Benessere

Bambini nati prematuri: in sospeso tra paura e speranza

La nascita prematura è un evento altamente stressante che può interferire con la delicata costruzione della relazione genitori-figli. L’analisi della psicoterapeuta Lucia Montesi

Foto Adobestock

Ogni anno nascono in Italia oltre 30.000 bambini prematuri. Con nascita prematura o pretermine si indica la nascita che avviene prima della 37esima settimana di gestazione. Si parla di prematurità lieve tra le 35 e 37 settimane, moderata tra le 32 e 34, grave prima delle 31 settimane. I neonati pretermine non hanno avuto il tempo di sviluppare completamente tutti gli organi e possono presentare problemi di salute a breve e lungo termine. Gli effetti possono essere maggiori e più frequenti al diminuire dell’età gestazionale ma i percorsi di sviluppo e di salute sono estremamente variabili e individuali. Anche se attualmente la maggior parte dei piccoli prematuri va incontro successivamente a una vita normale, l’esperienza della nascita prematura costituisce comunque un evento altamente stressante e traumatico per i genitori. In queste circostanze, la nascita diventa un momento critico e in alcuni casi purtroppo luttuoso, con l’improvviso e traumatico passaggio da un’esperienza immaginata come gioiosa a un evento angosciante che coglie impreparati e increduli.

Una brusca preparazione

Il piccolo prematuro ha bisogno di continuare il proprio sviluppo fuori dal ventre materno, nei reparti di terapia intensiva neonatale (TIN). Il neonato subisce pertanto una brusca e precoce separazione dalla madre, viene messo in incubatrice, può essere intubato e alimentato per via parenterale ed è sottoposto ogni giorno a interventi diagnostici e terapeutici a volte invasivi. Qui il tempo resta sospeso, si dilata tra paura della morte e speranza della vita.
Il distacco forzato tra genitori e bambino, la necessità di delegarne l’accudimento al personale ospedaliero, impongono una dolorosa separazione proprio nel momento in cui il contatto cutaneo normalmente permette di avviare un rapporto intimo tra genitore e figlio. Il primo incontro con il proprio figlio avviene invece in condizioni svantaggiate, adombrato dal costante rischio della morte e della perdita del bambino. Il tasso di mortalità è in Italia basso, ma purtroppo non azzerato e raggiunge l’8-12% nella grave prematurità. In questa precaria condizione, può essere difficile per i genitori instaurare una relazione di attaccamento, per il continuo oscillare tra speranza, consapevolezza del rischio di morte, paura di illudersi, bisogno di prepararsi alla perdita e conseguente ritiro nei confronti del figlio. Per proteggere la mente dall’angoscia, si attivano infatti i meccanismi di difesa del distanziamento affettivo e dell’anticipazione del lutto.

Genitori prematuri

Non è solo il bambino a non essere ancora pronto, ma anche i genitori non lo sono: diventano genitori quando non si è ancora completata la gestazione non solo fisica ma anche psicologica, passando bruscamente dalla condizione di attesa alla nascita improvvisa. Si parla non a caso di “famiglia prematura”, perché sia il piccolo che i genitori sono catapultati troppo precocemente in una realtà molto diversa da quella fantasticata. Nella prematurità, il bambino reale è molto diverso da quello immaginato: è fragile, di aspetto poco gradevole, non c’è la possibilità di accudirlo come avviene normalmente con un neonato. Nella prematurità grave, la madre non ha ancora avuto neanche il tempo di percepire il bambino come un essere separato da sé e il parto è vissuto come uno strappo.
I genitori, confusi e disorientati, si trovano all’improvviso a riorganizzare la propria vita intorno alle necessità del figlio in un ambiente non familiare e con forti fattori stressanti. L’attenzione è tutta sulla sua crescita, sul peso, sul rischio di crisi respiratorie e cardiocircolatorie.

Paura e senso di colpa

Nei genitori sono comuni angoscia di morte, tristezza, rabbia, insicurezza, frustrazione, delusione, senso di impotenza, paura per eventuali disabilità. Possono sentirsi incapaci, inutili, colpevoli di non aver saputo proteggere il figlio. Possono sentirsi genitori a metà, impossibilitati a svolgere pienamente il proprio ruolo con il figlio, la cui cura è invece medicalizzata e necessariamente affidata agli operatori sanitari e a strumenti come l’incubatrice. Depressione post-partum (32-50%), disturbi d’ansia (30%) e disturbo Post Traumatico da Stress (10%) sono più frequenti nelle madri di neonati prematuri. Anche quando la fase critica è superata e il bambino cresce sano, i genitori possono rimanere intrappolati nella “sindrome della prematurità” del figlio: consiste nel rimanere bloccati in una rappresentazione del figlio come fragile, in pericolo e bisognoso di cura e protezione, e conseguentemente nell’essere iperprotettivi e ostacolare la sua autonomizzazione, anche quando non c’è più necessità di protezione e aiuto.

I rischi per neonati pretermine

I neonati estremamente prematuri hanno un maggior rischio di complicanze e disabilità e possono andare incontro a diverse condizioni tra cui paralisi cerebrale, epilessia, asma, disturbi dello spettro autistico, compromissioni cognitive. I neonati prematuri sono meno adattabili, più irritabili e distraibili. Possono manifestare lievi ritardi del linguaggio, della coordinazione motoria, dell’apprendimento, deficit di attenzione e maggior incidenza di ADSHD (Disturbo da deficit di attenzione e iperattività), deficit di concentrazione sul gioco o su altre attività, ritardo nel raggiungimento dell’autonomia personale. Alcune difficoltà rientrano con il tempo mentre altre persistono. Da adulti, i nati prematuri hanno maggiori probabilità di soffrire di ansia e depressione per motivi neurobiologici, ormonali, sociali o psicologici. D’altra parte, i nati prematuri manifestano da adulti minori comportamenti antisociali (aggressività, disobbedienza alle regole, distruzione, furti) rispetto ai nati a termine.

Sostenere la relazione genitori-bambino

Fattori protettivi che attenuano l’impatto della nascita prematura sui genitori sono la condivisione sociale e il confronto con altri genitori che hanno vissuto la stessa esperienza, il supporto sociale, la possibilità di avere informazioni, ma soprattutto il sentirsi parte integrante e attiva dell’accudimento e della cura del proprio bambino. A tal fine, le TIN devono essere organizzate in modo da tutelare e favorire al massimo la relazione genitori-figlio. L’allattamento al seno, ad esempio, è benefico non solo per i vantaggi che il latte materno comporta in termini di salute, ma anche perché aiuta la mamma a percepirsi capace, attiva, coinvolta. Allo stesso modo, l’apertura delle TIN ai genitori senza limiti di tempo favorisce la salute psicofisica sia del neonato che dei genitori. Il contatto pelle a pelle con la marsupio-terapia, il contatto con il corpo del figlio in incubatrice, parlare al proprio bambino, chiamarlo per nome, osservarlo in incubatrice, devono essere incoraggiati perché, oltre a promuovere il benessere dei piccoli, rafforzano nei genitori fiducia, padronanza e autostima e favoriscono una relazione profonda e intima tra genitori e figlio, riparando quello strappo che la nascita prematura ha provocato.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Consulenza, sostegno e psicoterapia online tramite videochiamata
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