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Nonni e nipoti divisi dalla pandemia, la psicoterapeuta: «Importante mantenere una comunicazione visiva»

Gli ultimi Dpcm, consigliando di evitare il contatto fra nonni e nipoti, rischiano di far pesare su entrambe le generazioni questa assenza relazionale. Ma si può e si devono trovare soluzioni. Ecco i consigli della dottoressa Mancia

cura degli anziani, alzheimer, demenze

ANCONA – «Il tema della separazione dai nonni durante la pandemia emerge spesso durante le sedute, dove viene raccontato con angoscia: i bambini e anche gli adolescenti, quando non lo negano, la vivono come un dramma, come un trauma, specie se trascorrevano molto tempo con loro». Sono le parole della psicoterapeuta infantile Francesca Mancia.

Divisi dalla pandemia di coronavirus e dagli ultimi Dpcm che sconsigliano le visite da parte dei nipoti ai nonni, per tutelare la salute degli anziani ed evitare il contagio da Covid-19, in molti stanno soffrendo per il venir meno di quel rapporto intenso che arricchiva entrambi. Uno “sradicamento” affettivo che stravolge routine e quotidianità in un momento complesso per entrambe le generazioni: gli anziani che piombano sempre più nell’isolamento, gli adolescenti «che cominciano a soffrire di tante limitazioni» e i bambini, privati delle relazioni amicali e parentali.

Questi ultimi in particolare, essendo «molto legati alla loro famiglia, dipendono molto da come gli adulti vivono questo momento», spiega la psicoterapeuta. Ma soluzioni alternative si possono e si devono trovare per  alleggerire questa “assenza” e garantendo nel contempo dal rischio del contagio: «Possono vedersi nei parchi, nei giardini o anche a distanza magari con una videochiamata – spiega la psicoterapeuta – perché il legame deve essere mantenuto».

Un rischio, quello del contagio, che può essere vissuto «con grande angoscia» dai bambini e dagli adolescenti: «L’esperienza che riportano è quella che se dovesse succedere qualcosa ai nonni, loro non potrebbero perdonarselo. Un aspetto che i genitori devono considerare attentamente – prosegue -, perché non necessariamente se i nonni contraggono il virus può essere dipeso dai ragazzi».

Il problema però «non va negato», ammonisce la psicoterapeuta, tenendo comportamenti che possono mettere a rischio la salute degli anziani, tuttavia occorre tenere presente che «in caso di contagio dei nonni i bambini lo vivrebbero come un evento traumatico». «Gli adulti devono avere le idee chiare sulla situazione e lo stato emotivo dei loro figli e devono agire per fare in modo che il distacco sia modulato, trovando nuove modalità di incontro» che non espongano al contagio.

Diverso il discorso se i nonni hanno patologie per i quali potrebbero subire conseguenze pensanti, nel qual caso è bene mantenere i contatti a livello telefonico, anche perché altrimenti «per i ragazzi e i bambini il senso di colpa che ne scaturirebbe sarebbe profondissimo». «Consiglio molta prudenza – spiega – e di concordare soluzioni alternative anche con i nonni, aiutando i bambini e i ragazzi ad affrontare la situazione per gestirla al meglio, evitando da un lato di far sentire ai ragazzi che stanno abbandonando gli anziani e dall’altro che li stanno esponendo ad un rischio. Un bilanciamento da fare quotidianamente».

«I bambini e i nonni sono molto creativi, è importante mantenere il contatto visivo fra loro» sottolinea la psicoterapeuta, anche tramite lo scambio di oggetti di cui possono farsi portatori gli adulti, ma in grado di veicolare una comunicazione che sfrutti più canali sensoriali e non solo quello uditivo. «I più piccoli possono preparare una torta per la nonna o mandarle un maglioncino profumato – spiega la psicoterapeuta, citando qualche esempio -, mentre la nonna può mandare loro un sacchettino di lavanda. Oggetti che rimangono in casa e restituiscono la sensorialità».

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