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Licenziato dopo un infortunio, il tribunale obbliga l’azienda a riassumerlo

La ditta pesarese, che si occupa di meccanica, è stata condannata alla riassunzione del lavoratore, cacciato dopo un incidente sul lavoro. Paolo Rossini della Uil: «Fu anche spiato da un investigatore privato»

PESARO – È la storia di un lavoratore che dopo un lungo infortunio al braccio, capitato al lavoro, era stato licenziato dall’azienda, che sosteneva «l’inesistenza stessa dell’infortunio – benché attestato dall’Inail – e comunque asseriva che il lavoratore ne avesse aggravato la portata, effettuando dei lavori durante il periodo di prognosi». Questo è quanto fa emergere la Uil per bocca del sindacalista Paolo Rossini.

Una sorta di spy story, perchè l’azienda meccanica aveva coinvolto anche un investigatore privato.

«La società aveva esibito a comprova la relazione e le fotografie scattate da un investigatore privato, che per 2 giorni su incarico dell’azienda aveva seguito il lavoratore nel periodo di infortunio – continua Rossini -. A nulla era valso il tentativo di conciliazione in sede sindacale, giacché l’azienda irrogava al dipendente il licenziamento “per giusta causa” con effetto immediato». Di qui il contraccolpo psicologico ed economico.

«Il lavoratore è precipitato in una situazione di disperazione, personale e familiare. Consigliato da un parente, si è rivolto alla Uilm Pesaro, che non avendo partecipato inizialmente alla gestione della vicenda, ha predisposto incontri con i propri esperti in materia infortunistica e legale esprimendo un parere favorevole alle ragioni del lavoratore».

A questo punto la Uilm Pesaro, ravvisata l’opportunità di un ricorso giudiziale, ha indirizzato il lavoratore all’Ufficio Vertenze della Uil Marche, con sede a Pesaro, dove il lavoratore conferiva mandato all’avvocato Alessandra Khadem Hosseini dello Studio Legale Galanti, al fine di impugnare il licenziamento innanzi al Tribunale del Lavoro di Pesaro.

Di qui la vicenda processuale, che ha visto contrapposto il lavoratore e l’azienda, assistita da uno studio legale milanese.

«Il processo di primo grado si è concluso pochi giorni fa, con la sentenza del Tribunale di Pesaro che, anche all’esito della CTU medica effettuata in corso di causa, ha ravvisato l’insussistenza delle motivazioni addotte dall’azienda a sostegno del licenziamento, condannando perciò la ditta a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro, oltre al pagamento dell’indennità risarcitoria nel massimo previsto dalla legge e alla rifusione delle spese di giudizio». 

C’è «soddisfazione negli ambienti Uil Marche, trattandosi di una sentenza che fa decisa applicazione di quelle poche ipotesi di reintegra del dipendente rimaste in vigore anche dopo l’introduzione del Jobs Acts. Il Tribunale di Pesaro ha così riconosciuto una piena tutela al lavoratore, ingiustamente estromesso dall’azienda».  

Soddisfatto anche l’avvocato Khadem: «Siamo orgogliosi del lavoro svolto. Si tratta di una sentenza che ci lascia soddisfatti sotto ogni aspetto».

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