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Peste suina, le associazioni ambientaliste puntano il dito contro la caccia al cinghiale

Enpa, Grig, Italia Nostra, Lac, Lav, Lipu, Lupus in Fabula, Pro Natura, Forum Salviamo il Paesaggio e Wwf Marche, contestano il Piano Regionale per la gestione della Peste Suina Africana

ANCONA – «Pensare di contenere il numero dei cinghiali e quindi, con esso, impedire il dilagare dell’epidemia della peste suina, incrementando la caccia in braccata, è a dir poco velleitario e controproducente». Lo affermano le associazioni ambientaliste Enpa, Grig, Italia Nostra, Lac, Lav, Lipu, Lupus in Fabula, Pro Natura, Forum Salviamo il Paesaggio e Wwf Marche, che contestano il Piano Regionale di Interventi Urgenti della Regione Marche per la gestione, il controllo e l’eradicazione della Peste Suina Africana.

Le associazioni evidenziano che il piano prevede l’incremento del 50% degli abbattimenti dei cinghiali rispetto alla media; la caccia al cinghiale tutto l’anno; la caccia nelle aree demaniali, dove è sempre stata vietata, anche nella forma della braccata; autorizzazione a tutti i cacciatori patentati all’abbattimento dei cinghiali. 

«Tutti gli studi scientifici sui cinghiali – sostengono -, hanno dimostrato in modo inconfutabile che è proprio durante la braccata, la forma di caccia meno selettiva e per questo sconsigliata da Ispra che vengono abbattute prevalentemente le femmine matriarche che dominano il branco, le uniche che si riproducono. L’abbattimento di queste femmine determina quindi la disgregazione dei branchi, innescando una reazione “liberatoria” nelle altre femmine di rango inferiore, che vanno subito in estro, riproducendosi più volte nello stesso anno, per poi formare a loro volta altri branchi. Non solo, la braccata costringe gli animali a continui spostamenti sul territorio facilitando una eventuale diffusione della malattia».

Secondo le associazioni ambientaliste, a determinare «la proliferazione e la diffusione dei cinghiali in tutta Italia» negli ultimi decenni sarebbe stata anche  la «liberazione in natura di animali non autoctoni molto più prolifici, talvolta ibridati con il maiale». «Gli stessi cacciatori – sostengono-, inoltre, in caso di infezione da peste suina dei cinghiali abbattuti, potrebbero essere essi stessi veicolo alla diffusione della malattia. La soluzione migliore, già sperimentata con successo in altri paesi, è quella di installare delle reti e recintare l’area infetta e lasciare che la malattia faccia il suo corso, in quanto la PSA (peste suina, ndr) uccide l’80% dei cinghiali, abbassando fortemente il numero di animali». 

Per Enpa, Grig, Italia Nostra, Lac, Lav, Lipu, Lupus in Fabula, Pro Natura, Forum Salviamo il Paesaggio e Wwf Marche, «dove si è proceduto con misure dirette di riduzione della popolazione di cinghiali come si pensa di fare nella Regione Marche, i risultati sono stati disastrosi, al punto da incrementare la diffusione del virus. Altra decisione tecnicamente inaccettabile è quella di permettere che si effettuino le braccate al cinghiale anche nei mesi primaverili ed estivi, quando tutte le specie animali sono nella delicata fase riproduttiva e dentro le foreste demaniali, dove la caccia è sempre stata vietata». 

Una decisione che secondo le associazioni «determinerà anche un alto rischio di incidenti per l’incolumità di tutte quelle persone che, proprio durante la bella stagione, amano fare passeggiate in campagna o escursioni a piedi in montagna e provocherà quindi ripercussioni dannose e pesanti sul turismo escursionistico ed ambientale marchigiano».

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