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«In Ubi Banca tra un anno»

A colloquio con Luciano Goffi, amministratore delegato di Nuova Banca Marche. Numeri, tempistiche, modalità e prospettive dell'ingresso nel gruppo Ubi

Luciano Goffi

JESI – Ancora quattro giorni e Banca Popolare di Ancona sarà inglobata in Ubi Banca. La fusione dell’Esagono in Ubi è programmata infatti per il 20 febbraio. Ci vorrà circa un anno, invece, per l’incorporazione di Nuova Banca Marche che, solo a quel punto, dirà addio a nome e marchio. «Contiamo di arrivare al closing, vale a dire alla cessione delle azioni, entro il mese di aprile. Stiamo lavorando per questo – fa sapere Luciano Goffi, amministratore delegato di Nuova Banca Marche, che resterà in carica fino a quella data -.  Dopo di che Ubi pianificherà il piano di integrazione che prevedrà anche il cambio del sistema informativo e le migrazioni informatiche».

Goffi, si prevedono licenziamenti fra i 2.700 dipendenti di Nuova Banca Marche?
«L’integrazione comporterà sicuramente l’emersione di un certo numero di esuberi. Ma questi casi saranno affrontati con gli strumenti ordinari, ricorrendo ad esempio al cosiddetto fondo esuberi, in grado di coprire oltre  300 unità. Altro strumento che verrà utilizzato sarà l’accettazione delle domande di part-time: già abbiamo diversi colleghi e colleghe che attendono l’accoglimento della loro richiesta di orario ridotto. Non si prevedono traumi, insomma, nella gestione degli esuberi. Questo sento di affermarlo fin da ora».

Che fine farà il centro direzionale di Fontedamo a Jesi?
«Chiaramente due centri direzionali in un’unica città sono troppi. Ubi dovrà fare delle scelte, non ancora effettuate. Da parte nostra, stiamo cercando di individuare dei soggetti, che siano imprese o società di servizi, che abbiano interesse ad avere uno spazio importante qui a Jesi: si possono trovare delle soluzioni in subaffitto. Questo edificio c’è ed è ben attrezzato, il gruppo Ubi avrà certamente interesse a valorizzarlo. Di sicuro, una parte dell’immobile potrebbe continuare ad essere utilizzata per le esigenze di Ubi. Jesi diventerà infatti il fulcro di una macro-area importante ed estesa, alla cui guida ci sarà Nunzio Tartaglia (attuale direttore generale di Ubi-Bpa). Il resto, come detto, potrà essere sublocato».

Con il closing, terminerà anche il suo lavoro. Un bilancio di questi durissimi mesi?
«Questa complessa esperienza si chiude sicuramente con un evento molto positivo: finalmente è stata trovata una valida soluzione per la banca. Due i vantaggi di tale esito, a mio parere: entrando nel gruppo Ubi, innanzitutto, siamo riusciti a dare massima sicurezza a tutti i clienti. Depositanti e imprese di Banca Marche possono stare tranquilli. Questa operazione, inoltre, avverrà senza traumi particolari per il personale, grazie agli strumenti previsti dal contratto nazionale di lavoro e in piena sinergia con le organizzazioni sindacali, che saranno coinvolte in ogni passaggio».

Come giudica la sua personale esperienza?
«Questi anni sono stati estremamente difficili, non solo per me. Voglio ringraziare tutto il personale per il grande impegno profuso perché dopo un periodo così lungo e complesso siamo ancora in piedi. Abbiamo perso pochissimi clienti, che sono stati ampiamente compensati dai nuovi. Nei due anni di commissariamento e nell’anno successivo, il saldo è stato positivo di ben 13.600 clienti (+5mila solo nel 2016). La raccolta complessiva, rispetto a fine 2012, è calata solo del 10%, una percentuale modesta rispetto all’entità della crisi. Questo significa che il personale ha saputo mantenere un rapporto solido con la clientela. Non posso quindi che ringraziare anche i clienti, che hanno continuato ad accordare fiducia a questa banca. Il più grosso rammarico è senza dubbio l’azzeramento delle azioni dei vecchi azionisti. Un dispiacere grande, forse l’unico aspetto negativo in termini di ripercussioni sul territorio, unito all’impatto che c’è stato anche per gli obbligazionisti subordinati che, però, almeno in parte, saranno rimborsati fino all’80% in base al decreto governativo. La crisi della banca è stata determinata da perdite rilevanti sul credito, la cui copertura, per rendere possibile il salvataggio, ha comportato l’azzeramento del capitale e il contributo del sistema bancario che, attraverso il Fondo di Risoluzione,  ha versato a fondo perduto oltre 2,5 miliardi di euro. Quindi un sacrificio molto elevato dei soci e delle banche che, però, ha evitato danni ben maggiori per tutti».

Cosa è realmente successo, a suo parere?
«La crisi di Banca Marche si è generata in un periodo temporale circoscritto, dal 2005 al 2011, quando si è intrapresa una politica molto forte di sviluppo, con particolare riferimento al settore immobiliare, tale da far raddoppiare gli impieghi in pochissimo tempo. Ma è arrivata la crisi economica e la banca si è scoperta vulnerabile. Fino al 2005, infatti, questo istituto era solido e molto ben radicato sul territorio. Due punti di forza resi possibili, come dicevo prima, anche dalla qualità del personale. Ecco perché, nonostante tutto, Banca Marche potrà entrare in Ubi con la schiena abbastanza dritta. Buona parte del merito è dei dipendenti».

Un commento sui procedimenti giudiziari a carico degli ex amministratori?
«Credo che la giustizia debba fare il suo corso».

Di recente è stata resa nota la lista dei grandi debitori di Banca Marche. Sono ancora vostri clienti?
«Non quelli andati in default, i cui debiti sono stati ceduti alla bad bank».

Le condizioni dei conti correnti andranno rinegoziate con l’ingresso in Ubi?
«Assolutamente no. Quando si entrerà in Ubi, fra un anno, cambierà presumibilmente solo l’iban e qualche altro codice. Il correntista non avrà disagi. In questo lasso di tempo sarà ancora cliente di Banca Marche. Poi, ultimati i passaggi informatici, diventerà cliente di Ubi a tutti gli effetti».

Lo stesso vale per i mutui in corso?
«Certamente».

Quante filiali attualmente operative di Banca Marche potrebbero chiudere?
«Le sovrapposizioni più evidenti sono una cinquantina. Ma la razionalizzazione della rete spetterà al gruppo Ubi e so che verrà realizzata con equilibrio e lungimiranza».

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