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Lo “Spacca-testa” dilaga sul web, l’appello degli esperti: «Parlarne con i ragazzi e sensibilizzare i docenti»

Il pericolosissimo scherzo consiste nel fare lo sgambetto alla ignara vittima, mentre salta in aria, in modo da provocarne la caduta. Ma il volo all'indietro può avere conseguenze anche fatali

ANCONA – «Occorre informare i genitori anche dei bambini più piccoli e sensibilizzare i docenti». Interviene così Francesca Mancia, psicoterapeuta dell’età evolutiva, sulla nuova sfida tra ragazzini che sta dilagando sul web: lo “Spacca-testa” o “Rompecraneos”, come lo chiamano nei Paesi dell’America Latina da dove è partito.

In pratica la vittima di questo assurdo e discutibile “scherzo” viene fatta saltare in mezzo alle due persone che poi le tenderanno la trappola: appena dopo il salto, infatti, i due compagni che stanno di lato fanno uno sgambetto e la vittima perde rovinosamente l’equilibrio finendo a terra.

Nell’impatto inaspettato con il suolo, cade all’indietro battendo la schiena e, nella peggiore delle ipotesi, la parte posteriore della testa, con il rischio di riportare un grave trauma dalle conseguenze molto pericolose. Come se non bastasse già, la scena viene ripresa con il telefonino e divulgata sui social, dove, manco a dirlo, è diventata virale.
Un fenomeno da stoppare sul nascere, anche se non è chiaro quale sia la sua diffusione. Ciò che è certo è che attraverso i social e il web raggiunge tutti con il rischio di creare fenomeni emulatori.

Per questo gli esperti pongono l’accento sulla necessità di intervenire subito. «Occorre sensibilizzare i docenti ad esplorare non tanto il gesto in sé ma tutta una gamma di azioni di bullismo e maltrattamento reciproco – spiega la dottoressa Francesca Mancia – . I genitori dovrebbero ampliare la riflessione sul concetto di derisione tramite azione violenta e pericolosa, mentre i video andrebbero segnalati alle autorità per gli opportuni provvedimenti, anche perché oltretutto i ragazzi sono visibili e vanno segnalati».

Insomma, meglio non lasciar passare sotto traccia. «La frequenza di azioni di derisione e di bullismo che viene minimizzato è in aumento – prosegue – . Il criterio interno di sensibilità al danno provocato con azioni pericolose e buffe è scarno e va incrementato il livello di consapevolezza del minore verso la previsione del pericolo. Ridere di questi frangenti significa minimizzare la responsabilità verso l’incolumità altrui. In un contesto sociale ed ambientale ricco di stimoli pervenuti via web, il rischio di emulare un pericolosissimo atto posto in un frangente che attrae gli interessi dei ragazzi è alto, poiché il like posto fornisce la valorizzazione da parte dei ragazzi e dei bambini».

Parla di proseguimento di comportamenti irresponsabili da parte di alcuni ragazzi di oggi la pedagogista ed ex preside Annunziata Brandoni, autrice di libri sul bullismo. «Comportamenti molto rischiosi come il parkour o attraversare strade molto trafficate con un sacchetto di plastica in testa, o fare selfie sui binari o in altri luoghi pericolosi».

Ma perché lo fanno? «Non si rendono conto, sono ragazzi che vivono “hic et nunc”, qui e ora, non riescono a proiettarsi nel futuro e quindi non riescono a pensare alle conseguenze delle proprie azioni – spiega Annunziata Brandoni – . Vorrei dire loro cosa è capitato a me 10 anni fa: sono caduta da una seggiola che aveva perso improvvisamente una gamba. Sono caduta all’indietro e per poco non sbattevo la testa, con il camino poco distante. Mi sono rotta tre vertebre e da quella volta la mia vita è cambiata, non posso più camminare come prima e ho una invalidità dell’80%: ho bisogno di aiuto quando mi cade qualcosa a terra e quando devo vestirmi, inoltre non posso più fare sforzi».

«Mi è andata  bene – spiega – che non ho sbattuto la testa, altrimenti sarei morta lì. I  ragazzi dovrebbero pensare che facendo quello scherzo volano all’indietro e sbattono la schiena e gli può succedere la stessa cosa che è successa a me, anzi è molto probabile che succeda, perché se preso all’improvviso il ragazzino o la ragazzina non si rende conto».
E conclude: «Bisogna diffondere la notizia e chiedere alle famiglie di parlare con ragazzi, ma anche la scuola è importante, i docenti ne parlino con gli studenti».

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