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Ansia da interrogazione a scuola, come affrontarla

La paura di esami e verifiche può bloccare i ragazzi e compromettere l'esito della prova, anche quando hanno studiato. Con l'aiuto della psicoterapeuta Lucia Montesi analizziamo gli accorgimenti per superarla e acquisire più sicurezza

La voce si blocca in gola, il cuore batte più forte, lo stomaco si annoda e la mente si annebbia: all’improvviso, tutte le nozioni studiate la sera prima scompaiono, e di fronte alla domanda dell’insegnante, solo il vuoto: si tratta di ansia da interrogazione, che riguarda molti bambini e ragazzi. Magari hanno studiato tanto, sono preparati, sono persino andati a ripetizione per essere pronti, ma nel momento dell’interrogazione o della verifica scritta, l’ansia vanifica tutto lo sforzo fatto.

Cosa genera l’ansia della verifica? Può essere il timore di un brutto voto, di deludere le aspettative dei genitori, o il pensiero di non sapere tutto, o invece l’idea di parlare in pubblico, o di fare brutta figura davanti ai compagni, o la competizione con gli altri, o il volersi mettere alla prova per dimostrare il proprio valore. A volte l’ansia si manifesta già prima a casa, durante lo studio, e influenza negativamente la preparazione.

Alcuni accorgimenti possono attenuare l’ansia da interrogazione e da verifica:

  • Avere un metodo di studio che preveda una suddivisione dei tempi di studio e ripasso, l’organizzazione dello studio su più giornate, l’uso di mappe concettuali, permette di non sprecare energie inutili, di non accumulare troppo materiale da studiare all’ultimo minuto con la sensazione di acqua alla gola e conseguente maggiore ansia. Il ripasso dell’ultimo minuto, subito prima dell’interrogazione, è da evitare perché non fa che aumentare dubbi e insicurezze.
  • Per chi ha difficoltà a esprimersi in pubblico, è utile abituarsi a ripetere l’argomento ad alta voce più volte, magari davanti allo specchio o ad altre persone.
  • Imparare a memoria non è di per sé un modo produttivo di studiare, ma lo è ancora meno per chi soffre di ansia da interrogazione, perché il vuoto di memoria è la prima conseguenza dello stato di agitazione e il rischio di trovarsi ad annaspare nella mente improvvisamente vuota in cerca di un appiglio è elevato. Molto meglio abituarsi a ragionare sugli argomenti di studio, a creare collegamenti con altri concetti, associandoli ad immagini o altri riferimenti anche della propria vita personale, per rendere il materiale di studio meno neutro e asettico, più vivido e significativo, cosa che ne facilita la memorizzazione e il recupero anche in condizioni di stress emotivo.
  • Capire gli argomenti che l’insegnante preferisce, esercitarsi sulle domande presenti alla fine dei capitoli, fare attenzione alle domande fatte nelle altre interrogazioni, permette di rendere più prevedibile le richieste e fa sentire più sicuri.
  • Nel momento dell’interrogazione, isolarsi mentalmente come se non ci fosse nessuno intorno permette di distogliere l’attenzione dall’insegnante o dai compagni di cui si teme il giudizio. Un’altra strategia utile a sentirsi meno intimoriti da insegnanti e compagni, è immaginarli in pose buffe che li rendano divertenti o comunque meno spaventosi. Nel film “La terapia Roosevelt”, ad esempio, il protagonista, un giornalista che non riusciva a intervistare personaggi famosi perché intimorito e in soggezione, riusciva a superare la sua ansia da prestazione immaginandoli seduti sul…water.
  • Per alcuni è utile ripetere a sé stessi, come in un dialogo interiore, frasi rassicuranti formulate in positivo: «Ho studiato, quindi non devo preoccuparmi», «Riuscirò anche stavolta, come sono riuscito in passato», «Sono capace».
La psicoterapeuta Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Tuttavia, il nucleo fondamentale dell’ansia da interrogazione risiede molto spesso in aspettative troppe elevate verso sé stessi, una tendenza al perfezionismo, una difficoltà a tollerare l’errore, la paura di deludere aspettative proprie o altrui. Tutti i suggerimenti elencati prima, in quanto finalizzati a migliorare la prestazione, possono rischiare di rinforzare ancora di più il problema, se non cambia l’atteggiamento di fondo di eccessiva pretesa verso sé stessi.

L’ansia da prestazione di fronte a un’interrogazione, un esame o altre prove, si attenua o scompare se impariamo ad accettare la possibilità dell’errore, che si tratti di non saper rispondere a una domanda dell’insegnante, o dell’eventualità di fare una brutta figura. Fallire in una verifica non significa non valere come persona. Invece spesso questi ragazzi pensano «Non posso prendere un 4, significherebbe che sono uno schifo!», e questa pressione interna produce ansia che finisce per compromettere davvero il risultato. Cercano di mantenere uno standard di perfezione per essere valutati positivamente come persone e di fronte a un insuccesso si sentono incapaci, attivando un circolo vizioso di ansia da prestazione, alimentata da pensieri catastrofici e del tipo «tutto o nulla». Questi ragazzi vanno aiutati invece a sdrammatizzare, a distinguere il giudizio negativo sulla prestazione dal giudizio su di sé come persona, ad accettare il rischio, l’errore e l’imperfezione, ricordando che non si studia per prendere un bel voto, ma per imparare cose nuove.

Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta

Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Consulenza anche via Skype
Tel. 339.5428950

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