare?

Scopriamo assieme alla psicoterapeuta Lucia Montesi i comportamenti che possono aiutare i i più piccoli ad accogliere e gestire questo tratto caratteriale

Immagine di repertorio

Nell’articolo precedente abbiamo visto i motivi per cui alcuni bambini si isolano, giocano da soli, non si uniscono al gruppo dei coetanei. Possono essere bambini che stanno bene da soli e che non hanno difficoltà a interagire con gli altri quando è necessario, o bambini timidi che esitano a rapportarsi agli altri anche se lo desiderano, o bambini con un disturbo d’ansia come la fobia sociale. Rimandando al prossimo articolo la trattazione più approfondita dell’ansia sociale, oggi vediamo quale comportamento è più opportuno adottare con i bambini timidi per aiutarli a interagire con gli altri.

La base imprescindibile da cui partire, è l’accettazione della timidezza. Essere più timidi o più spavaldi dipende solo in parte dalla volontà, in quanto è un tratto temperamentale innato con prevalente componente genetica. Possiamo semmai offrire al bambino degli strumenti per gestire la sua timidezza e far sì che non lo ostacoli in ciò che desidera fare.

Trasmettergli l’idea che è sbagliato essere timidi lo renderà solo più insicuro, spingendolo a chiudersi ancora di più in sé stesso. Molti genitori vivono con frustrazione la timidezza dei propri figli, li vorrebbero più sicuri di sé, di fronte ai commenti di altri si sentono in dovere di “scusarsi” per il comportamento del figlio, dicendo “Fa così perché è timido”. Definirlo “timido” con questa accezione negativa, in presenza del bambino, rischia di affibbiare un’etichetta che può farlo sentire diverso e inadeguato. Meglio allora dire “Si prende il suo tempo per mettersi a suo agio”, o “È riservato”, senza mostrare preoccupazione.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Per incoraggiare il bambino timido a stare con gli altri, occorre gradualità: dare tempo, prepararsi in anticipo alle occasioni sociali, partire dalle situazioni più semplici per aiutarlo ad abituarsi gradualmente. Si può cominciare invitando un solo amichetto preferito in casa, ambiente dove il bambino si trova a suo agio. L’ideale è che tutto sia deciso insieme: chi invitare, cosa fare, quali giochi proporre, come comportarsi in caso di litigi.

All’inizio può essere utile che il genitore resti insieme ai bambini per facilitare l’interazione e per offrire al figlio un modello di comportamento, ma l’obiettivo è di diminuire sempre più la propria presenza per lasciarli da soli, senza intervenire neanche nei momenti di tensione o conflitto. Solo quando il bambino si sente a suo agio con un amichetto, è opportuno invitarne gradualmente altri e infine incoraggiarlo ad unirsi a un gruppo. Proporre subito il gruppo è una richiesta eccessiva perché entrare in un gruppo già formato richiede abilità sociali più complesse di fronte alle quali un bambino timido può sentirsi scoraggiato.

Un modo per favorire l’approccio al gruppo è scegliere con il bambino qualche attività extrascolastica in cui ci siamo altri bambini. Molti genitori mi chiedono quale sia l’attività migliore in questi casi. Non esiste l’attività migliore in assoluto, l’importante è partire da un interesse del bambino, una sua passione – qualunque essa sia – e fare in modo che possa essere praticata in gruppo.

Prepararsi insieme al bambino alle occasioni sociali è un altro modo per aiutare il bambino timido: cosa dire a un bambino al parco per proporgli di giocare insieme? Cosa fare quando si va in visita a casa di altre persone? Che parole usare per chiedere ai compagni di classe di unirsi al loro gioco? Può essere molto utile fare delle vere simulate, immaginando la situazione ed esercitandosi a gestirla, dopo aver ascoltato attentamente ciò che mette a disagio il bambino, ciò che lo preoccupa, senza giudicare né minimizzare, ma cercando di mettersi nei suoi panni.

Dire a un bambino timido di non essere timido è la manovra in assoluto più controproducente ed è purtroppo quella più frequente, non di rado accompagnata da una certa impazienza e frustrazione. Forzare un bambino timido e sottolineare l’inadeguatezza del suo comportamento avranno il solo risultato di peggiorare il suo disagio. Fare confronti con fratelli o compagni più estroversi lo farà sentire solo più incompreso e arrabbiato. Piuttosto, è utile apprezzare i suoi sforzi, i piccoli passi, sottolineandone  l’aspetto positivo ma in modo discreto, senza caricarli di una importanza eccessiva che farebbe sentire il  bambino sotto pressione, come se potesse essere pienamente accettato e amato solo cambiando il suo modo di essere.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Consulenza anche via Skype
Tel. 339.5428950