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Rapporto della Direzione Investigativa Antimafia, segnalata ‘ndrina a Pesaro

Registrata la presenza di membri di un clan di Gioiosa Ionica. La Dia cita l'omicidio Bruzzese fratello di un pentito di un clan di Rizziconi. «Attenzione al riciclaggio»

PESARO – Il rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia non riguarda solo aree dove Camorra, ‘ndrangheta e mafia sono radicate. Nelle 568 pagine, Pesaro viene citata ben 8 volte.

«Il territorio marchigiano, caratterizzato dalla presenza di poli economici di produzioni agricole di eccellenza, di impianti industriali ed artigianali che si distinguono per l’elevata propensione all’innovazione tecnologica, oltre che per le strutture turistiche del litorale e dell’entroterra, rappresenta una zona di interesse della criminalità organizzata, sia per il reinvestimento di capitali che per il traffico stupefacenti». Su Pesaro l’attenzione è alta perchè nel rapporto si legge: «Nel territorio di Pesaro-Urbino è stata registrata la presenzadi altri soggetti riconducibili alla ‘ndrina Ursino-Ursini di Gioiosa Ionica (RC). Particolare allarme sociale si è avuto a seguito dell’omicidio avvenuto a Pesaro, nel mese di dicembre, del fratello di un collaboratore di giustizia già appartenente alla cosca Crea di Rizziconi (RC), anch’egli sottoposto al programma di protezione. Marcello Bruzzese è stato ucciso a seguito di un agguato dalle modalità tipicamente mafiose, nel corso del quale sono stati esplosi 30 colpi di pistola cal. 9. La vittima era fratello del collaboratore Girolamo, già esponente della cosca Crea di Rizziconi».

Per gli investigatori, «le qualificate presenze di soggetti riconducibili a tali matrici criminali – con l’esclusione dei “soggetti protetti” – vanno analizzate in relazione alle opportunità di inserimento nei circuiti produttivi legali (specie quelli legati al settore immobiliare), funzionali al reimpiego e riciclaggio di capitali illeciti. L’attenzione delle con-sorterie potrebbe rivolgersi anche al settore degli appalti pubblici, connessi alla ricostruzione dei centri abitati interessati dall’evento sismico del 2016 e ai progetti di potenziamento ed ammodernamento di importanti infrastrutture stradali. A tal riguardo è opportuno sottolineare che il settore è oggetto di particolare attenzione da parte della Dia».

L’analisi dei dati pubblicati dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata fornisce riscontro dell’infiltrazione del tessuto economico locale. I dati indicano che, allo stato attuale, sono in atto le procedure per la gestione di 37 immobili, mentre altri 19 sono già stati destinati. Sono, inoltre, in corso le procedure per la gestione di 6 aziende operanti prevalentemente nel settore delle costruzioni e dell’ospitalità. Pesaro è la provincia marchigiana con più beni confiscati alle mafie: 11 concentrati tra Isola del Piano e Fano.

Massima allerta agli appalti. La Dia scrive: «Nella provincia di Pesaro-Urbino le attività di polizia sono state, tra l’altro, rivolte, nel semestre in esame, al controllo degli appalti. A tal riguardo l’indagine “Affari di famiglia”, conclusa il 4 ottobre 2018 dalla Guardia di finanza, ha rivelato come 7 imprenditori pesaresi offrissero denaro al funzionario incaricato delle procedure di esecuzione delle gare d’appalto per ottenere facilitazioni in grado di favorire le proprie ditte». Il funzionario dell’Unione Montana Alta Valle del Metauro era stato arrestato.

Non mancano altri episodi. A febbraio fu arrestato a Fano un membro del clan camorristico dei Vollaro di Portici a Napoli. È accusato di un omicidio risalente a 15 anni fa, assieme ad altri sei membri del clan.

Inoltre l’arresto di un imprenditore calabrese che a Borgo Santa Maria aveva aperto la Ditta Euro Distribuzione con cui acquistava beni e servizi, pagava le prime consegne salvo poi sparire e chiudere tutto. Un fallimento da 500 mila euro e 90 fornitori non pagati. E’ stato arrestato per associazione a delinquere in concorso finalizzata alla truffa e alla bancarotta fraudolenta. Gli inquirenti avevano detto che l’uomo aveva legami, ma non era affiliato, con dei clan della ‘ndrangheta. Sarebbe il figlio di uno dei capobastone della cosca Mannolo di Cutro.

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