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Jesi, il Tribunale del Malato denuncia: «Pretendete dai medici di famiglia le visite domiciliari»

Il presidente Pasquale Liguori segnala come molti medici di base non si rechino a casa dei pazienti, costringendoli a rivolgersi al pronto soccorso dell'ospedale

L'ospedale "Carlo Urbani" di Jesi
L'ospedale "Carlo Urbani" di Jesi

JESI – Sos medici di famiglia. Nonostante l’attività dell’ospedale di Jesi continui con alti livelli di eccellenza nonostante la pandemia, c’è un altro nodo che affligge la cittadinanza: l’assenza del servizio dei medici di famiglia, spesso indisponibili ad andare a fare le visite domiciliari ai malati.
A denunciare la situazione è il presidente del Tribunale per i diritti del malato Pasquale Liguori. «Abbiamo apprezzato l’appello dei giorni scorsi della Direzione dell’Area vasta2 in merito al fatto che, nonostante la pandemia, le attività chirurgiche e ambulatoriali vanno comunque avanti, nonostante che il nostro ospedale sia sempre più sotto pressione e di tutto ciò bisogna dar merito a medici e infermieri che non si sono mai risparmiati durante questa emergenza – scrive Liguori -; in merito però all’appello dell’Asur fatto ai cittadini di rivolgersi ai medici di famiglia per non intasare il Pronto soccorso, pur condividendo lo stesso, facciamo notare che spesso, in base alle segnalazioni ricevute, il cittadino non ha altra scelta: si vede costretto a recarsi al Pronto soccorso in quanto non trova sul territorio risposte alle sue preoccupazioni di salute, non è in grado di sapere se i sintomi che manifesta sono imputabili al Covid. A tal proposito continuiamo a ricevere segnalazioni di cittadini che si lamentano che il proprio medico di famiglia non va a domicilio».

Il presidente Liguori si chiede: il cittadino, preoccupato e disorientato, cosa dovrebbe fare? «Prima si rivolge al privato per fare un tampone che peraltro ha un costo (anche 65 euro) e poi, se positivo, va di corsa al Pronto soccorso per essere curato – aggiunge -: tutto ciò non solo finisce per intasare il reparto ma mette a rischio gli altri cittadini con i quali entra in contatto, favorendo così la diffusione del contagio. Non ci sembra questo il modo giusto di procedere per combattere la pandemia, per cui ci sentiamo di invitare il cittadino, in presenza di sintomi riconducibili al Covid, ad insistere nei confronti del medico di famiglia affinché venga a domicilio per la visita, ricordando tra l’altro che nella convenzione con gli stessi medici vi è la disposizione che la visita a domicilio va eseguita sempre se il paziente non è trasferibile e, nel nostro caso, reputo che un paziente con febbre alta e altra sintomatologia connessa al Covid, peraltro potenzialmente contagioso, non possa essere assolutamente considerato “trasferibile”».

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