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Vizio formale, continua la guerra politica a Osimo

Non si è chiusa ancora la battaglia tra maggioranza e opposizione su quel vizio formale di convocazione di cinque consiglieri delle Liste civiche al Consiglio comunale per il bilancio. La replica arriva dall'ex sindaco Dino Latini

Il consiglio osimano con Il banco dell'opposizione

OSIMO – «Non dovremmo disturbare il Pd di Osimo che commette con i suoi amministratori vizi di forma e di sostanza, come quello di aver proseguito il Consiglio Comunale di bilancio nonostante l’evidente vizio di convocazione, con la sicumera di non aver sbagliato. Abbiamo evidenziato uno tra i tanti vizi commessi a chi del vuoto formalismo come la questione pregiudiziale ne fa la bandiera per evitare il confronto in Consiglio e celare la propria incapacità».

La guerra politica a Osimo continua. Il consigliere delle Liste civiche Dino Latini replica a sindaco e maggioranza Pd, dopo che il gruppo di opposizione ha rilevato un vizio sull’avviso di convocazione per il Consiglio comunale del 5 scorso, non notificato a cinque di loro, dicono i “civici”, con messo o telegramma come previsto dall’articolo 16 del regolamento. «Per il rispetto della forma da parte dei paladini del formalismo, siamo tacciati di bloccare chissà quale opera, come se fosse regolare e necessario avallare sempre atti amministrativi illegittimi», continua Latini. «E’ un’imboscata», aveva detto il sindaco che con gli assessori e i suoi consiglieri la pensa diversamente ma per non compromettere l’azione amministrativa, ha aggiunto, proprio l’altro ieri ha riconvocato il Consiglio sul bilancio a domenica 23 alle 9.

«Osimo non può andare avanti così, va commissariato – aggiunge il consigliere del Gruppo Misto all’opposizione Maria Grazia Mariani che ha informato il Prefetto -. Non è un episodio singolo ma il regolare modus operandi della maggioranza che governa la città. Per la fretta di assumere decisioni ha più volte costretto il Consiglio a dover annullare atti adottati dallo stesso consesso per poi rideliberarli. La città non può diventare lo zimbello marchigiano».

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