Benessere

Gli aspetti oscuri della generosità: la riflessione della psicologa

Dietro la generosità possono celarsi diverse motivazioni, non tutte "nobili" ma umane e in qualche misura presenti in ciascuno di noi. Parla la psicoterapeuta Lucia Montesi

generosità, altruismo, mani
Foto di Luisella Planeta Leoni da Pixabay

“Generosità: nobiltà d’animo che comporta il sacrificio dell’interesse o della soddisfazione personale di fronte al bene altrui”. La definizione di generosità che troviamo nel dizionario e che comunemente tutti utilizziamo ha un carattere marcatamente positivo, quasi eroico. Consideriamo la generosità una caratteristica assolutamente positiva e desiderabile, meritevole di approvazione e ammirazione,  una di quelle qualità che “più ce n’è, meglio è”.
In psicologia le caratteristiche umane sono viste però da una prospettiva diversa, spogliate dalla loro connotazione morale e analizzate in termini di bisogni e di dinamiche relazionali, risultando sempre più complesse, sfaccettate, con aspetti di luce e ombra, o, riprendendo la definizione iniziale del dizionario, aspetti più nobili o meno nobili. Lo stesso accade per la generosità, se considerata nei termini della psicologia.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Essere generosi significa offrire beni materiali o altro tipo di aiuto senza aspettarsi una reciprocità, ovvero senza volere nulla in cambio. Si tratta di una condotta prosociale che ha lo scopo di migliorare il benessere di altre persone. Alla base della generosità c’è una capacità di provare empatia, di metterci nei panni dell’altro, nei suoi pensieri e nelle sue emozioni: ci attiviamo quindi per alleviare il suo malessere, ma anche quel malessere che fa risuonare in noi quando ci immedesimiamo. Quindi, con il gesto generoso, facciamo stare meglio anche noi stessi.

La generosità è per sua definizione disinteressata, ma in psicologia nulla è disinteressato, nel senso che ogni nostro comportamento produce un effetto e in questo effetto, anche inconsapevolmente, può risiedere una qualche forma di ricompensa o di contropartita. Ad esempio, se essere generosi ci fa sentire bene perché sentiamo di aver compiuto una buona azione, quel senso di gratificazione o di essere in pace con noi stessi è appunto ciò che riceviamo in cambio del nostro piccolo o grande sacrificio.

Essere generosi con gli altri può essere il carburante della nostra autostima o un vero pilastro su cui costruiamo la nostra identità. Possiamo trovare nell’essere generosi il senso della nostra vita e della nostra autorealizzazione, tanto da avere poi difficoltà a fermarci e a porci dei limiti perché rischieremmo di perdere un ruolo fondamentale o addirittura di mettere  in crisi l’identità stessa. Possiamo essere generosi ma poi sentirci delusi o arrabbiati se non vediamo riconosciuto il nostro gesto e se non riceviamo un ringraziamento; senza rendercene pienamente conto, stiamo usando l’aiutare gli altri per ottenere approvazione e stima o per sentirci utili, importanti o indispensabili.

Può accadere anche che in virtù della nostra generosità e dei sacrifici fatti per un altro, ci sentiamo in diritto di intervenire nella sua vita, autorizzati ad avere un potere decisionale. Se siamo molto generosi, possiamo creare nella persona che aiutiamo  una condizione di sudditanza, di debito, di dipendenza che costituisce una forma di manipolazione, anche se tutto avviene in modo in gran parte inconsapevole.

Anche nell’essere generosi occorre una giusta misura. L’eccesso può essere inopportuno e infastidire chi riceve sia perché può sentirsi a disagio e manipolato, sia perché il gesto generoso fatto a tutti i costi a volte rispecchia più i bisogni di chi lo compie che i bisogni di chi lo dovrebbe ricevere. A volte, ad esempio, aiutiamo nel modo che è giusto per noi ma non è adatto a chi riceve, oppure continuiamo ad aiutare anche chi non ha più bisogno di aiuto. La giusta misura serve a preservare anche energie e usarle al meglio. Essere generosi non significa essere sempre disponibili, non dire mai di no, col rischio di esaurirci all’improvviso, ma calibrare il tempo per gli altri e quello per noi, tenere insieme gli interessi degli altri con i nostri, anche perché, altrimenti, non avremmo modo per recuperare energie, ricaricarci ed essere davvero di aiuto quando serve.

Possiamo usare la generosità per evitare un giudizio negativo, un rifiuto, per avere un credito da sfruttare in futuro in cambio di altro, per lavare la coscienza da un senso di colpa, per essere nella posizione di non dover dire “grazie” a qualcuno, per diventare il riferimento di qualcuno e legarlo a noi, per lasciare un ricordo di noi e non essere dimenticati. Non dobbiamo avere paura di capire cosa muove la nostra generosità. Tutti abbiamo uno o più di questi motivi dietro i nostri gesti e non dobbiamo pensare che allora l’aiuto che offriamo sia meno nobile e perda valore. Piuttosto, essere consapevoli che in quanto esseri umani funzioniamo in questo modo e che l’ambivalenza e la complessità dei nostri sentimenti e delle nostre motivazioni sono inevitabili, rende anche la nostra generosità più matura.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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