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Lockdown e Dad, come aiutare i più giovani a combattere l’isolamento domiciliare

La limitata socializzazione con i coetanei, figlia degli effetti della pandemia, ha colpito in particolare alcune fasce d'età. Ne abbiamo parlato con lo psicoterapeuta Raul Bartozzi

Isolamento Domicialiare, adolescente

ANCONA – Sono sempre di più in Italia i bambini in età adolescenziale che risentono degli effetti negativi derivanti dal prolungato lockdown e dalla Didattica a distanza, strumenti necessari nella lotta alla pandemia. Non sono rari i casi, come riportato dal parere di vari esperti in materia, di individui che perdono completamente la voglia di uscire e rapportarsi con gli altri arrivando a chiudersi in camera per molte ore e, nei casi più gravi, a non mangiare. Queste patologie colpiscono moltissimo nella fascia d’età 14-16 anni. Abbiamo interpellato lo psicoterapeuta anconetano Raul Bartozzi per approfondire la problematica trovandone degli spunti d’analisi.

«Intanto partiamo con il dire che sono circa 8 milioni gli studenti che si sono ritrovati di punto in bianco chiusi nelle loro case, sostituendo banchi, quaderni e penne con computer e tablet. Sono venute meno cose basilari come il contatto con i compagni, le chiacchierate, anche gli stessi confronti che per la crescita sono elementi essenziali. Se non si interviene prontamente con politiche condivise l’isolamento nelle mura domestiche e la limitata socializzazione con i coetanei potrebbero avere delle conseguenze pericolose nella loro crescita».

Le misure per combattere l’isolamento domestico esistono e, come spiega Bartozzi, riguardano anche il contributo degli adulti: «L’adulto recita un ruolo di primissimo piano perché può e deve mettere a disposizione dell’adolescente un modello di vita sano senza angosce. Un sorriso, un impatto positivo ha una valenza determinante in questo contesto. Andando invece ad analizzare ad ampio raggio la situazione è normale che le stesse istituzioni debbano prevedere un contraltare, capendo l’importanza di non penalizzare ulteriormente questi giovani. La stessa scuola può aiutare attraverso un programmazione specifica che sappia mettere i ragazzi e le ragazze in condizioni di affrontare l’isolamento domiciliare e le conseguenze che spiegavamo prima».

C’è una strada, in conclusione, da percorrere per prepararsi in tutto e per tutto e con le giuste prerogative alla Fase 2, quella dell’effettiva ripartenza con il Covid finalmente alle spalle: «Fare progetti futuri è normale così come lo è fantasticare sulla fine della pandemia – conclude Bartozzi – In questa fase di transizione, di lotta ancora serrata contro il Covid, bisognerebbe avanzare a piccoli passi verso un ritorno alla vita sempre più graduale. Anche nel rapporto con i più giovani, cercando di infondergli sicurezza ma soprattutto rispetto delle regole. L’obiettivo di tutti deve essere quello di guidarli mentalmente verso un totale rientro a scuole e a quelle attività che appartengono alla quotidianità di ognuno. Solo così, anche nella testa di ognuno, supereremo lo scoglio del virus».

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