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Sushi e caporalato, sequestrati conti correnti e auto ai titolari di un ristorante a Pesaro

Il nucleo carabinieri ispettorato del lavoro ha bloccato 150 mila euro di beni ai responsabili di sfruttamento di lavoratori in nero e richiedenti asilo, facendo leva sul loro stato di bisogno

PESARO – Sushi a basso prezzo, come le paghe per i lavoratori: 11 in nero, 15 irregolari, 150 mila euro di risparmi salariali calcolati, 400 mila euro di profitti illegittimi. E ora la procura sequestra i conti dei titolari del ristorante Sushi Tao di Campanara, finito al centro di un’indagine sul caporalato del nucleo carabinieri ispettorato del lavoro di Pesaro e Urbino.

Erano stati arrestati a settembre scorso dai carabinieri, con l’accusa di sfruttamento della manodopera, ovvero il caporalato. Secondo l’inchiesta, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, li costringevano a turni massacranti, straordinari non pagati sotto minacce continue, insulti e sopraffazioni; il tutto in cambio di stipendi da fame ben lontani dai minimi di legge e di rispetto della dignità umana che i dipendenti, tutti di etnia pakistana, la maggior parte richiedenti asilo, erano costretti ad accettare per vivere.

Un risparmio sui salari, oltre che sugli investimenti in termini di sicurezza delle aziende, che avrebbe permesso loro di tenersi in tasca circa 150.000 euro in due anni circa; denaro mai versato ai dipendenti, tutti reclutati da un loro connazionale che aveva il compito di reperire la manodopera sottopagata.

Erano stati arrestati nella tarda serata del 14 settembre 2019 dal personale del nucleo ispettorato del lavoro di Pesaro e Urbino su ordine di custodia cautelare del Gip di Pesaro poiché responsabili del reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera (caporalato); ma nella giornata di sabato scorso, 14 dicembre, tutti gli indagati, ovvero i titolari ed il loro fidato dipendente, si sono visti presentare il conto dallo stesso gip, che ha accolto la richiesta della procura della Repubblica di Pesaro (indagini coordinate dalla pm Maria Letizia Fucci), ha disposto il sequestro preventivo sui beni mobili ed immobili per un importo di circa 150.000 euro corrispondente all’equivalente per i profitti illeciti ricavati dallo sfruttamento dei lavoratori. I Carabinieri, a seguito di minuziosi accertamenti patrimoniali condotti sugli indagati e disamina della documentazione di indagine, hanno messo così i sigilli a conti correnti, veicoli e quote societarie intestate agli indagati ed alla società.

I due soggetti arrestati sono detenuti nella casa circondariale di Pesaro, anche a seguito del parere espresso dal tribunale del riesame di Ancona. Gli altri due soggetti indagati di etnia cinese, secondo gli inquirenti avrebbero portato avanti una condotta di reiterato sfruttamento dei lavoratori. Ben 15 i casi accertati, tutti a cittadini di nazionalità pakistana di cui 11 richiedenti protezione internazionale, che furono tutti sottoposti a condizioni alloggiative e di lavoro degradanti.

Nei confronti degli stessi sarebbe stata reiterata la corresponsione di retribuzioni non conformi rispetto alle ore e turni di lavoro svolti e comunque difforme rispetto alla retribuzione stabilita dai contratti collettivi di lavoro di categoria, in palese violazione della normativa relativa all’orario di lavoro ed in particolare ai periodi di riposo e/o pause. Circa quattrocento mila euro il profitto maturato consistente nel risparmio delle retribuzioni effettivamente dovute ai dipendenti da sommarsi all’evasione contributiva prodotta dalle cospicue ore di lavoro non denunciate.

Un caso di caporalato piuttosto complesso frutto di un anno di indagini che hanno portato complessivamente a controllare 28 posizioni lavorative di cui 11 in nero e ben 15 irregolari.

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