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Abiti e scarpe contraffatti, scovato centro del falso all’Hotel House. Vendevano sui social

Le fiamme gialle del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Macerata hanno sgominato una organizzazione criminale dedita alla contraffazione. Capi di abbigliamento e accessori venivano venduti tramite passaparola e foto diffuse su WhattsApp, Instagram e Facebook. Denunciate 35 persone e eseguite 9 misure cautelari. Sanzionati anche 40 clienti

PORTO RECANATI – Acquistavano le etichette delle più prestigiose griffe di moda e le utilizzavano per falsificare capi di abbigliamento e scarpe. I militari del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Macerata in collaborazione con i colleghi della Compagnia di Civitanova Marche e di altri Reparti del Corpo alla sede di Napoli, Torino, Sesto San Giovanni e Cles, hanno sgominato un centro dedito alla contraffazione con base a Porto Recanati, all’interno dell’Hotel House.

La Guardia di Finanza ha denunciato 35 persone che facevano parte dell’organizzazione criminale e hanno dato esecuzione ai provvedimenti cautelari di divieto di dimora e di obbligo di firma, nei confronti di 9 soggetti, un italiano e 8 senegalesi tutti tra i 30 e i 35 anni, residenti all’interno del condominio multietnico. Le misure sono state emesse dal Gip presso il Tribunale di Macerata, Claudio Bonifazi su richiesta del procuratore della Repubblica di Macerata e del sostituto procuratore, Rosanna Buccini. I militari hanno sequestrato circa 5.700 articoli contraffatti, macchinari, attrezzature e materiali vari, utilizzati nell’attività illecita della filiera del falso. Sanzionati anche 40 clienti individuati dalle fiamme gialle.

Giacconi, maglie, felpe, jeans, scarpe, l’organizzazione criminale smantellata dalla Guardia di Finanza di Macerata falsificava e assemblava i capi e gli accessori moda per renderli irriconoscibili rispetto alle griffe originali, per poi venderli lungo il litorale maceratese, tra Porto Recanati e Civitanova Marche. Il canale distributivo non si avvaleva però dei Vu cumprà, ma i capi venivano venduti e falsificati tramite il passaparola. Un commercio illegale che si muoveva soprattutto attraverso contatti telefonici, social network come Facebook e chat come WhattsApp e Instagram.

I venditori non portavano mai con sé la merce per evitare il rischio di eventuali sequestri, ma mostravano ai loro clienti immagini scattate con il telefonino, poi, se il potenziale acquirente era interessato, fissavano un appuntamento e portavano i capi e gli accessori da provare. Insomma una organizzazione criminale ben strutturata, dove ognuno dei membri aveva un proprio compito: da chi si occupava dell’approvvigionamento delle etichette e dei capi neutri da contraffarre, a chi assemblava, fino a chi si occupava della vendita.

Il centro del falso all’Hotel House

«Gli effetti nocivi della contraffazione, oltre al pericolo per la sicurezza e per la salute dei consumatori, sono anche quelli di un grave danno all’economia – commenta il comandante del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Macerata, tenente colonnello Massimiliano Bolognese –. Un illecito commesso anche dal consumatore finale che acquista i capi contraffatti».

La complessa e vasta indagine, coordinata dal procuratore della Repubblica di Macerata Giovanni Giorgio, è stata condotta anche tramite l’impiego di indagini tecniche, ha permesso di assestare un duro colpo agli “artigiani del falso”, che acquistavano la merce da loro connazionali, e poi la trasformavano in capi e accessori delle più note griffe grazie alla loro abilità e manualità, avvalendosi di apposti macchinari.

Un fenomeno, quello della contraffazione, che alimenta i circuiti sommersi del lavoro nero, dell’immigrazione clandestina, dell’evasione fiscale e contributiva, del commercio abusivo, del riciclaggio e di altri gravi illeciti.

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