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Didattica a distanza nelle università, Gulliver – Udu Ancona: «Chiudere scuole e atenei è una sconfitta»

L'associazione studentesca esprime la sua contrarietà sull'ordinanza siglata dal governatore Acquaroli con la quale è stato disposto lo stop alle lezioni in presenza negli atenei

Gli studenti di Gulliver (immagine di repertorio)

ANCONA – «Ancora una volta l’istruzione, sia scolastica che universitaria, viene considerata come qualcosa di sacrificabile, di non indispensabile per il nostro Paese». Marco Centanni, presidente dell’associazione di studenti universitari Gulliver – Udu Ancona, interviene a gamba tesa sull’ordinanza siglata il 2 novembre dal presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, con la quale ha disposto la didattica a distanza al 100% per superiori e facoltà universitarie e gli esami da remoto, mantenendo in presenza i tirocini abilitanti e curriculari. Unica eccezione per gli studenti con disabilità e che possono seguire le lezioni e svolgere esami in aula.

A far storcere il naso all’associazione studentesca il fatto che la «decisione è stata presa pochi giorni dopo la riunione del Comitato Regionale di Coordinamento delle Università Marchigiane (C.R.U.M.) a cui hanno partecipato i quattro rettori degli atenei del territorio, i rappresentanti degli studenti e un esponente della Regione stessa, durante il quale era stato deciso all’unanimità di continuare con la didattica mista in vigore da settembre per tutti gli atenei marchigiani» spiega Centanni.

Insomma una sorta di doccia gelata per gli universitari che «ha colto tutti alla sprovvista», lasciando gli studenti con l’amaro in bocca. Il presidente di Gulliver ritiene «inammissibile che un organo regionale come il C.R.U.M. venga totalmente ignorato nelle decisioni di soli pochi giorni fa e venga firmata un’ordinanza che scavalca tutte le disposizioni decise e le scelte prese senza nemmeno consultare nuovamente l’organo stesso». Centanni spiega che il provvedimento «lascia nel limbo tutti i servizi collegati agli atenei, come biblioteche e aule studio, e non dà indicazioni sui tirocini formativi tuttora in svolgimento, lasciando la responsabilità in mano ai singoli atenei, rischiando così di creare ulteriori disagi e disuguaglianze». Per l’associazione chiudere le scuole e gli atenei «è una sconfitta, sia per gli studenti che per la nostra regione, che con questa ordinanza da un forte segnale politico sulle priorità della nuova governance».

L’eliminazione della didattica in presenza «vanifica tutto il lavoro e lo sforzo economico delle Università» che hanno dovuto organizzarsi per poter permettere lo svolgimento delle lezioni in aula nel massimo della sicurezza, un problema che «non è legato soltanto alla didattica e alla sua fruizione: crea disagi anche per quanto riguarda le scelte fatte dagli studenti nei mesi passati, che si sono spostati nelle sedi universitarie prendendo abitazioni in affitto e sottoscrivendo abbonamenti per il trasporto pubblico locale, con la speranza di poter vivere di nuovo una vita universitaria nei locali degli atenei».

L’associazione evidenzia che il nodo contagi non è legato tanto al mondo della scuola, quanto più a quello dei trasporti, «organizzato e gestito in modo assolutamente inadatto rispetto alle reali esigenze del paese, andando ad incidere sulla crescita dei contagi: sono aumentate le corse ma soltanto nella fascia mattutina, utilizzate anche dagli studenti delle scuole superiori, mentre per il resto della giornata il loro numero è rimasto pressoché invariato nonostante la diminuzione della capienza già decisa».

Centanni rimarca che l’istruzione scolastica e universitaria «non può essere succube delle negligenze che ci sono state in merito alla gestione di altri servizi» visto che oltretutto «era noto da tempo che questi sarebbero stati mesi difficili sotto tutti i punti di vista», ma «poco o nulla si è fatto a livello nazionale e regionale» per evitare che a rimetterci sarebbero stati di nuovo gli studenti: «Tutto questo doveva essere evitato, nelle Marche e nell’Italia tutta, ma purtroppo il ramo relativo all’istruzione del paese è uno dei primi ad essere colpiti». A differenza di altri stati Europei «l’Italia ha utilizzato da subito la scuola e l’università come capri espiatori per nascondere le mancanze e gli scarsi investimenti strutturali, che avrebbero permesso il mantenimento della didattica in presenza. Quest’ultima – conclude – è un pilastro di un sistema che può essere completo solo se visto in un ottica scardinata dal semplice dualismo insegnamento – valutazione».

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