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50 anni dallo sbarco sulla Luna, intervista a Eugenio Coccia: «Il futuro è Marte»

Il fisico di fama internazionale ci spiega l'importanza del satellite per il pianeta Terra e il significato della sua conquista per l'umanità

ANCONA – Era il 20 luglio 1969 quando i primi uomini sbarcarono sulla Luna. Solo due dei tre astronauti dell’Apollo 11 misero piede sul suolo lunare: prima Neil Armstrong, poi Buzz Aldrin. Il terzo Michael Collins, pilota del modulo, rimase in orbita. La frase di Armstrong resterà nella storia: «Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità». Il futuro era stato conquistato. Lo sbarco sulla Luna fu il risultato di una corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. Oggi, a cinquanta anni da quell’incredibile traguardo, il futuro si chiama Marte.
Il Prof. Eugenio Coccia, fisico di fama internazionale nato a San Benedetto del Tronto, già direttore dei laboratori Infn del Gran Sasso, fondatore e rettore della Scuola Universitaria Superiore Gran Sasso Science Institute de L’Aquila, spiega l’importanza di questo satellite per il pianeta Terra e il significato della sua conquista per l’umanità.

Eugenio Coccia
Eugenio Coccia

Prof. Coccia, che cosa rappresenta la conquista della Luna per gli addetti ai lavori?
«Un addetto ai lavori non può fare a meno del suo lato umano, sentimentale ed emotivo legato all’evento. Per quanto si possano avere competenze teoriche e scientifiche, la conquista della Luna rimane la realizzazione di un sogno. Tutti fin da bambini abbiamo visto rappresentato questo astro d’argento accompagnato da miti, fiabe. Questo traguardo colpisce  tutti indipendentemente dalle attività che facciamo. È la consapevolezza che l’uomo può fare cose straordinarie: volare dalla Terra alla Luna e passeggiare su quel suolo. Questa impresa onora il genere umano. C’è poi un aspetto più scientifico inerente la mia professione di fisico: la coscienza che l’uomo colonizzerà altri mondi; dobbiamo imparare ad andare fuori dalla Terra. Il futuro remoto dell’umanità è nello spazio: la Luna, Marte, un’astronave città che possa viaggiare negli spazi infiniti e fare altre scoperte».

Che ricordi ha dello sbarco sulla Luna?
«Allora avevo 12 anni, vidi quell’impresa straordinaria in diretta tv, all’epoca in bianco e nero. Pensai a cosa l’uomo era stato in grado di fare».

Cinquant’anni fa la Luna rappresentava il futuro, oggi in che direzione si sta andando?
«Nel futuro remoto ci sono programmi per andare su Marte che potrebbe essere colonizzato. Continueranno le esplorazioni spaziali, nei pianeti extrasolari potrebbero esserci forme di vita che non sappiamo. Il nostro futuro immediato invece è quello di rendere la Terra un pianeta sostenibile. Dobbiamo averne cura tenendo conto del cambiamento climatico. Per quanto cerchiamo altre forme di vita intorno a noi, nel nostro sistema solare la Terra è un posto unico: è alla giusta distanza dal Sole, ha l’acqua, l’atmosfera protegge gli organismi viventi. È casa».

Come fare per appassionare i giovani alla Luna?
«Raccontargli quanto la Luna sia legata alla Terra, possiamo definirla una sorella. Questo satellite così grande ha un effetto di stabilizzazione nel moto di rotazione del nostro pianeta. Le maree che la Luna ci impone sono state fondamentali per far uscire la vita dall’acqua e farla arrivare sulla terra. La vita sul nostro pianeta è legata alla Luna».

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