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Tra lusso e magia, ecco l’Orient Express e il suo pianista Luca Cerigioni

Il musicista, classe '79, nato ad Ostra, ci racconta la sua vita a bordo dello storico treno tra note ed incontri un pò speciali. Ecco la sua storia

Luca Cerigioni sull'Orient Express
Luca Cerigioni sull'Orient Express

OSTRA – Immaginate un convoglio leggendario che da oltre un secolo (nonostante qualche interruzione) taglia in due l’Europa, toccando le capitali culturali del continente ed a bordo, ad allietare i passeggeri, un pianista: una trasposizione su rotaia del celebre Danny Boodman T.D. Lemon Novecento di Baricco, poi trasformato in celluloide da Giuseppe Tornatore con ‘La Leggenda del Pianista sull’oceano’.

È la storia dell’ostrense Luca Cerigioni, classe 1979, che dal 2014 è il pianista ufficiale del treno Venice-Simplon Orient Express, nipote del leggendario convoglio in servizio dal 1883 ed inaugurato nel 1982. Il servizio ferroviario privato è effettuato con carrozze ristrutturate degli anni venti e anni trenta, da Londra e Parigi per Venezia. Il servizio si svolge una volta alla settimana da marzo a novembre ed è rivolto ai turisti facoltosi, con biglietti che costano più di 1200 sterline a persona da Londra a Venezia. Vengono effettuati anche due viaggi all’anno sul percorso Parigi – Budapest – Bucarest – Istanbul, e un viaggio all’anno su quello Istanbul – Bucarest – Budapest – Venezia.

Luca non è arrivato a ricoprire questo prestigioso incarico certo per caso: inizia lo studio del pianoforte a 5 anni con Lucio Cammerucci, a 11 viene ammesso al conservatorio di Pesaro “G. Rossini” dove si diploma con ottimi voti sotto la guida della M° Nadia Grazioli. Esegue, per la prima volta a un diploma di pianoforte, un brano jazz aggiunto al programma d’esame tratto dal Koln Concert di Keith Jarrett. Da lì in poi è una escalation di successi che lo porteranno sui palchi più prestigiosi del mondo, a suonare alle ambasciate, ad accompagnare la compagine azzurra alle Olimpiadi di Pechino o ancora a suonare al brunch di matrimonio di Wyatt Rockefeller. Ecco l’intervista per CentroPagina dove ci racconta la sua avventura musicale a rotaie e non solo.

Partiamo dall’inizio: quando hai capito che la musica sarebbe stata parte integrante della tua vita e che questa grande passione si sarebbe tramutata anche nella tua professione?
«In tutta sincerità io non ho mai fatto altro quindi probabilmente dovrei risponderti da sempre. La Musica mi ha travolto come un fiume in piena all’età di 5 anni ed io sono ancora lì a sorprendermi dell’impeto dalla quale sono travolto cercando di essere sempre degno di questo dono. Crescendo ho solo tentato di non farmi troppo male durante il percorso, visto che comunque a travolgerti sono le emozioni, spesso più grandi di me».

Una carriera, la tua, iniziata prestissimo, costellata di soddisfazioni, che nel corso degli anni ti hanno portato sui palchi di tutto il mondo: quali sono a tuo avviso le tre esperienze musicali di cui vai più orgoglioso o che in qualche modo ti hanno segnato in maniera indelebile?
«La prima grande esperienza musicale è avvenuta a 6 anni, durante il cenone di capodanno, una festa tra amici della mia famiglia: una fatica pazzesca che ho ancora davanti agli occhi nel vedere mio padre caricare il mio enorme strumento di allora, un organo Viscount a due manuali. Sapevo suonare una trentina di canzoni e credo di averle fatte 3 volte. Se non ricordo male avevo ricevuto circa 30 mila lire di mancia. Ricordo l’allegria, i primi brindisi ai quali assistevo ed i fuochi d’artificio, era la mia seconda esibizione. La prima è stata alla messa di Natale a Pianello di Ostra del 1985. La seconda grande esperienza è sicuramente il diploma di pianoforte che ho vissuto in maniera viscerale, mi ha cambiato la vita. Era il 2003, ricordo le fantastiche ore di studio e la cura dei dettagli, anche i più nascosti. In quell’occasione ho suonato per la prima volta ad un diploma di pianoforte classico, forse in Italia ma di sicuro nel conservatorio Pesarese, un brano jazz aggiunto al programma. La terza è probabilmente l’esperienza fatta a Pechino per le Olimpiadi del 2008, per tanti motivi: avevo perso mio padre da pochi giorni e la vita per l’ennesima volta si è rivelata sorprendente, magica, come a mostrare tutta la sua preziosa imprevedibilità, lontana dall’apparente casualità che per prima si impossessa del nostro vissuto».

Sei dal 2014 il pianista ufficiale del mitico treno Orient express: come è iniziata questa avventura?
«Spesso si rincorrono i sogni facendo di tutto per realizzarli, e ogni tanto rischiamo pure di allontanarci dal nostro essere, pur di arrampicarsi nella società. L’Orient Express è arrivato senza che facessi niente o meglio; il direttore artistico del treno partecipò come me ad un corso di jazz nei primi anni 2000, mi scrisse una mail nel 2013 dicendomi che conservava un bel ricordo di me come pianista e che voleva offrirmi un’opportunità artistica a bordo del famoso treno».

Come si svolgono le tue giornate nel periodo dell’anno in cui vivi a bordo del treno? Raccontaci la tua quotidianità.
«La prima cosa che mi viene in mente della mia vita a bordo del Venice-Simplon-Orient-Express è il continuo movimento del treno che genera ogni volta sensazioni molto diverse tra loro ma pur sempre affascinanti; ti senti cullato mentre dormi ad esempio o parte di un viaggio meraviglioso mentre suono e mi lascio ispirare dal paesaggio che scorre sotto i miei occhi. Altre volte le continue sollecitazioni ti mettono alla prova perché gli spazi sono molto limitati, soprattutto per lo staff ed in particolare mentre si mangia. La mia cabina è il mio appartamento ma la uso solo per dormire. Indossato l’abito elegante, chiaro di giorno e scuro di sera, mi dirigo nella carrozza bar dove mi esibisco al pianoforte: durante l’aperitivo del pranzo, della cena e nel dopo cena. Il resto del tempo lo passo comunque nella carrozza bar, conoscendo nuove persone, chiacchierando con i miei amici e collaboratori, guardando i paesaggi o visitando le città dove siamo in sosta».

In tanti anni ad attraversare l’Europa avrai fatto tanti incontri anche originali: autorità, vip e via discorrendo…quali sono stati quelli più singolari che ti vengono in mente?
«Capita molto spesso di incontrare certe personalità, molto famose e molto ricche ma siamo esseri umani e la cosa che mi affascina di più è sempre la stessa ovvero la persona stessa, nel suo fare e nel suo essere, soprattutto escludendo ciò che rappresenta nell’immaginario collettivo ed il conto in banca. Spesso rimango deluso ma ho conosciuto anche delle belle persone. I primi che mi vengono in mente e che ricordo con piacere sono Wyatt Rockefeller per la quale ho poi suonato al suo matrimonio. John Travolta per la sua classe, umiltà e gratitudine. Bill Murray per la sua innata simpatia (ed anche per la sua mancia) ed uno dei primi violinisti della Royal Philharmonic orchestra di Londra che da musicista mi ha fatto uno dei più bei complimenti mai ricevuti».

A livello artistico hai ancora qualche sogno nel cassetto da realizzare? Che obiettivi ti poni per il futuro a medio o lungo termine?
«Ho ancora molti sogni da realizzare e parlo soprattutto di composizioni e magari anche qualche bel palco. È anche vero che spero di non smettere mai di sognare. Sono eclettico di natura e non sempre è una caratteristica facile con cui convivere. Di sicuro la mia curiosità fanciullesca non mi fa dormire sempre in tranquillità e sono quindi continuamente in fermento a livello musicale, a volte nel rock, poi nel jazz, poi nel mondo pianistico caraibico, poi nell’elettronica, nella canzone, nella classica ect… L’obiettivo più importante nel mio futuro è sicuramente quello di donare il più possibile e di riuscire a tirar fuori il meglio di me magari con qualche bel disco. Di sicuro cerco di restituire alla mia natura più che posso, questo è un pò anche il senso che dò alla vita ed allo stesso tempo l’augurio che mi faccio per un futuro ricco di belle emozioni e di serenità».

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