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«Manca la cannabis terapeutica per curare i malati»: l’appello dell’associazione Fibromialgia Italia

La presidente marchigiana Afi Antonella Moretto e il responsabile medico Maurizio Massetti: «Il Paese faccia passi concreti per garantire maggiore approvvigionamento di sativa medica»

ANCONA – «C’è difficoltà di approvvigionamento della sativa medica nella nostra regione e nella nostra nazione. Questo comporta gravi disagi a quelle persone malate che ne fanno utilizzo». A lanciare l’allarme è la presidente marchigiana dell’Associazione Fibromialgia Italia – la cui sede è aperta ad Ancona dal 31 gennaio 2021 in via Monti Sibillini -, Antonella Moretto, che, supportata dalla Sirca (Società scientifica ricerca cannabis), riferisce di avere segnalato più e più volte questo annoso problema.

«Nel tempo abbiamo fatto molte segnalazioni – spiega Moretto -. Sto attendendo peraltro da un anno la convocazione al Ministero della Salute con il viceministro Sileri, assieme al dottor Maurizio Massetti, responsabile scientifico dell’Afi, e il dottor Paolo Poli, presidente Sirca, per capire cosa stia accadendo. Non può essere soltanto un discorso di logistica, ma anche di organizzazione che ci portiamo dietro da molti anni. La politica, che specie durante la pandemia ha dimostrato che quando vuole può essere proattiva, non ignori i nostri appelli. Ovvero le difficoltà di accedere alla terapia della sativa medica a causa della sua mancata presenza, costringendo i malati a ripiegare alle vecchie terapie che non hanno portato beneficio in partenza».

Antonella Moretto, presidente Afi Odv Marche

Quindi Moretto relaziona di quanto richiesto al Governo: «Ad esempio di diventare indipendenti dal mercato estero coltivando la sativa medica nel nostro Paese così da soddisfare il fabbisogno terapeutico del malato – continua -. Che, conseguentemente, porterebbe alla creazione di posti di lavoro grazie a un’economia interna, risparmiando tanti soldi dei contribuenti. Allo stesso tempo vorremmo che lo Stato fosse più morbido e non penalizzasse la sativa medica perché contenente un elemento psicotropo che è il Thc. Chiediamo di riguardare la legge non più adatta visto l’ormai grande utilizzo della sativa in ambito medico; di divulgare informazioni corrette sulla sativa e di eliminare quel velo che la demonizza; di eliminare quel marchio del tossicodipendente che oggi si è costruito addosso a chi la utilizza solo per migliorare la propria salute e di conseguenza riprendersi la vita».

Accanto alla presidente Moretto si inserisce il monito del dottor Maurizio Massetti, responsabile medico dell’associazione, che sottolinea aspetti legati alla malattia della fibromialgia e l’uso della cannabis per curarla: «L’approccio farmacologico alla fibromialgia si inserisce in contesto terapeutico molto ampio comprendente percorsi psicologici, fisioterapia ed attività fisica, terapie alternative, rimodulazione dell’attività lavorativa, esclusione dei fattori favorenti o peggiorativi della sintomatologia – osserva Massetti -. Peraltro non c’è univocità sulle terapie suggerite, dunque spesso sono diverse a seconda dello specialista cui ci si rivolge. I farmaci di “prima linea” sono quelli che agiscono sui neurotrasmettitori cerebrali o sulla velocità di conduzione dei nervi: antiepilettici e antidepressivi ottengono i migliori risultati sul controllo della malattia. Questo perché si parte dal presupposto che la fibromialgia sia legata ad un deficit genetico della produzione di serotonina, noradrenalina ed endocannabinoidi: l’aumentata disponibilità di tali molecole riesce il più delle volte a controllare alcuni dei sintomi più fastidiosi. Per tali motivi, alcuni clinici hanno iniziato ad utilizzare i fitocannabinoidi, cioè la cannabis terapeutica».

Dottor Maurizio Massetti, responsabile medico Afi

«Le piante di canapa – continua Massetti – opportunamente selezionate e coltivate secondo standard rigidissimi (in Italia è l’Esercito ad occuparsi della produzione in apposite serre) sono sfruttate per la produzione di cannabis terapeutica. Che non si sostituisce alle terapie convenzionali, ma si integra con esse. Purtroppo però l’erogazione del prodotto è assolutamente insufficiente a garantire una terapia continuativa per tutti i pazienti, considerando che secondo le indicazioni ministeriali i pazienti aventi diritto sono anche gli oncologici, i portatori di lesioni midollari o Sla, i cachettici e anoressici, i malati di glaucoma. Le importazioni da Olanda e Canada soddisfano una minima parte del fabbisogno; il sogno della “cannabis di Stato” affidato all’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze sembra essersi infranto in lungaggini burocratiche, produzione scarsa e richieste in aumento. Ma, sicuramente, qualcuno riuscirà a dare al Covid la colpa di tutto ciò. Mi pongo una semplice domanda: nella nostra regione, nelle aree terremotate, ci sono decine di capannoni industriali abbandonati che potrebbero essere attrezzati secondo i requisiti della coltivazione di canapa: è così difficile immaginare un’organizzazione in grado di renderci autonomi nella produzione, valorizzare un territorio praticamente abbandonato, dare lavoro a tante persone, avere un margine di guadagno da reinvestire per la collettività e soddisfare la richiesta del fitofarmaco?».

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