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Imesa, Sergio Schiavoni e «il coraggio di essere imprenditore»

Il fondatore dell'azienda di costruzioni elettromeccaniche racconta le difficoltà incontrate negli anni, le gratificazioni, le lezioni apprese dal mercato e le vittorie contro i giganti del settore

Sergio Schiavoni, fondatore di Imesa
Sergio Schiavoni, fondatore di Imesa

JESI – Soli, o quasi, in balia delle tante “tempeste” del mercato. Esposti a tutto, 365 giorni l’anno, ma sempre pronti a reagire, con determinazione, per lasciarsi rapidamente le difficoltà alle spalle. Sergio Schiavoni, fondatore di Imesa, utilizza questa metafora per raccontare il suo mestiere di capitano d’azienda. «Fare l’imprenditore – spiega – significa alzarsi prestissimo la mattina e andare a dormire tardi la sera, non avere nessun minuto di tempo per il resto, nemmeno nei fine settimana. Un lavoro che solo la passione può alimentare».

Lo stabilimento Imesa di Jesi
Lo stabilimento Imesa di Jesi

Più di duecento i dipendenti dell’azienda di costruzioni elettromeccaniche nata nel 1972. Due gli stabilimenti produttivi, a Jesi e a Plovdiv in Bulgaria, a supporto dei quali operano le filiali di Roma, Milano e Dubai. 36 milioni il fatturato annuo della società presieduta da Giampiero Schiavoni, figlio di Sergio e, assieme al fratello Claudio (attuale presidente di Confindustria Marche Nord), amministratore delegato della stessa società per azioni. Attiva nello sviluppo commerciale, settore sul quale Imesa punta fortissimo, anche Camilla Schiavoni, membro del consiglio di amministrazione con Giacomo Bugaro.

Sergio Schiavoni, cosa significa, oggi, essere un imprenditore?
«Significa essere una persona esposta a tutto, che deve fronteggiare quotidianamente le fluttuazioni dei mercati, le leggi, la burocrazia, i rapporti sindacali. L’imprenditore è colui che si adatta a ciò che trova attorno a se, individuandone i punti di forza e di debolezza, per portare avanti la propria azienda e farla crescere. Indipendentemente dalle nostre intuizioni, infatti, arrivano le crisi. E dobbiamo essere bravi a reagire».

Come è cambiato questo mestiere negli anni?
«Prima si lavorava a livello regionale, ci bastavano le commesse in arrivo da questo territorio. Poi ci siamo allargati a livello nazionale per salvare e, nel contempo, ampliare l’azienda. Infine, ci siamo dovuti spostare all’estero, effettuando grandi investimenti, perché il mercato nazionale non ci dava più da vivere. Sull’elettrotecnica, fra l’altro, i cambiamenti sono stati radicali. Ora siamo in Brasile, Emirati Arabi, Bulgaria, Olanda, Norvegia, Germania, solo per citare le aree di interesse principali. Stiamo aprendo un’azienda in Australia per rispondere alle esigenze del mercato delle navi di quel Paese. Se fossimo rimasti ancorati alla sola Italia avremmo chiuso, o saremmo rimasti in pochi. Ora ci scontriamo giornalmente con multinazionali imponenti, i colossi di questo settore. A volte perdiamo, e apprendiamo cosa migliorare. È proprio così che abbiamo iniziato a vincere e ci siamo consolidati a livello mondiale, con prodotti di qualità».

Sergio Schiavoni
Sergio Schiavoni

Come sta l’Italia?
«Dal 2008, con l’avvento della crisi, il mercato industriale dell’Italia che interessa Imesa si è praticamente azzerato. Persino le multinazionali hanno ridotto gli investimenti, per non parlare di quelle che hanno chiuso. Nel nostro Paese solo Fincantieri ha molto lavoro e una parte importante delle loro commesse è stata acquisita da noi. Abbiamo infatti ordini fino al 2024. Ciò che abbiamo perso a livello nazionale, lo abbiamo quindi recuperato nel mondo, dove riusciamo ad essere competitivi, pur confrontandoci con giganti, perché siamo snelli, veloci e qualitativamente validi. Dove ci sono grossi investimenti industriali nell’alta tecnologia, Imesa c’è».

Cosa importerebbe in termini di organizzazione, leggi, o burocrazia, se potesse, dalle altre nazioni?
«Innanzitutto la flessibilità del mercato del lavoro. Le nostre industrie, purtroppo, sono ingessate da questo punto di vista. All’estero, inoltre, le aziende sono supportate in ambito creditizio, possono contare su garanzie importanti appena ottenuto l’ordine. Infine, il personale, che in alcuni Paesi esce dalle scuole o dalle università già preparato. Noi, ad esempio, facciamo fatica a trovare ingegneri elettrotecnici e spesso siamo costretti a formarli in azienda con dispendio di tempo ed energie».

Cosa farebbe se fosse al governo?
«Abbasserei il costo del lavoro. Così gli imprenditori italiani potrebbero competere ovunque, anche nei Paesi in cui la manodopera incide pochissimo sul prodotto finale. Si alzerebbero gli stipendi degli operai e potremmo assumerne di più avendone maggiore necessità».

L'interno dello stabilimento Imesa di Jesi
L’interno dello stabilimento Imesa di Jesi

Come vede il futuro della sua azienda?
«Lo vedo roseo. Fin da quando ci siamo messi a fare questo lavoro abbiamo compreso che il settore più importante è quello commerciale. Con una buona rete di vendita si resta a galla senza eccessivi problemi. Ce ne occupiamo direttamente noi della famiglia e ciò ovviamente comporta viaggi continui da una parte all’altra del mondo. Ma lo facciamo con piacere sapendo che è il solo modo per far crescere Imesa».

E il futuro dell’Italia?
«La gestione Renzi ci ha dato, senza dubbio, una fiammata di speranza nel cambiamento. L’ex primo ministro è andato dritto per la sua strada, facendo quello che Berlusconi, per altri motivi, non è riuscito a fare. Finalmente l’imprenditore è stato valutato nel modo giusto, quale importante perno di sostegno della nazione, e non persona da sfruttare. Il premier Gentiloni non ha seguito lo stesso percorso, ma almeno non ha distrutto ciò che è stato fatto dal predecessore. Staremo a vedere, ma sono convinto che questa nazione abbia bisogno di leader coraggiosi, come lo sono del resto gli imprenditori, e di maggiore stabilità».

Vorrebbe ringraziare qualcuno in particolare?
«Sì. Primo fra tutti l’ingegnere Abramucci, che ha dedicato tutta la sua vita alla mia azienda, con grande attenzione, abnegazione e passione. Ringrazio poi i miei figli che mi hanno seguito con grande dedizione e costanza e tutti  i nostri collaboratori, persone serie che lavorano per l’interesse di Imesa, e ovviamente per il proprio benessere. Poi vorrei ringraziare l’amico onorevole Arnaldo Forlani, un grande politico ex Primo Ministro, una persona saggia e misurata, che nel corso degli anni mi ha insegnato a essere equilibrato nelle scelte e mi ha sostenuto nei passaggi difficili».

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