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Il sindaco di Fano sulle risorse destinate ai soli capoluoghi: «Ingiustizia intollerabile»

Seri punta il dito sulla disparità di trattamento che rappresenterebbe un freno allo sviluppo e alla crescita: «È arrivato il momento di mettere mano in maniera strutturale ed equa ad una riforma degli strumenti finanziari»

Massimo Seri
Massimo Seri

FANO – Urge una riforma dei criteri utilizzati dallo Stato per redistribuire le risorse pubbliche fra i vari enti locali. A farsi paladino e portavoce di questa urgenza è il primo cittadino di Fano Massimo Seri: «È intollerabile che un numero cospicuo di risorse arrivi esclusivamente alle città capoluogo, tagliando fuori le cosiddette città medie che sono il fulcro e il cuore pulsante dell’Italia».

Il nodo della discordia evidenziato dal primo cittadino di Fano è proprio la disparità di trattamento tra amministrazioni che rappresenta un freno allo sviluppo e alla crescita di numerose realtà sociali e territoriali italiane.

La chiave di volta su cui il sindaco posiziona la sua offensiva risiede nel percorso storico che ha coinvolto gli enti locali usciti impoveriti nell’ultima decade: «Negli ultimi 10 anni i gli enti locali sono stati al centro di significative sollecitazioni. I diversi interventi di riordino degli enti territoriali, parziali e frammentati, sono stati accompagnati da una drastica riduzione delle risorse e dai vincoli stringenti derivanti dal Patto di Stabilità interno. Il taglio dei trasferimenti statali e la profonda incertezza sia sul fronte delle regole che delle possibilità di alimentazione della spesa locale hanno bloccato la programmazione di investimenti di numerosi enti locali. Questa situazione ha provocato anche distorsioni a livello amministrativo determinando un diverso equilibrio del sistema organizzativo territoriale, con uno sbilanciamento a vantaggio solo dei comuni capoluogo».

Seri tira in causa addirittura la Costituzione: «La gran parte di questi interventi finanziari dello stato a supporto degli enti territoriali, previsti dall’art. 119 della Costituzione, sono stati incanalati dai governi esclusivamente a progetti di comuni capoluogo e città metropolitane. In questo modo queste realtà hanno potuto beneficiare di centinaia di milioni di euro all’anno per finanziare progetti nei settori dell’inclusione sociale, dell’animazione culturale, della lotta alla dispersione scolastica, della riqualificazione urbana, della rigenerazione e messa in sicurezza delle periferie, della valorizzazione identitaria del tessuto produttivo, culturale e sociale».

Seri poi tocca il punto dolente di questo scompenso che ha provato un limite allo sviluppo territoriale locale: «L’erogazione di risorse pubbliche a favore esclusivo dei comuni capoluogo genera una oggettiva disparità di trattamento e di opportunità tra amministrazioni e territori, tanto da diventare paradossale in quei numerosi casi dove comuni che non sono capoluogo, hanno una popolazione ed una estensione territoriale superiore a quella della città capoluogo. Questa ingiustizia oggi è intollerabile. I comuni sono infatti i soggetti pubblici che più di tutti possono accelerare questo percorso di crescita e tra tutti i comuni chiamati in causa, quelli che possono svolgere un ruolo determinante sono proprio i comuni di medie dimensioni».

Quello che chiede con chiarezza Seri è la demarcazione di nuove regole e modalità per l’assegnazione delle risorse pubbliche. «È arrivato il momento di mettere mano in maniera strutturale ed equa ad una riforma degli strumenti finanziari destinati agli enti territoriali, stabilendo nuove modalità di accesso che regolino questi strumenti. Mi farò promotore nelle diverse sedi di una loro riforma, poiché l’equità e lo sviluppo del territorio incarnano delle priorità non più derogabili. Confido nel sostegno e nell’adesione a questa battaglia di tutti i sindaci delle città non capoluogo che quotidianamente si trovano ad affrontare questo oggettivo svantaggio».

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