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Donne e lavoro nelle Marche, report Cgil: guadagnano il 39,3% in meno degli uomini. Longhin, appello alla Regione: «Parità dei generi sia effettiva»

Dal report emerge che su 61.677 occupati, 24.430 sono donne e 37.247 uomini. Tra le province, Fermo è quella con la più alta presenza femminile, il 46,7% mentre l’incidenza più bassa è a Macerata con il 35,3%

Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche

ANCONA – Le donne dirigenti in aziende marchigiane? Sono «pochissime» e «solo lo 0,3% su un totale di 24.430 dipendenti donne». Emerge dall’ultimo Rapporto sul Personale maschile e femminile 2020-2021 delle aziende marchigiane con oltre 100 dipendenti, elaborato dall’Ires Cgil Marche. La fotografia scattata dal report, che analizza la condizione lavorativa delle donne nelle Marche su un campione di 61.677 occupati dipendenti di 212 aziende (con + di 100 dipendenti), rileva che si tratta «per lo più di impiegate ed operaie. E con uno stipendio sempre e comunque inferiore a quello degli uomini».

«I risultati di questo rapporto confermano tendenze ormai strutturali – commenta Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche -; le donne, inserite nel mercato del lavoro presentano condizioni più precarie rispetto a quelle degli uomini. Ciò si evidenza nel proliferare del part time ma anche nelle mansioni. Ecco perché chiediamo alla Regione di promuovere interventi ed azioni affinché la parità dei generi sia un’effettiva realtà ovunque».

Dal report emerge su 61.677 occupati, 24.430 sono donne e 37.247 uomini. Tra le province, Fermo è quella con la più alta presenza femminile, il 46,7% mentre l’incidenza più bassa è a Macerata con il 35,3%. Dal punto di vista contrattuale quello più frequentemente applicato alle donne è quello delle cooperative sociali (28,7% delle dipendenti). La maggior parte dei dipendenti ha una qualifica di operaio, il 57,3%, percentuale che, per le donne, scende al 51,5% mentre per gli uomini sale al 61,1%. Seguono gli impiegati, 36,9%, con le donne al 44,9% e gli uomini al 31,7%.

Nota dolente, le retribuzioni: le donne dirigenti percepiscono in media 40mila euro in meno rispetto agli uomini, nei ruoli quadro il divario tra maschi e femmine è di -12.678, ma il gap si fa più consistente per i ruoli impiegatizi dove le donne percepiscono il 39,3% in meno rispetto agli uomini. Il report evidenzia anche differenze all’interno delle singole tipologie contrattuali: per esempio, le donne con il part-time sono il 45,4% mentre gli uomini solo il 7,9%, inoltre il 58,9% delle donne è passato dal tempo pieno al part time mentre gli uomini sono solo il 41,1%.  Sul fronte della formazione professionale solo il 40,9% delle dipendenti donne riesce a farla.

«L’occupazione femminile – spiega Longhin – si risolve realizzando politiche sociali vere e non di pink washing, come dimostra il fatto che l’occupazione femminile aumenta laddove crescono le infrastrutture sociali. Non possiamo permetterci che le disuguaglianze ci sfuggano di mano; per questo dobbiamo combatterle non quando si evidenziano ma vanno prevenute con una strategia complessiva di lungo respiro  che riguarda il mercato del lavoro, la formazione, i servizi. Dobbiamo avere fretta di distruggere queste distorsioni perché, come abbiamo avuto modo di verificare, la pandemia, la guerra e l’inflazione alle stelle sono foriere di ulteriori disuguaglianze che si sovrappongono alle vecchie, si cristallizzano e sarà sempre più difficile scardinarle.  È arrivato il momento per la Regione di fare qualcosa per risolvere questo problema – conclude – perché le esternazioni di esponenti politici che vogliono riportare le donne a casa ad accudire i figli e gli uomini al lavoro, non rappresentano il sentire delle donne marchigiane».

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