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Pesaro, messaggi e foto compromettenti, come farli diventare prove in tribunale

A Pesaro il convegno "La prova digitale in ambito civile e penale”. Tanti i casi di rigetto di screenshot e audio acquisiti non correttamente. Esperti a confronto

PESARO – Messaggi compromettenti, foto o audio che possono mettere qualcuno nei guai. Possibili prove da portare in tribunale nei processi civili o penali. Ma attenzione, perchè questi dati potrebbero non essere accettati dai giudici se non acquisiti correttamente.

Sala piena all’Hotel Cruiser venerdì sera a Pesaro per il convegno “La prova digitale in ambito civile e penale”. Circa duecento avvocati hanno assistito alle relazioni dei tecnici. Scopo dell’incontro è stato quello di fornire una giornata di formazione e aggiornamento su tematiche legate alla Digital Forensics o Informatica Forense: disciplina scientifica che serve per identificare, acquisire ed analizzare una prova digitale, preservandola da eventuali alterazioni.

«Nella vita di tutti i giorni, ognuno è continuamente a contatto con device o strumenti digitali – ha spiegato Daniele Egidi, consulente informatico in ambito giudiziario per procure, tribunali e avvocati – a partire dal nostro smartphone, custode dei nostri dati noti ma anche nascosti, passando per i computer, i notebook, i tablet, pennette USB, hard disk esterni, NAS, registratori digitali, navigatori satellitari, video camere, sistemi di antifurto, wallet bitcoin fino alla nuova frontiera della domotica, delle automobili intelligenti e degli elettrodomestici smart. L’oggetto dell’appuntamento era quello di fornire informazioni tecniche e giuridiche sull’acquisizione di un supporto digitale, al fine di cristallizzare e creare una prova in un procedimento giudiziario: una volta che i dati vengono estratti, si procede alla loro analisi, alla ricerca delle cosiddette digital evidence».

Un momento del convegno sull’informatica forense

I casi di rigetto non mancano anche a Pesaro. Insomma non basta farlo da soli. «E’ luogo comune che la produzione di parte con una querela o una denuncia di un file audio (frutto di una registrazione telefonica, ad esempio), di una immagine scattata con il telefonino o uno screenshot di una conversazione WhatsApp siano elementi con rilevanza probatoria all’interno del procedimento che potrebbe seguire a tale querela o denuncia: nella giurisprudenza ormai consolidata e nella pratica dei Consulenti Informatici è vero l’esatto contrario, ossia il dato ha rilevanza giuridica solo nel momento in cui viene acquisito, analizzato e conservato secondo metodologie tecniche riconosciute dalla comunità scientifica. Sono sempre più numerosi i casi nei Tribunali di Pesaro e Urbino di persone che hanno visto non accolte le loro giuste richieste a causa di dati digitali depositati da parte dei loro avvocati utilizzando metodi poco ortodossi, o comunque non in regola con le linee guida dell’Informatica Forense».
All’incontro organizzato dalla Fondazione Forense di Pesaro e da Giovanna Cappellini, segretaria della Fondazione, ha partecipato anche l’avvocato Antonio Congiunti del Foro di Spoleto, esperto di tematiche legate alle Nuove Tecnologie e all’Informatica Giuridica.

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