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Medici in trasferta. Il caso Jesi

All'Urbani i ginecologi di ruolo sono tutti obiettori sull'aborto, compresi i nuovi assunti. L'Asur è stata costretta a organizzare una equipe “itinerante” a tutela della legge 194

L'ospedale Carlo Urbani di Jesi
L'ospedale Carlo Urbani di Jesi

JESI – Sono tutti obiettori di coscienza i ginecologi dell’ospedale cittadino. Ciò significa che il servizio di interruzione volontaria di gravidanza, regolamentato dalla legge 194/78, non può essere garantito con il personale di ruolo al Carlo Urbani. Più volte infatti tale prestazione è stata interrotta, obbligando gli utenti a rivolgersi altrove. Una situazione non semplice da risolvere, a meno di voler ricorrere a misure drastiche – vedi regione Lazio (bandito un concorso per soli ginecologi non obiettori ndr.) – che poi scatenano un vespaio di polemiche. Al momento, comunque, il servizio è attivo, proprio avvalendosi di medici provenienti da altri ospedali.

«Il servizio di interruzione della gravidanza per la componente ospedaliera presso l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia di Jesi è regolarmente attivo ogni 1° e 3° lunedì del mese nei quali vengono eseguiti massimo cinque interventi – spiega il dottor Angelo Curatola, primario di Ostretricia e Ginecologia dell’ospedale Carlo Urbani -. Le attività, non solo prettamente sanitarie, antecedenti e susseguenti, sono regolarmente effettuate presso il Consultorio».

Anche il sindaco Massimo Bacci ha fatto sentire il suo disappunto. «Da quando è iniziato il mio mandato – ha evidenziato il Primo Cittadino -, la giunta lo ha segnalato più volte all’azienda sanitaria regionale. La difficoltà è oggettiva ed è legata ai professionisti che ci lavorano. Ritengo tuttavia che, essendo la questione molto sentita e regolamentata da leggi dello Stato, vadano trovate le modalità per stabilizzare il servizio di Ivg in città. Ho già suggerito al presidente Ceriscioli di verificare con l’Asur una soluzione definitiva. Ciò che accade non è affatto gratificante».

In trincea il Coordinamento per la Legge 194, la cui mobilitazione è servita in più occasione per sollecitare la politica regionale e l’azienda sanitaria a velocizzare i tempi di risoluzione della criticità.

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