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La Consulta per la Pace aderisce all’appello Mai più Fascismi

L'appello, rivolto a tutte le istituzioni democratiche, era stato portato in consiglio comunale dal gruppo consiliare Jesi in Comune, ma era stato bocciato dalla maggioranza. Il coordinatore della consulta per la Pace di Jesi, Paolo Gubbi, ribadisce l’importanza dell'adesione

Il gruppo di volontari della Consulta per la Pace di Jesi
Il gruppo di volontari della Consulta per la Pace di Jesi

JESI – L’appello “Mai più fascismi”, lanciato il 3 gennaio scorso da associazioni, sindacati, partiti, movimenti democratici, e rivolto a tutte le istituzioni democratiche, era finito all’ordine del giorno del consiglio comunale jesino. Portato dal gruppo consiliare Jesi in Comune – Laboratorio sinistra, era stato oggetto di lunga discussione tra la minoranza che chiedeva di aderire e la maggioranza che lo ha rigettato (leggi gli articoli qui e qui).

Paolo Gubbi, Coordinatore Consulta per la Pace di Jesi
Paolo Gubbi, Coordinatore Consulta per la Pace di Jesi

A pochi giorni dalla scadenza per aderire all’appello, è la Consulta per la Pace di Jesi con il coordinatore Paolo Gubbi a ribadire l’importanza dell’adesione a “Mai più fascismi” «che sancisce, ancor di più, l’impegno quotidiano di tutte le associazioni della Consulta verso la cultura della pace, della fratellanza e dell’integrazione fra i popoli». La Consulta per la Pace di Jesi mette in luce l’aumento di fenomeni xenofobi e razzisti nel nostro territorio così come nel resto d’ Italia: «Quello che vorremmo sottolineare è la nostra preoccupazione verso questi accadimenti che stanno diventando delle realtà, con forze politiche, ancora e per fortuna, minoritarie che raccolgono l’eredità di un’ideologia, il fascismo, che tanto terrore e dolore ha recato al nostro Paese. Leggiamo, da più parti, l’appello del mondo della politica, sindacale, religioso e sociale, a difendere la nostra Costituzione – fa sapere Gubbi – Ma citare e difendere la nostra Costituzione non è più sufficiente: occorre un impegno sempre più concreto in azioni quotidiane che divulghino la cultura della pace, la difesa dei diritti degli ultimi, la parità sociale e la solidarietà, impegni che la Consulta per la Pace di Jesi, da quasi 20 anni, promuove con le attività delle associazioni aderenti».

Alla luce di questo impegno, la Consulta «aderisce moralmente e fattivamente all’appello promosso da più di 20 associazioni a livello nazionale, denominato “Mai più fascismi” intendendo con questa parola non solo il fascismo in sé ma anche tutte le altre forme di dittatura e di violazione della libertà dell’individuo. L’attività della Consulta è mirata soprattutto ai giovani che, attraverso testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle gli effetti di questi regimi dispotici, vengono stimolati a riflettere, per non dimenticare, affinché queste cose non accadano mai più».

Paolo Gubbi per la Consulta, evidenzia il lavoro fatto in questa direzione con le associazioni che la compongono: «Particolare il lavoro svolto nelle scuole dove divulghiamo la cultura della solidarietà, oggi più che mai necessaria di fronte alle grandi e difficili questioni dell’accoglienza e dell’immigrazione. L’aumento di discriminazione e intolleranza, soffiate ad arte da una certa parte politica fa sì che siano nate realtà estremiste che inneggiano al fascismo e ad una sorta di dovere di difendere la razza. Sono cose che ci riportano indietro nel tempo, a guerre internazionali e interne in cui milioni di persone sono morte e tantissime hanno dato la propria vita per donarci la libertà di oggi. Proprio per condannare tutto questo la Città di Jesi ha aggiornato il suo Statuto dove vengono ricordate, nell’Art. 4, le sue radici democratiche e i principi ispiratori basati sui diritti inviolabili della persona. L’attività amministrativa, politica e sociale è stata sempre improntata a questi principi fondamentali. Guai se queste pietre basali vacillassero ai giorni nostri, in nome di un travisato diritto all’espressione di tutti. Non ci può essere giustificazione di fronte ad episodi inquietanti che alimentano odio e divisione, anche a casa nostra».

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