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Osimo, un gruppo di ciclisti risale il Musone fino alla sorgente: la loro esperienza presto in un opuscolo per i turisti

Promuovere il turismo sostenibile in bicicletta, è l'obiettivo del gruppo osimano che, nei giorni scorsi, hanno percorso la “Risalita del Musone” per seguire il più vicino possibile il corso del fiume e la gradualità dell'ascesa del fiume dalla foce alla sorgente

I ciclisti
I ciclisti

OSIMO – Una bella esperienza di un gruppo di ciclisti lungo “la via del Musone” presto sarà un opuscolo ad uso di turisti e appassionati di trekking. Dalla collina di Osimo la valle del Musone appare ampia. Lo sguardo spazia dal mare Adriatico fino agli Appennini e con esso spazia anche un profondo senso di libertà. «È con questo spirito che il Musone è per ognuno di noi il “nostro” fiume perché già solo la pronuncia del nome evoca in noi i racconti di genitori e nonni di quando da ragazzi andavano a farci il bagno oppure di quando il fiume fu teatro del passaggio del fronte di guerra nel 1944. Ed è proprio perché richiamati da questo spirito aleggiante che prima o poi una conoscenza più intima del “nostro” fiume era necessaria, un’esplorazione che ce lo facesse vivere in pieno, dicono quei ciclisti di Osimo e dintorni», raccontano i protagonisti.

Così è nata l’idea della “Risalita del Musone” che hanno realizzato il 26 luglio, basata su due principi: seguire il più vicino possibile il corso del fiume e la gradualità dell’ascesa del fiume dalla foce alla sorgente.

«Nei mesi di preparazione del percorso, aprendo varchi tra la vegetazione intricata dei fossi, studiando guadi, confrontando tracciati alternativi e creando passaggi inediti, abbiamo avuto modo di apprezzare contrade molto diverse le une dalle altre, conoscere persone generose e accoglienti, vedere sotto un’altra luce posti che si riconoscono a malapena, abituato com’è il nostro senso dell’orientamento a collocarli in tutt’altro contesto – continuano -. Soprattutto però, abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con l’anima del fiume. In questa anima ancestrale c’è lo specchio della nostra stessa anima e ce n’è più di quanto possiamo immaginare. Così siamo risaliti con la fatica fisica che si fa per percorrere in bicicletta questi luoghi e con la lentezza con cui l’occhio riesce a contemplare un paesaggio dalle linee dolci nello stesso istante in cui le gambe misurano la dura avversità delle salite, del terreno accidentato e di un impegno sportivo che dura oltre 12 ore. Ci siamo imbattuti in luoghi magici come le bellissime sponde del fiume a San Vittore dove le sue curve sinuose hanno creato miti e leggende che sembrano essere veramente accaduti in posti come quelli. Abbiamo ammirato l’ingegno idraulico dell’uomo che fin da tempi remoti incanalava la forza motrice delle acque per macinare il grano attraverso la costruzione di chiuse e vallati, da quello incantevole che alimenta il mulino Bravi a Cingoli tenuto alla perfezione, fino a quello che alimentava i mulini nella bassa valle. Infine abbiamo condiviso l’asprezza e la silenziosa maestosità della montagna».

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