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Rischio escalation internazionali, Carboni di Univpm: «Possibili nuove spinte inflattive. Il warfare può schiacciare il welfare»

Ne parliamo con il professor Carlo Carboni docente di Sociologia economica presso la Facoltà di Economia “Giorgio Fuà” dell'Università Politecnica delle Marche

Bambino che piange tra le rovine (foto Adobe Stock)

ANCONA – L’escalation di tensioni geopolitiche registrata negli ultimi giorni, con nuovi e potenti attacchi in Ucraina, l’attentato di venerdì sera al Crocus Hall di Mosca (rivendicato dall’Isis) e un missile russo che ha violato lo spazio aereo della Polonia (ieri), sono episodi che fanno temere il rischio di ulteriori «drammatici venti di guerra». Ne parliamo con il professor Carlo Carboni docente di Sociologia economica presso la Facoltà di Economia “Giorgio Fuà” dell’Università Politecnica delle Marche.

La situazione geopolitica internazionale è sempre più in primo piano, scossa anche dalla crisi in Medio Oriente. «È in atto un peggioramento – spiega il professor Carboni – e assistiamo ad una corsa agli armamenti che significa anche un intervento dello Stato a favore dell’acquisizione di tecnologie militari e armi». Se l’escalation dovesse aggravarsi, oltre alle vittime e alla crisi umanitaria che si porta dietro ogni conflitto, c’è anche un impatto economico che coinvolge i Paesi in economia di guerra e quelli europei, afflitti da una catena di rincari.

«La questione russa, ma anche quella in Medio Oriente ‘bollivano’ da decenni – osserva – e se l’escalation non dovesse arrestarsi è chiaro che il warfare (guerra) finirà per schiacciare il welfare. Steve Bannon, uno dei consiglieri di Trump, vedendo il contesto geopolitico internazionale  ha detto che gli europei dovrebbero pensare meno alla sanità e alle scuole e di più ad investitre in armi. Una delle prime conseguenze dell’escalation dei venti di guerra è proprio questa, dover razionare la spesa pubblica».

Ma la guerra comporta anche una «minaccia inflattiva che, in un momento in cui le economie occidentali sono poco brillanti, comporterebbe un rischio di recessione». Le esportazioni sono già in sofferenza a causa delle tensioni geopolitiche,  oltre la crisi nel Canale di Suez, dove le navi mercantili sono costrette a circumnavigare l’Africa, con aggravi economici sugli scambi.

Secondo il professor Carboni queste spinte inflattive potrebbero causare «aumenti su beni che vengono importati da paesi antiamericani come la stessa Cina (pannelli solari e  batterie), aggravi che vanno a pesare sulle tasche delle famiglie. «La globalizzazione non sta funzionando» dice e la guerra sta mostrando questi limiti. «Ogni guerra è sempre distruttiva – conclude – e anche per ricostruire servono investimenti. Speriamo che i conflitti si chiudano presto, perché gli scenari possono essere davvero drammatici». 

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