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Osimo, sindacati e associazioni contro le vele antiaborto

A scatenare le ire i manifesti dell'associazione "ProVita" onlus che replica a tutte le accuse in un anniversario particolare, i 40 anni della legge 194

La vela a Osimo Stazione
La vela a Osimo Stazione
OSIMO – Sono passati esattamente 40 anni da quel 22 maggio del 1978 quando venivano emanate le “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”: la legge 194. In questi giorni tra Ancona e Osimo sono comparse vele con il manifesto contrario dell’associazione “ProVita” onlus che hanno scatenato il dissenso di tante associazioni e gruppi.
Il coordinamento regionale per applicare la legge 194 commenta: «“Sei qui perché sei nata libera di scegliere”, “Sei qui perché tua mamma non ti ha abortito”. Questo l’aberrante messaggio “pubblicitario” che appare nel maxi cartellone che ritrae un feto a 11 settimane di vita e che nella mattinata di ieri, 21 maggio, sostava davanti al monumento dei Caduti e successivamente nella rotatoria della zona Baraccola di Ancona per poi giungere a Osimo Stazione. Tralasciando le evidenti storture sull’embriogenesi, come coordinamento regionale marche 194 senza obiezione, ne richiediamo l’immediata rimozione, perché lesivo del rispetto della libertà degli individui e dei diritti civili, così come previsto da numerosi regolamenti comunali in materia di pubblicità. Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa con la sentenza del 15 ottobre, accogliendo il reclamo della Cgil, ha condannato l’Italia riconoscendo che viene violato il diritto delle donne alla salute per le notevoli difficoltà che incontrano nell’accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, a causa del numero particolarmente elevato di medici obiettori, situazione che può comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne, in contrasto con l’articolo 11 della Carta sociale europea. Siamo certamente di fronte a un arretramento culturale e politico e questa campagna è uno degli innumerevoli esempi: ancora la visione della donna come mero contenitore e incubatrice rimane stereotipo inossidabile nella coscienza di questi fondamentalisti cattolici».
Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche: «A distanza di 40 anni l’aborto continua a essere un tema di scontro ideologico. Ancora oggi, come se questa scelta non fosse già abbastanza sofferta e tormentata per le donne, un ulteriore carico di sofferenza le viene imposto dall’esterno, come sta avvenendo in questi giorni con i cartelloni dei movimenti integralisti apparsi anche a Osimo e ad Ancona. Si tratta di ennesimi attacchi alla libertà e autodeterminazione delle donne e a una legge dello Stato che, non ci stancheremo mai di dire, lo Stato deve applicare. Per questo, nei giorni scorsi, migliaia di donne hanno sottoscritto un appello a quante siedono in Parlamento affinché difendano la legge 194 e contribuiscano alla sua piena attuazione. Il principale ostacolo è costituito dal numero elevato di medici obiettori di coscienza: a fine 2016 gli obiettori rappresentavano il 70,1 per cento dei ginecologi e sono tutti obiettori i 12 ginecologi dell’ospedale di Fermo, così come gli 11 ginecologi dell’ospedale di Jesi. Più di una donna su 10 è dovuta andare ad abortire in un’altra Regione».
Il coordinamento donne spi Cgil di Ancona alla Camera del lavoro: «Non si vuole riconoscere la validità di una legge dello Stato frutto delle lotte delle donne per essere riconosciute persone autonome e responsabili, capaci di autodeterminarsi rispetto al proprio corpo e alla scelta di diventare madri. Fa paura la denatalità ma non si considerano mai le ragioni per cui si è costretti a non fare figli: l’assenza di una politica per la famiglia, la precarizzazione del lavoro e la mancanza di un welfare efficace portano spesso le donne a fare scelte dolorose. Chiediamo su un tema di estrema importanza come questo, il rispetto della legge e delle regole della comunicazione così seriamente compromesse dalle immagini utilizzate che diffondono una figura di donna amorale e irresponsabile. Per tali ragioni, ne riteniamo doverosa la rimozione».
Alessandro Fiore dell’associazione “ProVita” onlus ha replicato: «Queste dichiarazioni riflettono una convinzione sbagliata sull’aborto, come se fosse una scelta delle donne sul proprio corpo. In realtà è una scelta per modo di dire, quelle future mamme subiscono spesso pressioni esterne. I ginecologi obiettori agiscono sul corpo di un altro essere umano da eliminare, un essere dimenticato nell’equazione dell’aborto, quello che però fa più paura. In alcuni manifesti noi non menzioniamo nemmeno la legge: la nostra è un’obiezione di natura teologica. Le reazioni delle associazioni sono isteriche all’immagine. Domani, 22 maggio, siamo alla Camera per un’importante conferenza stampa sul tema».

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